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 2025  giugno 13 Venerdì calendario

Raddoppiati gli italiani che rinunciano a curarsi per i tempi troppo lunghi

Nessuna visita specialistica urgente (da svolgersi entro 72 ore) ad oggi viene effettuata rispettando i tempi. Si tratta di consulti oncologici, cardiologici, di chirurgia vascolare, endocrinologia, neurologia, ortopedia, ginecologia, otorinolaringoiatria, fisiatria, pneumologia. La conseguenza delle improbabili scoraggianti liste d’attesa è che sempre più italiani rinunciano alle prestazioni: una percentuale più che raddoppiata in cinque anni (dal 2,8% del 2019 al 6,8% del 2024) è l’allarme lanciato dalla Fondazione Gimbe sulla base dei dati Istat. Nel 2024, 4 milioni di italiani (7% della popolazione) hanno dovuto accantonare le cure sanitarie per colpa dei tempi d’attesa troppo lunghi. Rinunce che si sommano a quelle dovute a motivi economici, anche queste in aumento: sono passate dal 3,2% del 2022 (1,9 milioni di persone) al 5,3% del 2024 (3,1 milioni).
«E il fenomeno riguarda l’intero Paese», ha segnalato il presidente di Gimbe Nino Cartabelotta, quadro confermato dai dati diffusi dall’Ista, che non vedono nessuna Regione brillare per tempi d’attesa, ma piuttosto mostrano tante persone che sfiduciate finiscono per rinunciare alle visite mediche, in cima la Sardegna, ma anche Regioni del Nord come Piemonte e Liguria.
Novantotto i giorni – almeno questi quantificati – per una visita dermatologica come pure gastroenterologica, 22 per un accertamento urologico. Questo raccontano i dati raccolti da Cittadinanzattiva sulla base delle segnalazioni dei cittadini diffusi nel 2024. Chi doveva sottoporsi a un controllo entro 10 giorni ne ha aspettati 127 per la chirurgia vascolare, 180 per una visita urologica, 180 per una oculistica. Una sanità a macchia di leopardo che sfugge a verifiche capillari poiché solo 9 regioni fino a giugno 2024 diffondevano on line gli aggiornamenti sulle liste d’attesa.
I CASI LIMITE
Cittadinanzattiva ha segnalato alcuni casi limite: in Friuli-Venezia Giulia tutte le prestazioni oggetto di indagine vengono erogate ben oltre i 100 giorni previsti, con una media addirittura di 498 giorni per l’ecografia addome con codice P nell’Azienda universitaria Friuli Centrale. In Veneto l’esatto contrario: tempi rispettati per tutte le prestazioni e tutte le priorità. Ancora: nell’Azienda Sanitaria 3 Ligure si aspettano in media 427 giorni per una visita cardiologica. All’Asl di Bari si riescono a erogare nei tempi previsti (10 giorni) solo il 9% delle visite pneumologiche con codice B, mentre alla Asl Napoli 1 Centro si rispettano i tempi delle visite oncologiche in priorità B in appena il 14% dei casi.
Interventi chirurgici a rilento, prestazioni ambulatoriali rimandate ma anche disservizi nelle prenotazioni, con telefoni che squillano spesso a vuoto. Una recente indagine sempre di Cittadinanzattiva su 8 regioni e diffusa ad aprile conferma come buona parte delle strutture sanitarie non rispettino i tempi massimi previsti per 4 prestazioni: visita cardiologica, ecografia all’addome, mammografia e tac rachide dorsale. Accertamenti importanti che possono salvare la vita. Tra le emergenze, i tempi medi d’attesa della Puglia dove per una visita cardiologica urgentissima (entro 3 giorni) si aspettano mediamente 34 giorni; 83 i giorni per le urgenti (invece di 10 giorni); 20 i giorni per un’ecografia all’addome urgentissima e 40 per l’urgente, 34 giorni per una mammografia urgente e 30 per una Tac della rachide dorsale.
«Finalmente l’accordo tra Regioni e governo – commenta Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva – Ci auguriamo si continui su questa strada, consapevoli che l’emergenza sui lunghi tempi di attesa può essere affrontata solo con un atteggiamento di ascolto e collaborazione fra tutti i soggetti, avendo innanzitutto a cuore la sanità pubblica del nostro paese e i bisogni dei cittadini».