Corriere della Sera, 17 giugno 2025
Bellocchio: volevo fare l’attore ma Camilleri mi «bocciò»
Marco Bellocchio arrivò la prima volta al Centro sperimentale di cinematografia (Csc) nel 1959 per studiare recitazione. «Da adolescente avevo una voce tenorile, c’era persino chi era pronto a scommettere che il mio futuro sarebbe stato nella musica. Invece crescendo la mia voce cambiò. Passai l’esame di ammissione recitando una poesia di Carducci, Sui campi di Marengo batte la luna. Trovai insegnanti importanti: Antonioni, Germi. Facevamo esercitazioni con i registi, ci facevano inventare alcune situazioni. Io suggerivo anche cose che riguardavano i movimenti di regia».
Fu il docente Andrea Camilleri a metterlo sulla strada giusta: «Era assistente di Orazio Costa. Mi disse: “Marco lascia stare la recitazione, ti consiglio di cambiare”. E allora mi preparai in estate e rifeci la selezione per regia. Mio fratello Piergiorgio scrisse il saggio che firmai io, su Fellini, con citazioni di grandi poeti, mentre io scrissi una sceneggiatura, e passai un esame di improvvisazione. Ti davano 5 o 6 ore e su un soggetto dovevi scrivere un trattamento. Passai l’esame e feci altri due anni». Nel 1962 ne uscì con il diploma di regia. L’anno dopo di Liliana Cavani. «Poi andai a Londra alla Slade school, dove avevano una grande considerazione del Csc. Mi diedero una borsa di studio e decisi di fare una tesi sul confronto tra il metodo di recitazione di Antonioni e Bresson». Lì nacque l’embrione della sua opera prima, destinata a passare alla storia, I pugni in tasca, firmata a 25 anni.
Al Csc Bellocchio ci è tornato da professore, e ci ha anche girato un film, Amore e rabbia. Adesso, è lui, 85 anni compiuti lo scorso novembre, il direttore artistico di un nuovo festival. È il Csc Contest Students Cinema International festival, riservato a opere realizzate da studenti delle scuole di cinema più importanti del mondo, in programma dal 19 al 26 settembre 2026. Una rassegna che nasce, come spiega la presidente della Fondazione Csc Gabriella Buontempo, che ha l’obiettivo di valorizzare le visioni, le poetiche e le sperimentazioni dei giovani autori provenienti dalle accademie cinematografiche internazionali. «Vogliamo unire formazione, opportunità professionali, networking e celebrazione della creatività di chi esce dalle scuole». Saranno presi in considerazione i cortometraggi di saggio realizzati entro il 2025. Un palmarès completo, premi per le branche offerte dalle scuole di livello universitario. La giuria sarà definita e annunciata più avanti. Mentre, anticipa Buontempo, «in nome del nostro essere insieme scuola e Cineteca, celebreremo anche il passato realizzando, in collaborazione con le cineteche internazionali, una retrospettiva sugli esordi di autori che hanno fatto epoca». Come Bellocchio – al lavoro per la serie Portobello, quasi terminata (arriverà su Hbo Max) —, che si schermisce. «Se rivedo i miei corti di diploma sarei ingeneroso a dire che sono pessimi. Sono molto intellettualistici, questo sì. Ma sono serviti a mettere a fuoco ciò che volevo fare. Da I pugni in tasca mi in poi sono agganciato a cose personali».
Quando è tornato al Csc da insegnante, per un anno, prese l’impegno di farlo sul serio. «La classe quell’anno era di quattro allievi, abbiamo lavorato su come dare forma alla storia, prepararla, scriverla, fino alla realizzazione dei film. Feci poi un master sui grandi classici, tra gli allievi Piero Messina. Ero tornato a scuola anche per girare Amore e rabbia, la location era la mia aula di recitazione». E recitò ancora. «Nel ruolo del professore. Con il tempo ho capito che fare l’attore non è per niente facile». Forse per questo Bellocchio è un regista venerato dai suoi interpreti. «Mi è servito sapere come ci si sente dall’altra parte. Cerco di non annoiarli, parlo poco, il grande attore capisce e a va per la sua strada. Non alzo mai la voce. Il metodo di creare tensione, trattare male o urlare non mi appartiene, sono contrario a insultare gli attori».