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 2025  giugno 16 Lunedì calendario

72 pagine, biro nera e blu: fino all’ultimo Godard

Nelle prime pagine del manoscritto di Jean-Luc Godard, il protagonista Michel Poiccard è al volante di un’auto rubata, in fuga da Marsiglia verso Parigi. A un certo punto, si volta, guarda dritto nella cinepresa, la sigaretta tra le labbra, e apostrofa lo spettatore: “Si vous n’aimez pas la mer, si vous n’aimez pas la montagne, si vous n’aimez pas la ville… allez-vous faire foutre” (“Se non vi piace la montagna, se non vi piace il mare, se non vi piace la città… andate al diavolo”). Il regista annota: qui il suo protagonista “assume un tono molto gentile e sorride al pubblico”. La battuta leggendaria sarà pronunciata da Jean-Paul Belmondo, con sguardo più sfuggente e insolente, tra volante e macchina da presa, mentre la camera traballa su un’auto lanciata verso il nulla. Il manoscritto di À bout de souffle (Fino all’ultimo respiro, in italiano) va all’asta in questi giorni a Parigi da Sotheby’s (la vendita online si chiude il 18 giugno). Si tratta dell’unico manoscritto noto del film simbolo della Nouvelle Vague, l’opera che nel 1960 segnò il debutto di Godard come regista e che rovesciò le regole del cinema narrativo.
Finora si pensava che la sceneggiatura del film si limitasse a 26 pagine. Il catalogo dell’asta smentisce: sono 72, ritrovate negli archivi del produttore Georges de Beauregard, che prese il rischio di fidarsi della libertà artistica di Godard. Comprendono note di regia, dialoghi sparsi e cinque pagine gialle a quadretti dedicate al trailer (una mini-rivoluzione in sé nel campo della promozione cinematografica). Tutto è stato scritto a mano, tra il giugno e il settembre del 1959, da un Godard trentenne, appena uscito dai Cahiers du cinéma. L’opera rappresenta un caso più unico che raro: il regista distruggeva spesso i suoi appunti. Qui, invece, annota tutto con furia quasi ossessiva. Solo i primi quattordici minuti del film sono accuratamente descritti. Poi la scrittura “si interrompe bruscamente – ha spiegato Anne Heilbronn, vicepresidente di Sotheby’s in Francia -. Probabilmente Godard non ha scritto altre pagine. Quel brusco arresto è coerente con il suo metodo”. Il regista lascia la biro nera per quella blu. Seguono note scarabocchiate, le sequenze sono solo abbozzate, i dialoghi appaiono su fogli sparsi, nello script mancano alcune scene chiave del film, altre che erano state previste non furono mai girate. Ci sono invece alcune delle più celebri battute del film – tra cui l’iconica “Qu’est-ce que c’est, dégueulasse?”, pronunciata da Jean Seberg faccia alla cinepresa – e indicazioni visionarie – “Sorridere alla macchina, come se confessasse un segreto”, oppure “tagliare il suono, lasciare solo il respiro”.
A bout de souffle, spiegò più tardi Godard, “era il tipo di film in cui tutto era possibile. Volevo partire da una storia convenzionale e rifare, ma in modo diverso, tutto il cinema che era già stato fatto, dare l’impressione di aver sperimentato i processi del cinema per la prima volta”. Dato il piccolo budget, le riprese durarono meno un mese, tra il 17 agosto e il 15 settembre 1959. Godard scriveva i dialoghi di giorno in giorno, a volte su foglietti che consegnava agli attori poco prima di girare, altre volte sussurrava loro le battute tra un ciak e l’altro. La strada stessa diventava set, Parigi era un personaggio. “Abbiamo girato con quasi nulla – disse ancora il regista (morto nel 2022) -. Un giorno avevo un’idea e il giorno dopo la giravamo”. Il film uscì in quattro sale parigine il 16 marzo 1960, vietato ai minori di 18 anni. Nel pubblico c’era anche un giovane Bernardo Bertolucci: “L’ho rivisto, sette, otto volte – raccontò più tardi il regista italiano -. Tornai in Italia invasato di questo Jean-Luc Godard. Aveva inaugurato il cinema moderno, il ‘cinema dopo’. La vague più avanzata della Nouvelle Vague”. Sotheby’s stima il valore del manoscritto tra i 400.000 e i 600.000 euro. Il budget del film fu di appena 400.000 mila vecchi franchi.
Ci sono aste così, emozionali, in cui si compra più che un oggetto, un’idea, un ricordo, un mito. Le scarpette rosse indossate da Judy Garland nel 1939 per Il mago di Oz non sono state forse vendute per 28 milioni di dollari nel 2024, a Dallas, battendo ogni record per i cimeli del mondo dello spettacolo?