il Fatto Quotidiano, 15 giugno 2025
C’era una volta Israele
Per chi vuole capire cos’era Israele e cos’è diventato con Netanyahu e la sua cricca, è perfetto il film Golda con la strepitosa Helen Mirren nei panni di Golda Meir, uscito due anni fa e ora approdato su Prime. Racconta il dramma della vecchia premier laburista e del suo popolo, colti di sorpresa dall’attacco egiziano e siriano il 6.10.1973, festa di Yom Kippur. Anche allora Israele è in guerra, come dal giorno della sua nascita, 14.5.1948. Ed è solo contro tutti, col timido appoggio degli Usa di Nixon in pieno Watergate. Ma quella per lo Stato ebraico è davvero una guerra di sopravvivenza, la terza e ultima in 25 anni. Dopo gravi rovesci nel Sinai e nel Golan, Israele contrattacca con il temerario Sharon, che attraversa il canale di Suez e marcia verso il Cairo finché Usa e Russia lo fermano per evitare che la guerra diventi mondiale. Sadat, il rais egiziano, passato da vincitore a sconfitto, accetta di negoziare il cessate il fuoco con la Meir chiamandola “premier di Israele”, non più dell’“entità sionista”. “Ha detto proprio Israele?”, domanda lei al messaggero. “Sì, ha detto Israele”. Golda brinda commossa con i suoi: dopo un quarto di secolo, un leader arabo riconosce il diritto degli ebrei al loro Stato nei confini fissati dall’Onu nel ’47. Quindi Israele restituirà all’Egitto le terre strappate sei anni prima nella guerra dei Sei Giorni. La pace la siglerà il successore della Meir, Menachem Begin, ex terrorista sionista e leader del Likud, il 17.9.1978. E Golda morirà in pace tre mesi dopo. Col rimorso di non avere prevenuto l’attacco del Kippur, ma con la serena certezza di avere garantito un futuro più pacifico e sicuro al suo popolo.
Mezzo secolo dopo, al posto di Meir e Begin, siede da 15 anni la loro antitesi: Benjamin Netanyahu, che non fa guerre di sopravvivenza (quella di Israele non può più insidiarla nessuno), ma di aggressione; non scambia territori con pace e sicurezza, ma ruba e attacca territori altrui in cambio di guerre e insicurezza; non mutila le sue vittorie per evitare il conflitto mondiale, ma fa di tutto per scatenarlo accumulando sconfitte; non tratta con i nemici per conviverci, ma ne inventa sempre di nuovi per vivere in guerra permanente, sabotando financo i negoziati avviati dagli Usa e mettendo in pericolo il suo popolo e quelli alleati; non isola Israele perché è aggredito da tutti i vicini, ma perché aggredisce tutti i vicini; non pensa mai al meglio per Israele, ma solo per se stesso, sterminando decine di migliaia di innocenti e incendiando l’intero Medio Oriente per salvarsi la poltrona. Ora, con 200 atomiche in tasca, vuol impedire all’Iran di farne una. Cita le accuse dell’Aiea che non riconosce. E si appella agli iraniani perché rovescino il loro governo di terroristi. Prima che gli israeliani lo facciano col suo.