Il Messaggero, 17 giugno 2025
Sull’esame la scure dei ricorsi «Uno su due va a buon fine»
Studenti non ammessi agli esami di Stato, studenti bocciati al termine dell’esame: con la maturità fioccano anche i ricorsi al Tribunale amministrativo da parte delle famiglie insoddisfatte dei risultati scolastici dei propri figli. E se la tendenza a ricorrere agli avvocati è diventata ormai una consuetudine sempre più frequente tra i genitori (si è registrato un aumento del 25%), con la maturità aumenta ancora di più la predisposizione a presentare ricorsi. Ma i giudici amministrativi restano prudenti nel giudizio finale. Si parla, secondo le stime degli avvocati di settore, «di un 50% di vittoria contro un 50% di sconfitta», spiega Vincenzo Rienzi, avvocato dell’omonimo studio legale che si occupa di queste tematiche da oltre 50 anni.
I NON AMMESSI
«La maggior parte di richieste di intervento è sulla mancata ammissione all’esame – dice Rienzi – in particolare, ricorrono le famiglie di alunni che non sono stati ammessi alla maturità perché avevano lievi insufficienze. Laddove, quindi, il confine tra ammissione e non ammissione è molto sottile». Gli avvocati, quindi, procedono in via preliminare all’analisi della documentazione: chiedono l’accesso ai registri e ai compiti in classe, valutano le prove di recupero e i giudizi sulle interrogazioni. Considerano sia le pagelle del primo trimestre che le valutazioni finali. A quel punto, «se quella lieve insufficienza è correttamente documentata dal docente, di norma tendiamo a sconsigliare ai nostri clienti di andare avanti – spiega Rienzi – Al contrario, se notiamo errori, andiamo avanti. Ma solo quando, appunto, siamo sicuri di poter vincere, riteniamo di poter vincere perché verifichiamo la presenza di vizi sui quali il Tar può superare la valutazione della scuola. In quel caso, se si vince il giudizio in sede cautelare, di norma lo studente viene ammesso all’esame con riserva. E, se lo supera, cessa l’interesse alla ulteriore prosecuzione della causa». Per vizi formali si intendono anche casi in cui la bocciatura è lecita ma, ad esempio, la scuola non ha avvertito in maniera preventiva la famiglia. Oppure se l’alunno non è stato messo nelle condizioni di recuperare correttamente una o più insufficienze. «Sono tutti aspetti che potrebbero inficiare quel giudizio discrezionale dato in sede collegiale», continua Rienzi. In questi casi, «la possibilità di vincere aumenta notevolmente».
I RIPETENTI
E poi ci sono i casi in cui gli studenti vengono ammessi ma bocciati al termine della maturità. Anche in questo caso si ricorre quando ci sono possibilità di vittoria. Dunque, si sconsiglia l’azione legale nel caso di studenti trovati in possesso di smartphone perché su questo la normativa è chiara: bocciatura immediata. Così come nel caso di studenti pizzicati a copiare durante le prove (considerato addirittura un reato punibile con la reclusione fino a un anno, secondo una legge del 1925). Si tenta il ricorso, invece quando si sono registrate lievi insufficienze durante le prove. Il criterio, quindi, non è molto dissimile dagli studenti non ammessi. Anche la procedura è la stessa: richiesta di accesso ai compiti scritti, e verifica del verbale dell’orale.
E proprio l’ultima prova dell’esame, è quella a finire sotto la lente degli avvocati. I cavilli formali, in questo caso, riguardano la formulazione delle domande: «Se una domanda viene formulata in maniera sbagliata e non consente una risposta puntuale; se la domanda non attiene al programma di insegnamento, oppure se dai verbali risulta che il candidato ha risposto in maniera corretta. Bisogna analizzare ogni dettaglio», aggiunge l’avvocato Vincenzo Rienzi. In tutti questi casi, dunque, la prassi degli avvocati è quella di procedere all’azione legale. In linea generale, quindi, «è difficile che il Tar dia ragione allo studente quando si tratta di voti insufficienti, a meno che non emergano, appunto, vizi di forma evidenti», aggiunge Rienzi. Se si vince, l’alunno potrà accedere alla sessione suppletiva, davanti a una commissione diversa dalla prima. Durante l’orale, poi, gli avvocati consigliano anche di filmare la prova (per eventuali ricorsi bis), una prassi lecita, se prima si invia una richiesta scritta. Il tutto, però, ha un costo non irrilevante per le famiglie: qualche migliaia di euro per ogni ricorso. E in alcuni casi non basta il primo appello.