Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  giugno 16 Lunedì calendario

I giovani e la politica: il clima al primo posto La sfiducia nei partiti

Li descrivono poco avvezzi alla politica, disinteressati al bene comune, distaccati dalla realtà circostante. Ma chi lo fa, quasi sicuramente, sbaglia. Perché dietro ai cliché e ai luoghi comuni sui “giovani”, si cela una realtà ben più complessa. Che, per mancanza di tempo o voglia, resta ancora oggi poco esplorata. A restituirne una panoramica è l’ultimo Rapporto giovani, l’indagine realizzata da Ipsos, e promossa dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore e il sostegno di Fondazione Cariplo. Lo studio, presentato il 20 maggio scorso al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, prende in esame diversi temi, incluso quello del rapporto tra le nuove generazioni e la politica.
IL RAPPORTO
E già a leggere il primo punto, qualche stereotipo comincia a vacillare. Per il 75,4% degli intervistati la politica può essere uno strumento utile per migliorare la vita dei cittadini. Percentuale che cresce – al 76,6% – quando si domanda se l’offerta di un vero spazio di partecipazione per i giovani che vogliano impegnarsi migliorerebbe la loro visione della politica. Soltanto per il 37,8%, infatti, questo spazio è ad oggi garantito. Nonostante il 53,4% dia un voto maggiore di sei – su scala dieci – per indicare il proprio interesse per la politica come è oggi.
Per inquadrare la portata del fenomeno, questi primi dati vanno letti in combinato con i risultati sulla fiducia nelle istituzioni: in generale bassa, ma in alcuni enti più che in altri. Il picco (pur inferiore al 50%) è per i Comuni (44,9%% di chi, sempre su scala dieci, dice di avere una fiducia superiore a sei) e le Regioni (44,1%). L’ultimo posto è occupato dai partiti politici, fermi al 31,6%: la percezione condivisa, viene spiegato, è che la politica resti «lontana» e poco in grado di incidere sulla vite delle persone, di contro alle attività sul territorio, la cui utilità appare più tangibile. A metà via si ferma il Governo (35,3% di sì), seguito dalla Camera (35,2) dal Senato (34,8%).
IL RITO DEL VOTO
Questa percezione si ripercuote – e non potrebbe essere altrimenti – sull’istituto del voto. Non più un totem inscalfibile o un dovere, ma uno strumento il cui valore oscilla in base all’offerta politica e alla rilevanza assegnata alla consultazione specifica. Ad affermare che il voto è sempre importante è oltre un intervistato su quattro (tra quelli che hanno che ha i 18 e i 34 anni), quindi il 26,5%. Ma le stime crescono per determinati segmenti, della popolazione giovanile come i laureati (30,2%) e le donne (28%). Al contrario, si riscontra una tendenza inversa per chi è meno istruito o versa in condizione di marginalità sociale ed è quindi spinto a credere che il suo voto conti poco. Qualche sorpresa arriva scorrendo la lista dei temi che i giovani ritengono più importanti e mobilitanti. O meglio, quelli che se «trattati in modo convincente da qualcuno dei partiti», potrebbero incidere sulla decisione di chi votare.
LA GUERRA NON MOBILITA
Al primo posto l’attenzione ai cambiamenti climatici, con il 15,7%, che scende al 12,9% per chi ha tra i 18-22 anni. Succede lo stesso per gli strumenti di accesso al mondo del lavoro che totalmente riscuotono il 13,8%, conquistando il secondo posto. Le preoccupazioni personali su questo problema, si sottolinea nello studio, per le categorie più vulnerabili di giovani finiscono per oscurare l’attenzione sui globali e i diritti sociali.
A seguire, le politiche fiscali e quelle che riguardano i rapporti di genere, rispettivamente al 13,6% e il 12,8%. Gli ultimi posti sono occupati invece dalla politica estera (6,3%) e dalla gestione dei conflitti internazionali (6,1%). Ma anche in questo caso, quella del disinteresse potrebbe non essere la chiave di lettura giusta: «I giovani sono interessati agli aspetti positivi su cui possono incidere», spiega al Messaggero uno dei curatori del rapporto, Alessandro Rosina. Se le sfide ambientali rappresentano un tema del ventunesimo secolo, così come i rapporti di genere, i conflitti, ragiona il professore, «sono un’eredità del ventesimo, che la che classe politica genera perché ancora ragiona in quel modo lì, senza essere in grado di risolverli». Giovani e politica: il rapporto dell’Istituto Toniolo dà voce alle convinzioni e alle aspettative dei giovani nei confronti della politica. Anche se, implicitamente, pone anche un interrogativo all’altra parte in causa: la politica fa abbastanza per loro? Per la risposta rifuggire dai cliché.