Corriere della Sera, 14 giugno 2025
Ora le cellule dormienti preoccupano l’intelligence. Cresce la paura di attentati. Il ruolo delle gang
I servizi di intelligence sono in stato d’allerta. Il rischio di una risposta asimmetrica dell’Iran sul territorio europeo, accanto alla controffensiva diretta contro Israele, è reale. Teheran ha dimostrato in passato di averne la capacità e la volontà, e la minaccia era presa in seria considerazione già da mesi, dopo l’aggravamento della tensione medio-orientale seguita al 7 ottobre. L’Iran potrebbe rispondere tramite le cellule dormienti di Hezbollah all’estero, o attraverso la celebre unità 840 dei Guardiani della rivoluzione (IRGC). Gli attentati potrebbero essere indiscriminati, o mirati verso interessi israeliani o ebraici, come è già accaduto in passato anche fuori dall’Europa.
Un anno fa la giustizia argentina ha ritenuto l’Iran mandante degli attacchi del 1992 e 1994: il primo contro l’ambasciata israeliana a Buenos Aires (29 morti), il secondo con un’autobomba di Hezbollah contro l’edificio dell’associazione ebraica Amia (85 morti), il peggior attentato nella storia del Paese sudamericano. La struttura di Hezbollah è stata fortemente indebolita dall’operazione israeliana in Libano, ma non completamente sgominata, e l’Iran potrebbe ricorrere ad altri mezzi per colpire l’Occidente.
In Francia in particolare c’è apprensione per l’infiltrazione del movimento «pro-Pal» da parte di Hamas e del suo maggiore sponsor, ovvero l’Iran. Da febbraio è incarcerata nella prigione di Fresnes una traduttrice iraniana di 39 anni, Mahdieh Esfandiari, che dopo gli attentati terroristici di Hamas contro Israele del 7 ottobre ha invocato la jihad con decine di messaggi lanciati su Telegram assieme al compagno di nazionalità francese, militante pro-palestinese. La donna chiedeva ai musulmani di imbracciare i fucili oppure ricorrere a coltelli e asce per colpire gli ebrei ovunque si trovassero in Francia. Il suo esempio potrebbe essere seguito da altri militanti, più o meno direttamente sostenuti da Teheran.
Se ieri mattina il presidente Emmanuel Macron ha immediatamente chiesto «l’arresto dell’escalation» in Medio Oriente, in serata ha anche assicurato che la Francia difenderà Israele dalle rappresaglie iraniane, come già in passato. Nonostante i pessimi rapporti con Netanyahu e la condanna dei massacri a Gaza, Parigi prende così posizione e questo potrebbe esporre il Paese a una risposta.
Da tempo, il regime dei pasdaran pratica la «repressione transnazionale», come vengono descritte le azioni dei governi che usano la violenza, l’intimidazione e la sorveglianza contro i loro stessi cittadini all’estero. Negli ultimi anni, però, Teheran si è sistematicamente affidata a gang esterne, criminalità organizzata, perfino a bande di delinquenti comuni per portare a termine queste aggressioni. E non solo la Gran Bretagna o la Germania, ma soprattutto il Nord-Europa che è diventato il quadrante di queste operazioni. Con la Svezia e la Finlandia in prima fila.
La «valutazione delle minacce», il report annuale dei servizi svedesi, ha evidenziato per esempio la crescente dipendenza del regime dalle reti criminali organizzate per prendere di mira figure di opposizione, ma anche target israeliani o i 20 mila cittadini con doppio passaporto. A volte entrano in azione perfino ragazzini recuperati in periferia, minorenni: perché fino a 15 anni in Svezia non si è perseguibili.
Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha designato la gang svedese Foxtrot come «braccio» al servizio di Teheran: il suo leader, Rawa Majid, sarebbe stato reclutato dal ministero dell’Intelligence iraniano per attaccare l’ambasciata israeliana a Stoccolma nel gennaio 2024. In Inghilterra, il giornalista Pouria Zeraati è stato pestato nel marzo 2024 fuori dalla sua abitazione da tre ragazzi dell’Europa dell’Est: è emerso durante il processo che erano stati «noleggiati» da agenti iraniani. Nell’offensiva voluta da Netanyahu sono stati uccisi anche scienziati, morti a volte con le mogli o i figli – ossia civili —. Per gli ayatollah questa è una sorta di autorizzazione per avere carta bianca nella risposta. L’Europa lo sa e si prepara.