repubblica.it, 17 giugno 2025
Berti: “Ho venduto la casa di Manhattan a Patti Smith, Baresi si incazzava quando fumavo il sigaro”
C’è tanta America nella vita di Nicola Berti. Allo stadio Rose Bowl di Los Angeles, dove l’Inter esordirà nel Mondiale per club contro il Monterrey, ha giocato da titolare la finale di Usa ’94 contro il Brasile. E a New York, sede della finale del 13 luglio, negli anni Novanta aveva una casa. “L’appartamento di Manhattan l’ho venduto alla cantante Patti Smith. Durante la Coppa del Mondo, lì abitavano i miei amici. Aldo Serena, Igor Shalimov. Hanno fatto belle feste”.
Lei no, doveva giocare.
“Eravamo fortissimi, ma lo era anche il Brasile. In quella finale ero l’unico interista in campo e questo mi rendeva orgoglioso. In ritiro, lo dicevo al mio compagno di stanza, Franco Baresi, e lui sorrideva. Invece, si incazzava quando fumavo il sigaro”.
Le mancano gli Stati Uniti?
“Se l’Inter va avanti nel torneo, prendo un aereo e mi piazzo in tribuna, fra i tifosi newyorkesi”.
Gli americani capiscono di calcio?
“Sempre di più. Merito degli immigrati: messicani, sudamericani, spagnoli, italiani. Capita nei campi di basket di vedere bambini e bambine che prendono a pedate un pallone. Il movimento cresce, investono parecchio, comprano club europei. Il soccer non supererà mai i loro sport, ma sta crescendo”.
Al Rose Bowl è mai più tornato?
“Nello stadio mai. In California, certo. Finito il Mondiale non rientrai in Italia, mi fermai lì per le vacanze con un amico brasiliano. Un viaggio bellissimo, fra Los Angeles e San Diego, per dimenticare l’amarezza della finale”.
All’Inter basterà una vacanza per superare la finale di Monaco?
“Non sarà facile, è andata molto male. Ero allo stadio, che legnata. Magari qualche cambio nel primo tempo avrebbe fatto bene, ma la verità è che non avevamo più energia. È un fatto fisico, si era capito già contro la Lazio. Una stagione meravigliosa, con un finale faticoso”.
Cristian Chivu è l’uomo giusto per ricominciare?
“Lo conosco bene. Bravissimo ragazzo. Agli eventi dell’Inter, ci troviamo fuori a fumare, io il sigaro, lui le sigarette. Il Mondiale per Club è un bel banco di prova, può aiutarlo a prendersi davvero la squadra”.
Fra le avversarie in campionato, chi fa più paura?
“Dobbiamo avere pausa di noi stessi. L’Inter deve recuperare in fretta la concentrazione e chiedere uno sforzo in più ai giovani, soprattutto ai nuovi arrivati, che mi sembrano bravi”.
La Nazionale, come si risolleva?
“Se non si qualifica nemmeno questa volta, noi italiani saremo costretti a trovare qualcun altro da tifare. Scherzi a parte, sarebbe imperdonabile. Per chi ha vestito la maglia azzurra, è un dolore vivere questi anni”.
Acerbi e Ranieri hanno rifiutato la chiamata. Li capisce?
“Io pur di giocare nell’Italia sarei stato anche in porta. Restava un sogno, anche a fine carriera. Ma non giudico nessuno, ognuno ha le sue motivazioni”.
Lei ha esordito a 17 anni nel Parma, a 18 era titolare nella Fiorentina. Oggi i giovani faticano a emergere.
“È un mistero. Prima del grande passo, molti talenti si perdono. L’Inter è arrivata in finale di Youth League, la Champions dei ragazzi. Vediamo quanti di quei giovani giocheranno in prima squadra. Chivu, che ha allenato le giovanili, può essere prezioso”.
Quando era bambino suo papà, che lavorava nei mercati, le insegnò a disossare il prosciutto. È ancora capace?
“Certo! Disossare il crudo è come andare in bicicletta, non si disimpara mai”.