La Lettura, 15 giugno 2025
Duello tra due galassie: nasce la terza
Immaginate un torneo medievale con due cavalieri: uno dei due ha perso la lancia in un incrocio precedente e l’altro gli va incontro con la sua, pronto a disarcionarlo. Per creare più suspense, il regista manda la scena al rallentatore, con lo scontro che anziché pochi secondi dura... miliardi di anni! Ma che razza di duello è? I due cavalieri sono galassie lontanissime, e la lancia è un getto potentissimo di radiazione e particelle creato da una tra le sorgenti più energetiche dell’Universo: un buco nero di milioni di volte la massa del Sole! Questo evento straordinario è stato osservato in queste settimane con i telescopi Europei Alma e Vlt, entrambi sulle Ande cilene, in una collaborazione tra astronomi di varie nazionalità. Le due galassie sono così lontane da noi – circa 10 miliardi di anni luce – da essere visibili come un unico punto luminoso.
Riavvolgiamo il nastro del duello per capirne di più. Il cosmo è popolato da galassie, sistemi di stelle, gas e polveri legati dalla reciproca forza gravitazionale. Ogni stella percorre un’orbita intorno al nucleo della galassia e la forza centrifuga di questo moto le impedisce di cadere su di esso. Il Sole fa un giro ogni 250 milioni di anni. All’interno di ogni galassia ci sono da un miliardo a mille miliardi di stelle, molto lontane tra loro. Se il Sole fosse grande appena un millimetro, la Terra sarebbe un granello di talco a 11 centimetri di distanza e la stella più vicina, Proxima Centauri, si troverebbe a 30 chilometri di distanza. Nella nostra Via Lattea ci sono circa 300-400 miliardi di stelle, ma sono come tante capocchie di spillo luminose distanziate 30 chilometri l’una dall’altra; una vera rappresentazione del vuoto!
Se due galassie fatte di stelle si scontrassero, potrebbero attraversarsi l’una dentro l’altra senza che nessuna stella urti con le altre. Ma tra le stelle ci sono enormi nubi di gas e polveri fatte da grafite, silicati e ghiacci, con una massa tale da farle collassare su sé stesse verso l’interno. Ogni nube si frammenta in pezzi più piccoli, si riscalda ed emette luce diventando una stella. Finché c’è gas in una galassia, essa è «viva», crea stelle di tutti i colori dell’arcobaleno da cui nascono gli elementi chimici, attorniate da pianeti. Quando il gas si consuma, la galassia «muore» e diventa un insieme di stelle vecchie e rossastre, destinate a spegnersi una dopo l’altra. Fino agli anni Settanta si credeva che questo fosse l’unico modo in cui le galassie potessero evolversi, anche perché la distanza tra le galassie è enorme, milioni e milioni di anni luce, ed esse sembrano isolate.
C’erano, è vero, alcune galassie che apparivano distorte, con enormi ponti di gas e stelle che univano coppie di esse, ma erano ritenute «graziose peculiarità» (pretty peculiarity). Il dogma che valeva all’epoca era quello di oggetti isolati, galassie come Universi-Isola, seguendo le idee dei filosofi Immanuel Kant e Pierre-Simon Laplace. Ma la mia generazione di astronomi ha messo in dubbio questa interpretazione, con la scoperta nel 1978 di galassie fatte solo da stelle vecchie ma con anelli di gas con stelle giovani e in formazione. La galassia veniva ringiovanita da nubi di gas, acquisite in incontri ravvicinati o dal «cannibalismo» di galassie piccole e giovani da parte di galassie più grandi che le catturavano con la forza di gravità e le disperdevano al loro interno. Questo fu ancora più evidente quando scoprimmo galassie in cui il gas orbitava in senso opposto alle stelle, un fenomeno spiegabile solo con la cattura di materiale esterno. Ed ecco che le «graziose peculiarità» apparivano come gli esempi più evidenti di interazioni tra galassie, una spettacolare normalità. Le galassie nascono per fusione di nubi e galassie più piccole.
In parole povere, le galassie possono catturare gas, satelliti o addirittura fondersi con altre galassie in miliardi di anni. La Via Lattea ha già fagocitato alcuni satelliti e i due satelliti più grandi visibili a occhio nudo, le Nubi di Magellano, cadono spiraleggiando verso il centro e lasciano dietro di sé una scia di gas. Da poco ci si è accorti che la Grande Galassia di Andromeda si fonderà con la nostra in alcuni miliardi di anni, spettacolo che non vedremo perché la Terra non sarà più vivibile tra 900 milioni di anni.
Dove finiscono il gas e il materiale catturato? Nel centro di massa, dove si condensa così tanto da creare un buco nero di milioni di masse solari, con una gravità che cattura qualsiasi cosa che attraversi la sua sfera di influenza, chiamata «orizzonte del buco nero». Cadendo, la materia emette energia, come una lancia luminosa nello spazio, fatta da raggi X, ultravioletto e luce, con particelle accelerate, un fenomeno chiamato quasar.
Ed ecco spiegato lo scontro galattico di 10 miliardi di anni fa: una galassia con dentro un quasar sta per fondersi con un’altra e la colpisce con i suoi raggi ad alta energia, facendo evaporare le nubi di gas e bloccando la formazione di nuove stelle. Questo processo è visibile attraverso le onde radio a microonde captate dalla batteria di radiotelescopi europei Alma – 66 parabole tra 7 e 12 metri di diametro disseminate in 16 chilometri di deserto andino a 5 mila metri di quota. I loro ricevitori sono in grado di mappare l’idrogeno e l’ossido di carbonio presente mostrando le due galassie verso la lentissima fusione in un unico oggetto. Una combinazione rarissima osservata per la prima volta. Ma più che a una battaglia mortale, assistiamo alla nascita di una nuova e più grande galassia, in quel processo di fusione che da 14 miliardi di anni ha trasformato quel mare indistinto di energia e materia che era il cosmo in questi meravigliosi cieli punteggiati di oggetti luminosi nell’oscurità dello spazio.