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 2025  giugno 15 Domenica calendario

Cass R. Sunstein. Ma tu ti ricordi i Dave Clark Five?

Che cosa succederebbe se, per un blackout improvviso, dovessimo tornare indietro nel tempo, cancellare decenni di storia e ricominciare da capo, ascoltando per la prima volta Yesterday dei Beatles? Ne rimarremmo fulminati al punto da farla diventare famosa così come la consideriamo oggi o passerebbe quasi inosservata? Forse il blackout non serve: questa è la trama di un film di Danny Boyle, uscito nel 2019 e intitolato appunto Yesterday. Ma è anche la trama invisibile dell’ultimo libro appena tradotto in Italia (Raffaello Cortina) del giurista americano Cass R. Sunstein, Come diventare famosi. Settant’anni, docente ad Harvard University, studioso dei comportamenti e autore, con Richard H. Thaler, del bestseller Nudge. La spinta gentile (Feltrinelli), Sunstein si dice incuriosito dalla segreta imponderabilità del successo, dalle dinamiche sociali e culturali che hanno reso celebri i Beatles e quasi dimenticati, per esempio, i Dave Clark Five.
Professore, non c’è paragone.
«Eppure, agli inizi degli anni Sessanta, i Dave Clark Five erano famosi quanto i Beatles, hanno venduto oltre cento milioni di dischi e la loro Glad All Over è stupenda. Perché allora i Beatles sono celebri ancora oggi e loro no? Parte da qui il percorso di questo libro, probabilmente il mio preferito tra quelli che ho scritto».
Forse perché i Beatles hanno avuto un manager come Brian Epstein?
«È uno dei motivi, certo: la fama duratura deve moltissimo ai convinti sostenitori di un talento. Fu Johanna Bonger, cognata di Vincent van Gogh, a far conoscere le opere del pittore. Così come fu Mendelssohn a riprendere e a diffondere La Passione secondo Matteo di Bach, che in vita era considerato un ottimo esecutore, ma non un grande compositore. Ma non basta: come diceva Samuel Johnson, la fama duratura è una cosa complicata».
Lo diceva nel diciottesimo secolo e utilizzava un termine molto diffuso oggi, cioè «bolla». In che senso?
«Questo è un punto importante della mia riflessione: Johnson metteva in guardia contro le “bolle di fama artificiale, che vengono tenute in vita per un po’ da un soffio di moda, e poi scoppiano di colpo e sono ridotte a nulla”. Perché è vero che la fama viene nutrita da grandi entusiasmi che si alimentano a vicenda, però, se alla base c’è un’opera di scarsa qualità, le bolle possono scoppiare».
Da oltre vent’anni lei studia come si diffonde un’idea. In questo libro analizza la crescita della popolarità attraverso le cosiddette «cascate informative». Che cosa sono?
«Sono meccanismi che ci spingono a leggere un libro o a vedere un film sulla base di affermazioni o azioni di altri. Poniamo che John dica che quel libro va letto: se anche Paul si accoda, poi George molto probabilmente li seguirà, anche se nutre dubbi sulla qualità del libro. Ma non lo fa per debolezza: piuttosto perché si convince che i due abbiano dei buoni motivi per essere entusiasti e così, se anche George legge quel libro, allora si troverà in una “cascata”, perché amplifica il volume di quei segnali ai quali, razionalmente, ha prestato attenzione».
Esempi di «cascata» di successo?
«Innumerevoli. Da Elvis Presley alla Gioconda al movimento #MeToo».
La Monna Lisa è un caso emblematico: il dipinto è diventato famoso dopo essere stato trafugato dal Louvre nel 1911. Se venisse scoperto oggi, e quindi visto oggi per la prima volta, potrebbe non diventare altrettanto famoso?
«L’opera di Leonardo da Vinci ha un valore artistico: dal sorriso enigmatico allo sfondo sognante. Quindi, di certo avrebbe le qualità per poter suscitare un’ondata di entusiasmo collettivo. Ma quello che davvero succederebbe non lo sappiamo: perché la fama ha molto a che fare con la serendipity e con la fortuna».
Un tipico caso di «porte scorrevoli» è quello di Muhammad Ali.
«Se al giovanissimo Cassius Clay non avessero rubato la bicicletta, forse oggi non avremmo avuto uno dei più grandi pugili mai esistiti: Cassius aveva solo dodici anni e quando gli rubarono la bici, furibondo disse all’agente di polizia Joe Martin che voleva “stracciare il ladro”. Casualmente Martin era il titolare di una palestra e invitò il ragazzo a tirare di boxe. Fu così che cominciò tutto».
Però il talento ha diverse facce. C’è quello di un campione che ne batte un altro, incontestabilmente perché parlano i punti e l’arbitro. Ma che cosa accade quando ci riferiamo a letteratura, musica o cinema, campi dove il valore di un’opera diventa più indefinibile?
«Certo, perché per esempio io ammiro molto Taylor Swift, ma tanti possono non essere d’accordo. O non conoscerla affatto. È qui che entra in gioco quel meccanismo che io chiamo “effetto di rete”. Ci sono opere d’arte che apprezziamo perché ci permettono di entrare a far parte di una sorta di club, o di rete, appunto, dove si parla una lingua comune, fatta di rimandi e di citazioni».
Swift, insomma, è riuscita a creare una comunità nella quale i suoi fan si riconoscono come membri di un club esclusivo.
«Sì, in questo come in altri casi il successo non risiede solo nel talento o nel valore di un’opera, ma anche nell’aver saputo creare questo territorio comune in cui tantissime persone si riconoscono. Un altro esempio è la celebrità di Star Wars: al di là del valore cinematografico del film di George Lucas, credo che negli anni quello sia diventato un mondo fatto di idee e suggestioni che tutti conoscono, persino chi non ha visto il film. E pensare che durante la lavorazione pochissimi avrebbero scommesso un centesimo su Star Wars. La Fox pensava che il film non valesse nemmeno la celluloide su cui era stampato: ne allestì meno di cento copie».
Questo spiega anche il successo di film più recenti, come «Barbie», dove si invitavano le persone ad andare al cinema indossando qualcosa di rosa?
«Esattamente. La natura dell’effetto rete, se riesce, amplifica il numero di quelli che aderiscono e così si arriva alla fama. Che non sempre nasce da un talento particolare: in molti si chiedono per che cosa le sorelle Kardashian siano famose. Potrei dire che Kim Kardashian, per esempio, ha avuto l’abilità nel costruirsi un personaggio seguito da milioni di persone, anche attraverso le critiche e pure quello è un talento».
Qual è la differenza tra «fama» e «successo»?
«Esempio: Taylor Swift è una donna famosa e di successo. Il suo produttore, pur non essendo altrettanto famoso, è una persona che ha raggiunto i suoi obiettivi, che è più o meno consapevole di quello che ha costruito e che di certo ha compiuto un buon lavoro».
Il problema è che molti più che il successo cercano la popolarità.
«Aggiungo che in tutto questo i social media sono molto importanti: grazie alle reti digitali, io posso molto più facilmente suscitare la sensazione che intorno a un libro o a una canzone ci sia tanto entusiasmo, scatenando un effetto “cascata”. Si chiama “accelerazione di fama” e io penso che in merito a questo ancora non abbiamo visto nulla».
Professore, ma quanto siamo consapevoli di entrare in un effetto «cascata», cioè di amplificare la celebrità di qualcosa o di qualcuno?
«Mettiamola così: spesso non sappiamo se stiamo seguendo un effetto “cascata”, cioè se le persone che prima di noi hanno dimostrato entusiasmo per un libro o un film e che noi stiamo seguendo, siano a loro volta dentro un effetto “cascata” e non, invece, saldi in un giudizio di valore indipendente. Il segnale, o entusiasmo, si rafforza a mano a mano che investe altre persone».
E se alla fine ci ritroviamo con un libro acquistato sull’onda dell’entusiasmo collettivo ma che poi ci delude nella lettura, la «bolla» può scoppiare?
«Un conto è acquistare un libro o ascoltare un brano, un altro è amare quel libro o quella canzone. E questa è un’incognita: potremmo amarlo lo stesso, ma al contrario potremmo cambiare idea».
Con ironia, quando seppe della morte di Truman Capote, Gore Vidal dichiarò che la scomparsa era «una mossa saggia per la sua carriera». Cinismo a parte, quanto incide sulla fama il morire e soprattutto morire giovani?
«Una ricerca italiana condotta da Michela Ponzo e Vincenzo Scoppa ha rilevato che nel periodo successivo alla scomparsa di un autore la probabilità che i suoi libri diventino bestseller aumenta e di molto. Ma la verità è che ogni giorno nascono nuovi Stephen King che non diventeranno mai famosi, perché mancherà loro un manager abile o una cognata infaticabile. Mancherà loro quella parte di tutti noi che decreta la fama di qualcuno».
Infatti, è bene ricordare che il senso di tutto il libro è questo: se ci chiediamo come mai alcuni personaggi siano così famosi (e spesso senza talenti particolari) ricordiamoci che anche noi stessi siamo stati parte di questo effetto-popolarità. Più o meno consapevolmente.