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 2025  giugno 16 Lunedì calendario

Chi comanda nel pallone. Così il mondiale per club spalanca a bin Salman le porte del calcio Fifa

Un altro Mondiale, ma per squadre e non nazionali. Le 32 formazioni più forti (o così dicono) da ogni angolo del pianeta, 12 europee tra cui Psg, City, Real, per l’Italia Inter e Juve, le sudamericane storiche come Flamengo e Boca Juniors, ma anche australiani, giapponesi, sudafricani per chi ha il gusto dell’esotico, i nostri campioni e quelli dell’altro mondo, il vecchio Messi pensionato a Miami e il giovane Mastantuono, le figurine acquistate dagli sceicchi e un sacco di carneadi. È iniziato negli Stati Uniti il nuovo Mondiale per club Fifa, lanciato con uno slogan irresistibile: tutte le partite gratis in tv, su Dazn. Ma siccome nella vita – figuriamoci nel calcio moderno – non c’è nulla di gratuito, sappiate che quei soldi al posto nostro li stanno pagando i sauditi: è la verità nascosta del Mondiale per club, la grande operazione dietro questa ennesima competizione calcistica, di cui nessuno sentiva il bisogno.
Due miliardi: tanto vale l’evento per la Fifa, che ha rivisto il suo bilancio da 11 a 13 miliardi di dollari. Il montepremi è da record: oltre un miliardo alle squadre, 125 milioni per la vincitrice, in media 20 (ma il fisso cambia in base a provenienza geografica e pedigree della società) soltanto come quota di ingresso, ciò che ha convinto le partecipanti, non proprio entusiaste di ingolfare il calendario e compromettere la preparazione. Soldi racimolati da biglietti e hospitality (pacchetti vip venduti a peso d’oro, mentre gli stadi restano mezzi vuoti), dagli sponsor (altri 500 milioni circa). E soprattutto dai diritti tv – unica vera fonte di sostentamento del sistema – per cui Dazn ha sborsato un miliardo a livello globale.
Non è stato facile per la Fifa far tornare i conti. Il presidente Infantino, che aveva ambizioni sconsiderate, all’inizio ne aveva chiesti addirittura quattro ad Apple. Si è dovuto accontentare di quello offerto da Dazn, cifra comunque fuori scala per un prodotto tutto da testare, con partite nel cuore della notte per il fuso europeo o nel caldo torrido dell’estate americana, e incontri di cartello solo alla fine. Dazn può sub-licenziare nei vari Paesi e in Italia ha fatto un accordo per un match al giorno con Mediaset, che però varrebbe appena una manciata di milioni: la conferma che la spesa non si ripaga con pubblicità o abbonamenti. Tanto più che la scelta è stata trasmettere interamente in chiaro l’evento (basta farsi un account su Dazn, senza abbonarsi), altrimenti chi l’avrebbe guardato. Non è un caso che indagini di mercato in fase di lancio indicavano una raccolta di appena 150 milioni dai broadcaster. Come si spiega allora l’investimento miliardario?
Lo scorso febbraio, a nemmeno due mesi dall’accordo sul Mondiale per Club, SURJ (ramo sportivo del ricchissimo fondo saudita PIF) ha annunciato l’ingresso nel capitale di Dazn. La quota non è mai stata comunicata (si parla di un 10%, potrebbe essere più bassa), certo è che il valore è identico al prezzo pagato per i diritti tv del Mondiale. Pur trattandosi di due operazioni formalmente slegate, la coincidenza assomiglia a una partita di giro che si inserisce nel grande accordo che porterà l’Arabia Saudita ad ospitare i Mondiali (quelli veri) nel 2034, diventando partner strategico della Fifa. Un po’ come se l’organizzatore si fosse pagato da sé l’evento, che così chiuderà in pareggio o quasi, ma da solo non sarebbe stato in piedi. Cade la narrazione del calcio gratis in tv, la stessa balla già raccontata dalla Superlega. Solo, il prezzo per i tifosi è un altro: l’anima del gioco. Se lo spirito infatti fosse davvero quello di allargare a livello planetario la competizione, la nascita del Mondiale sarebbe anche lodevole. In realtà, le logiche del calcio moderno rendono impossibile tutto ciò, trasformando la manifestazione in un esperimento in provetta.
L’italo-svizzero Gianni Infantino – con la regia dell’italianissimo Mario Gallavotti, avvocato che 10 anni fa faceva il consulente della Figc di Tavecchio e Lotito, e oggi ha scalato le stanze del potere del calcio mondiale – ha capito che per essere egemone deve iniziare a distribuire i soldi anche ai club, dopo le Federazioni. Lo stesso schema già adottato attraverso le nazionali e il Mondiale extra-large a 48 squadre (che debutterà proprio negli Usa nel 2026), con cui ha moltiplicato il consenso e blindato la poltrona. Adesso vuole replicarlo con le società (e quindi i calciatori), per imporsi sul rivale Ceferin e la Uefa, che ha la Champions dalla sua. I diritti tv sono l’unico modo per farlo. Qui si inserisce Dazn, e la triangolazione con l’Arabia di Bin Salman, per un’operazione che guarda oltre il Mondiale per Club.
L’accordo sui diritti tv prevede infatti una partnership più ampia, con la distribuzione di Fifa+ (canale streaming dell’associazione) su Dazn e, in futuro, magari anche un’unione ancora più stretta fra le due piattaforme. Forse sta nascendo un nuovo soggetto, con soldi sauditi, per sbaragliare il mercato. A Dazn conviene nell’immediato (il Mondiale ha arricchito i contenuti e messo a tacere le voci sulla presunta crisi), e a lungo termine offre uno sbocco per l’investimento colossale ma fin qui infruttuoso del magnate Blavatnik.
Per i sauditi avere una tv propria o comunque amica è un ulteriore step nella conquista del pallone, un po’ ciò che è stato BeIN per il Qatar (senza dimenticare il peso che possedere una quota in Dazn, broadcaster dei principali campionati europei, potrà avere quando fra qualche anno ci sarà da ridiscutere i calendari per far spazio al Mondiale arabo). Per Infantino è semplicemente l’arma finale con cui vincere la guerra mondiale del pallone. Ricordiamocelo, quando, alle 3 di una afosa notte d’estate, appiccati di sudore sul divano davanti alla tv, ci chiederemo perché stiamo guardando Urawa Reds-Monterrey.