il Fatto Quotidiano, 16 giugno 2025
Borseggiatori, pacchia a Venezia: ci sono nomi e foto, restano impuniti
Sono abili. Lesti. Felini. Guardinghi. Ti passano accanto che nemmeno te ne accorgi. E spuntano ovunque. Infilano le mani dappertutto. Nelle borse, nelle tracolle, nelle valigie, dentro gli zainetti, perfino nelle tasche dei pantaloni. Alcuni per coprirsi usano un ombrello parasole, altri una cartina da turista. Basta mezzo secondo, con uno scaltro balzo aprono la cerniera dello zaino del malcapitato di turno, infilano dentro la mano, afferrano il portafoglio e scappano. A Venezia i borseggiatori – e soprattutto le borseggiatrici – impazzano. Divisi in clan e famiglie, si fanno la guerra tra di loro e si spartiscono il territorio in maniera quasi scientifica. Chiunque arrivi in Laguna, sa che può entrare con i soldi nel portafogli e può star certo che ne uscirà alleggerito. Se si considera inoltre, che, da quest’anno, il contributo d’accesso in città è di dieci euro a cui poi vanno aggiunti pedaggi, ticket, vaporetti, insalate a 18 euro, ecco, se a tutto questo si sommano anche i borseggi, il salasso è completo. I borseggiatori inoltre sono violenti, prediligono turisti stranieri e anziani, e se qualcuno prova a fermarli il rischio è di finire con un occhio nero per un pugno.
Per non dire poi che adesso prendere una borseggiatrice è veramente complicato. In seguito alla riforma Cartabia – l’ex ministro della Giustizia del governo Draghi – il borseggio può essere denunciato soltanto dalla persona offesa. Vuol dire che se si sorprende una ladra in azione – ossia in flagranza di reato – se la vittima non denuncia, non si può procedere. Sicché la scippatrice colta con le mani nel sacco, rimane libera e dopo due ore la si può ritrovare liberamente sul Ponte di Rialto a rubare di nuovo. Stesse facce. Stessi volti. Stesso modus operandi. Oltre alla formalizzazione della denuncia, chi viene depredato – sempre in base alla riforma Cartabia – deve comparire insieme al presunto ladro al processo per direttissima. L’avvocato difensore dell’accusato, inoltre, può chiedere i termini a difesa, quelli per leggere gli atti, e quindi l’udienza successiva viene rimandata di almeno un mese. Ora, voi ve lo immaginate un turista americano, o francese, o giapponese, venire a Venezia con il desiderio di passare una vacanza romantica, pagare dieci euro di ingresso, e venire pure derubato? Come minimo ha solo voglia di tornarsene a casa. E di sicuro non pensa a rimettere piede in Laguna dopo un mese per l’udienza. E così il borseggiatore o la borseggiatrice rimane libero. Ma la cosa assurda è che a Venezia tutti sanno chi sono gli scippatori. In rete circolano foto, video; le chat su whatsapp dei gruppi dei residenti brulicano ogni giorno di centinaia di segnalazioni. Furti in diretta, scippi, aggressioni, pugni in faccia. Eppure nessuno può fare niente. Nemmeno la polizia locale, tanto che se per caso viene smascherata una borseggiatrice, è proprio lei – e non la vittima! – a cercare riparo e protezione dagli agenti in divisa.
Non solo. A Venezia, nell’isola del Tronchetto, c’è la “Smart control room”, un cervello digitale quasi spaziale, tanto che sembra di essere alla Nasa. Una sorta di “Grande fratello” – “nel massimo rispetto della privacy” si intende – su cui si vede tutto quello che accade in Laguna. Qui vengono riprodotte le immagini di tutte le telecamere che controllano la città. 800 tra Mestre e Venezia.
Dai maxi schermi si vedono perfettamente i lineamenti e i volti delle persone. La polizia sa esattamente e in diretta chi passa in un determinato momento in quella calle, che faccia ha, com’è vestito. Eppure a Venezia sono tutti controllati tranne i borseggiatori. Nei sotterranei del nuovo comando di polizia locale ci sono 7 celle: dei bugigattoli con le porte azzurrine. All’interno una branda, un cuscino e nemmeno una doccia. Celle che il sindaco Luigi Brugnaro aveva “studiato” per ladri e ladre, scippatori e scippatrici, aggressori di ogni specie. Peccato che in queste celle quasi nessuno entri. “Una borseggiatrice con la normativa attuale è veramente difficile che venga arrestata – ammette il vice comandante della polizia locale Gianni Franzoi – anzi, direi quasi impossibile”. Un numero spiega tutto: su 61 borseggiatrici fermate quest’anno, solo due sono state arrestate. Per non parlare di tutte le archiviazioni. Monica Poli – conosciuta in città come “Lady Pickpocket”, una sorta di paladina anti-scippi – ha più volte denunciato persone per furto, aggressioni, atti osceni in luogo pubblico. “Ma il giudice – dice – ha sempre archiviato”.