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 2025  giugno 18 Mercoledì calendario

Aurelio Picca: “Alla maturità un Pasolini inedito. Poesia pura, ancora lontana dall’ideologia”

«Pasolini? Ancora? Ci manca solo che lo fanno santo adesso!», ci scherza su Aurelio Picca alla notizia che c’è anche Pier Paolo Pasolini tra le tracce del tema di maturità, con la poesia Appendice 1, tratta dall’opera Dal diario (1943-1944). Si tratta di «una poesia che ci offre un incantamento e un poeta in qualche modo inedito», ammette subito Picca, che nella sua carriera di insegnante ha fatto anche il commissario per la maturità e ora sta lavorando a un saggio proprio su Pasolini, in cui mette a confronto la «morte offesa» dello scrittore con quella di Yukio Mishima «che offesa non è», ci rivela. Del resto quando scrive questa poesia «sono gli anni in cui era ancora un ragazzo, poco più che ventenne, prima ancora che gli uccidessero il fratello, gli ultimi anni della guerra. C’è un turbamento ancora adolescenziale».
Picca rileggiamola insieme. “Mi ritrovo in questa stanza /col volto di ragazzo, e adolescente,/ e ora uomo. Ma intorno a me non muta / il silenzio e il biancore sopra i muri e l’acque /annotta da millenni un medesimo mondo”: sono le prime strofe della poesia di Pasolini proposta ai maturandi.
«Fantastico, è simbolista. È una poesia dove non c’è ancora nessuna idea di intellettuale organico, nessuna posizione ideologica. Siamo nell’ambito di una poesia pura, dove si sente ancora il suono pascoliano e ungarettiano. Lui ha amato molto Ungaretti e il simbolismo. Qui non c’è ancora il Pasolini impegnato delle Ceneri di Gramsci. Non emerge il segno cristologico che lo ha accompagnato per tutta la vita, come vediamo nel cinema da Accattone al Vangelo secondo Matteo a Mamma Roma”.
Del resto qui Pasolini è ancora giovanissimo.
«Non c’è alcun maledettismo infatti. Ci troviamo piuttosto in un trapianto adolescenziale dove non c’è ancora la sfida con il mondo, è al di qua di questa sfida».
“…Mille lune non son bastate a illudermi di un tempo che veramente fosse mio”: da qui inizia il suo “canto alla luna”.
«Esattamente e in questa luna ci sono gli echi petrarcheschi, leopardiani, c’è tutta la poesia lirica del Novecento, quella simbolista francese da Apollinaire in poi, e qualcosa dell’orfismo di Dino Campana. Siamo nell’immersione interiore di un poeta puro. Nel richiamo alla luna e al cielo vedo anche un rimando al 10 Agosto pascoliano. Del resto, chi nel Novecento non ha amato Pascoli? Anche D’Annunzio lo ha amato! Pascoli è il primo poeta del Novecento e c’è sempre un ritorno a lui, e anche Pasolini ci torna, non c’è niente fare».
Quindi quello che ci appare è un Pasolini inedito?
«Assolutamente. Dopo che abbiamo molto parlato dei suoi Scritti corsari, del poeta impegnato, dello scrittore del sottoproletariato romano, quello che ci appare qui è un altro. C’è questa leggerezza, questo sbigottimento e c’è anche una luce pittorica. È la luce dei frescanti, dei pittori primitivi italiani che poi lo sosterranno per tutta la sua iconografia cinematografica. Quella luce pulita, infantile».
A proposito del maledettismo, Pasolini torna attuale, tanto da essere riproposto alla maturità, nonostante la sua aura appunto di poeta maledetto?
«Per me Pasolini narratore non è un grande scrittore, è manierista nei romanzi ma è un grandissimo cineasta, i suoi film sono straordinari e il maledettismo, se vogliamo, lo troviamo proprio nell’uomo che combatte con la sua vita. Ora tirando fuori questa poesia da una parte sembra che lo si voglia normalizzare, invece dobbiamo accettare il fatto che sia un gesto eversivo, nel senso che vuole rovesciare il tutto. Invece di andare a pescare un luogo già molto dragato, ancora di continuo dibattito, si è andata a cercare una poesia degli esordi che richiama a sé tutta una tradizione italiana fortemente novecentesca o del primo Novecento. Questo testo ci offre una lettura che poco è fatta di lui, un Pasolini ancora poco investigato, qui è il poeta ancora incantato. Incantato dalla poesia stessa, e dai poeti che ha amato. Se uno non dicesse che sono di Pasolini questi versi, non è facile risalire a lui. La scelta di questo tema è molto curiosa, è un gesto nuovo di approccio alla sua poesia. C’è la luce e il lirismo che gli viene dall’osservazione e dalla contemplazione del poeta giovane. E il poeta giovane è sempre un poeta molto pittore, perché è un poeta contemplativo».