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 2025  giugno 17 Martedì calendario

Il paradosso italiano dell’informazione: l’interesse scende, gli utenti no. La frenata dei social

Lo chiamano “il paradosso italiano”. Da un lato, l’interesse per le notizie che, negli ultimi dieci anni, è sceso da oltre il 70% a meno del 40%. Dall’altro, il numero di chi – secondo solo alla Finlandia – non rinuncia all’informazione: il 59%. Un comportamento che sembra contraddittorio e che emerge dal Digital News Report Italia, frutto della collaborazione tra il Master in Giornalismo di Torino e il Reuters Institute dell’Università di Oxford che viene presentato questa mattina a Torino.
Gli analisti raccontano un consumo di notizie frammentario, veloce e “spesso guidato più dagli algoritmi che da una reale ricerca di contenuti”. L’ecosistema, spiegano, è “duale: la televisione continua a essere centrale – il 66% degli italiani la guarda settimanalmente e il 51% la considera la propria fonte principale – mentre il digitale stenta a imporsi”. I social sono indicati come fonte primaria solo dal 17%, le testate native digitali e i giornalisti indipendenti dal 9%, i siti dei quotidiani dall’8% e quelli radiotelevisivi appena dal 5%. La carta stampata è fonte principale di informazione solo per il 2%. «Mai come oggi abbiamo avuto così tanto accesso all’informazione, e mai come oggi l’industria che la produce è apparsa così in difficoltà» riassume Riccardo Terzi, Head of News Partnerships per l’Europa meridionale di Google.
Il primato della tv
Il primato della TV è in qualche modo anomalo. L’Italia è l’unico tra i sei paesi esaminati dove il piccolo schermo resta la prima fonte d’informazione. Eppure, anche qui i numeri calano: l’uso settimanale della televisione è sceso dal 85% del 2017 al 65% nel 2025. Le fonti online sono passate dal 81% al 66%. In parallelo, diminuiscono anche l’uso dei social media e l’accesso diretto ai siti e alle app delle testate, sceso dal 27% al 16%. Crescono invece i percorsi intermediati: il 22% accede tramite social, il 20% attraverso i motori di ricerca e il 9% attraverso aggregatori.
Nel frattempo, si registra una lieve risalita della fiducia nelle notizie, passata dal 34% al 36%, anche se resta su livelli bassi. Le donne (38%) mostrano una fiducia maggiore rispetto agli uomini (33%). Chi si informa attraverso la TV (43%) o i siti delle emittenti radiotelevisive (40%) tende ad avere più fiducia rispetto a chi usa fonti non tradizionali (32%) o i social media (27%).
L’“evitamento” delle notizie scende al 33% (era al 36% nel 2024), ma resta su livelli elevati. A evitarle sono soprattutto persone con redditi e istruzione più bassi. Le motivazioni principali? Secondo gli intervistati dagli autori del report: “l’eccesso di cronache su guerre e conflitti” (34%), “l’impatto negativo sull’umore” (31%), “la saturazione da aggiornamenti continui” (29%) e “la sfiducia verso fonti percepite come faziose” (27%).
Il caso dei pagamenti
La quota di italiani che pagano per le notizie online è ai minimi: solo il 9%, fanalino di coda tra i paesi analizzati. Chi paga è in genere un giovane uomo, con istruzione e reddito alti, politicamente vicino al centrosinistra o al centro. Ma il 69% di chi non paga afferma che nessuna offerta potrebbe convincerlo, “segno – annotano gli autori del report – di barriere culturali profonde”. L’unica formula che suscita un certo interesse è il “bundle” con più testate a prezzo scontato (14%).
La forza del locale
L’interesse per le notizie locali resta alto: l’81% degli italiani si dichiara coinvolto, con il 34% molto coinvolto. La cronaca nera è il genere più seguito (58%), mentre le testate giornalistiche – online o offline – sono percepite come fonti più affidabili per cronaca, politica e sport.
L’intelligenza artificiale è sempre più presente, ma suscita sentimenti ambivalenti. C’è scetticismo verso le notizie prodotte interamente dall’IA, ma un’accoglienza più positiva quando l’IA affianca i giornalisti. Le applicazioni più apprezzate riguardano la traduzione automatica (26%), i riepiloghi rapidi (20%) e le homepage personalizzate (18%).
Per quanto riguarda la fiducia, tra le testate “legacy”, cioè di derivazione tradizionale, spiccano Il Sole 24 Ore, Corriere della Sera, La Stampa e Repubblica, tutte sopra il 50%. Un dato che cresce sensibilmente tra gli under 35. Al primo posto, allargando lo sguardo, c’è l’Ansa, seguita da Sky Tg24, La7, Rai e Mediaset.
Le nicchie audio
Nel rapporto tra formati e preferenze, il testo scritto resta dominante: il 55% degli italiani lo preferisce a video (21%) e podcast (11%). I podcast restano una nicchia (6% di ascolto settimanale), anche se in crescita tra i giovani (10%) e tra chi ha livelli più alti di istruzione e reddito. Spotify è la piattaforma leader (46%), seguita da YouTube, Amazon Music e, RaiPlay Sound.