Avvenire, 15 giugno 2025
Il flag football è diventato grande
Immagina di giocare a “ce l’hai”, ma invece di toccare qualcuno per eliminarlo, gli strappi una bandierina che penzola dai fianchi. Oppure pensa a “ruba bandiera”, ma con l’aggiunta di una palla da football e un campo dove correre cercando di segnare punti. Benvenuto nel mondo del flag football, la variante atletica e strategica di questi giochi da cortile che tutti noi conosciamo. Se dieci anni fa poteva essere impensabile sentire parlare di questo sport, nei prossimi tre anni ne sentiremo sicuramente parlare molto. Non solo perché il Cio, il comitato olimpico internazionale lo ha inserito come disciplina alle prossime olimpiadi di Los Angeles nel 2028 ma anche perché pochi giorni fa la Nfl (National Football League) ha raggiunto uno storico accordo con i proprietari delle squadre che ne fanno parte.
Quest’ultimi, per la precisione tutti e trentadue, hanno accettato che i propri giocatori possano rendersi eleggibili per poter partecipare ai giochi di Los Angeles nel flag football, la versione del football americano ma senza contatto, disciplina sportiva praticata dalle scuole elementari fino al licei di tutta America, e che perfino la star assoluta del gioco come Tom Brady ha praticato da bambino. Un accordo storico che va ad affiancarsi a quelli già in essere per il basket, il baseball e l’hockey (le altre tre leghe professionistiche americane) e che permetterà alle star del football di gareggiare per l’oro olimpico. Dopo le olimpiadi di Barcellona del 1992 che consegnarono al mondo il primo dream team forse l’America avrà trovato i nuovi Michael Jordan, Magic Johnson e Larry Bird della palla ovale.
Un gioco nato un po’ per caso, ovviamente negli Stati Uniti intorno agli anni Quaranta, come variante “soft” del football americano. Durante la Seconda Guerra Mondiale, i soldati nelle basi militari volevano continuare a giocare a football senza rischiare infortuni seri: nacque così questa versione senza contatti, fatta per divertirsi e tenersi in forma. Negli anni a seguire sì diffonde anche tra i civili, diventando uno sport vero e proprio a partire dagli anni Sessanta dove nascono le prime federazioni.
Oggi questa disciplina, amministrata dalla Ifaf (International Federation of American Football), viene praticata in oltre cento paesi del mondo da oltre venti milioni di persone: ai nastri di partenza del mondiale disputatosi nel 2024 erano trentadue le nazioni partecipanti.
Le partite sono veloci, dinamiche e durano solo 40 minuti (rispetto alle tre ore minino del football). Due squadre, di solito composte da cinque giocatori, si sfidano su un campo più piccolo di quello classico. L’obiettivo rimane sempre lo stesso: portare la palla nella end zone avversaria, proprio come nel football americano, per segnare un touchdown. È come se il football avesse deciso di vestirsi in modo più leggero: niente placcaggi duri, niente caschetto, niente contatti violenti. Solo velocità, astuzia, riflessi pronti e bandierine da sfilare al momento giusto.
Diversi, se non molti giocatori Nfl hanno mostrato interesse a partecipare alle Olimpiadi, a cominciare da Justin Jefferson, ricevitore dei Minnesota Vikings, passando per Saquon Barkley running back in forza ai Philadelphia Eagles e Patrick Mahomes, quarterback e stella assoluta dei Kansas City Chiefs. Il ricevitore dei Vikings ha dichiarato che «il solo pensiero di giocare alle olimpiadi e poter competere per la medaglia d’oro è un sogno. È qualcosa che ho sempre sognato di fare, gareggiare per il mio Paese contro tutti gli altri Paesi del mondo». Pat Mahomes sembra rimanere più cauto: «Certamente, vorrei farlo, ma ho visto alcuni di quei ragazzi giocare a flag football e sono un po’ più veloci di me. Nel 2028 avrò trentadue anni, quindi se potrò ancora muovermi cercherò di scendere in campo, magari proprio a Los Angeles».
Se da un lato l’entusiasmo dimostrato dalle stelle Nfl non fa che aumentare l’hype per questa nuova disciplina olimpica, dall’altro lato ci si domanda come si debbano sentire oggi quei giocatori di flag football che fin dal giorno zero si sono battuti per far crescere l’interesse di questo sport in tutte le parti del globo.
Uno su tutti, lo statunitense Darelle Doucette, quarteback della nazionale maschile non sembra aver digerito molto bene la notizia. In un’intervista rilasciata alla mittente americana Tmz afferma senza timore di essere più adatto a guidare l’attacco di team Usa rispetto a Mahomes: «Grazie alla mia esperienza maturata in tutti questi anni posso affermare di essere migliore di lui. So che al momento lui è la stella della lega, ma quando si parla di flag football, mi sento come se ne sapessi più di lui». Afferma con risolutezza che «sia irrispettoso che diano per scontato di poter entrare nella squadra olimpica semplicemente per quello che sono». «Non hanno contribuito a far crescere questo sport e a portarlo alle Olimpiadi» – prosegue. «Rispettate i ragazzi che hanno aiutato a far arrivare questo sport dov’è ora». Come spesso accade, tra i due litiganti c’è sempre un terzo che sorride: il Cio può permettersi di restare a bordo campo, godendosi lo spettacolo. D’altronde, con i milioni investiti nei Giochi di Los Angeles, un po’ di caos fa solo pubblicità.