Corriere della Sera, 13 giugno 2025
Martin Scorsese: «Un film su Gesù, l’idea dopo un incontro con Papa Francesco»
Nel nome del padre, del figlio e di Martin Scorsese. Il grande regista, premiato al Festival di Taormina, ha sempre indagato se Dio è dentro di noi, ed è sempre stato attratto dal bene e il male, come recita il sottotitolo di The Departed che gli valse l’Oscar. La sopraffazione e la redenzione, guerre di gangster alternate a guerre di religione. È un uomo dall’apparenza mite abitato, a 82 anni, da una furibonda energia, che ha attraversato dipendenze pericolose e cinque mogli.
La fede è la sua ultima tentazione?
«Beh, ho diversi altri progetti d’argomento religioso. Il film sulla vita di Gesù, il documentario su Papa Francesco, la serie sulle vite dei santi. Non so da dove cominciare».
Cominciamo da Gesù.
«Sono ancora all’approccio, che richiederà un altro anno di lavoro. Nel frattempo ho rivisto tanti film sui Vangeli, anche quello di Pasolini. Il mio sarà in bianco e nero, ambientato nel mondo contemporaneo, ed è basato sul libro che nel 1973 scrisse Shusaku Endo, La vita di Gesù. Grazie a Endo è nato il mio film Silence, sui gesuiti missionari nel Giappone del ‘600. Lui non ricostruisce la storia di Gesù ma invita a riscoprirne il volto ordinario e umile, che è sempre nuovo».
Quando è nata l’idea?
«Dopo un incontro con Papa Francesco. Parlammo del bene e del male, e del meglio che dovremmo cercare nella vita. A lui ho dedicato il documentario Aldea che è un’intervista a Francesco attraverso il movimento globale Scholas Occurrentes da lui formato che si occupa di accoglienza e incontro. Una parte l’ho girata in Sicilia».
E poi le vite dei santi.
«Si tratta di una serie intitolata Saints, ho vissuto con le loro storie per tutta la vita, immaginato i mondi che abitavano. Alcuni episodi (ognuno di 50 minuti) li ho realizzati a Roma, quelli su Santa Lucia e San Patrizio, su Pietro e Paolo, e la Vergine Maria».
Perché tutti questi progetti insieme sul sacro?
«La religione ha sempre fatto parte della mia vita, ero chierichetto a New York, frequentavo la cattedrale di San Patrizio dove lavorava un parroco che fu mio mentore, mi avvicinò alla letteratura, James Joyce, Graham Greene, James Baldwin. Per quasi un anno ho vissuto in un seminario. Avevo un forte asma e motivo di conforto lo trovavo in chiesa o rinchiudendomi al cinema. Ma una cosa è la fede e un’altra la vocazione, che è una chiamata. In me prevalse la vocazione al cinema».
Maestro, cosa si aspetta dal Papa americano?
«La nomina di Leone XIV è del tutto inaspettata. Mi aspetto quello che ci si aspettava da Bergoglio, che non è stato il papa degli argentini ma di tutti. Credo in Papa Leone e nell’approccio su ciò che accade nel mondo. Ha parlato di pace, giusto. Ma vorrei che parlasse anche dei problemi comuni, che attengono alla sfera personale».
Nei suoi film sui gangster ci sono l’avidità del successo, l’amore, l’inganno, l’avidità, tutti temi biblici.
«Vero. In Mean Streets, il cui sottotitolo è Domenica in chiesa, lunedì all’inferno, c’è il mondo del peccato, e per espiarlo occorre una vita intera. Nei miei film sulla criminalità fa da sfondo il cattolicesimo, come l’ho vissuto io nella mia adolescenza a New York. Le divisioni tra gruppi etnici e religiosi è ricorrente nella storia del mio paese, ma succedeva già ad Alessandria d’Egitto, tra pagani, cristiani e giudei. Da sempre ci sono persone che si difendono da una nuova comunità che vuole entrare, e la storia si ripete ora negli scontri a Los Angeles, con la battaglia di Trump ai migranti illegali. La rabbia, non l’odio, può essere giusta, ma consuma gli animi».
Cosa pensa di Trump?
«Non mi piace, la sua politica è all’opposto delle mie idee, sembra che goda nell’umiliare e nel ferire le persone. Il governo americano è controproducente con sé stesso. Pensando ai dazi, mi chiedo quanto sarà disposta la gente a tollerare una politica che avrà ripercussioni economiche e sociali per le generazioni a venire. Dobbiamo lavorare per controllare il potere del presidente. La democrazia è minacciata e forse tutto questo è un test, forse stiamo vivendo un esperimento per arrivare a un qualche accordo».
Cosa può fare il cinema?
«Ha un ruolo fondamentale: raccontare la verità, come succedeva col neo realismo, guardando a cosa accade per le strade, ascoltando la voce della gente. Chiudo con un ricordo italiano. Nella mia prima volta a Roma volli vedere la Cappella Sistina e Fellini. Due monumenti».