Avvenire, 13 giugno 2025
L’Onu: scacciati da casa dai conflitti 122 milioni di civili in tutto il mondo
Il sudore. Le piaghe ai piedi. I pianti assieme a qualche sorriso scambiato per darsi coraggio. La paura di non farcela. Gli ostacoli o le trappole che incomberanno. I pensieri verso i cari lasciati. La voglia, nonostante tutto, di raggiungere mete che profumino un po’ di speranza. Si dovrebbe raccontare la storia di ogni sfollato del globo. Anche perché rispecchia i drammi di oggi, gli immaginari che s’intersecano, il senso d’ingiustizia, pietà o indifferenza da una parte e dall’altra del mondo.
Ma non è possibile, tanto il popolo in fuga da guerre, oppressioni, persecuzioni, miseria, carestie e desertificazione è cresciuto a dismisura, raddoppiando quasi in appena un decennio, rispetto ai 65 milioni del 2015. Oggi, infatti, si è giunti a più di 122 milioni. Quasi la popolazione giapponese. Più del doppio degli italiani. Sono stime allarmanti delle Nazioni Unite, contenute nel rapporto annuale sui rifugiati. Secondo l’Unhcr, l’agenzia specializzata guidata dall’italiano Filippo Grandi, il dramma planetario ha spesso il volto dell’infanzia offesa, a rischio, negata: i minori rappresentano circa il 40%, ovvero due sfollati su 5. Ma nel fiume umano, c’è pure un 7% di over 60.
In Europa e nel nostro Paese, ha impressionato l’arrivo di ucraini costretti a scappare, ormai in tutto a quota 8,8 milioni. Ma in termini nazionali, il fosco ‘podio’ mondiale riguarda 3 altre crisi. In Afghanistan, si è giunti a 10,3 milioni. Peggio ancora in Siria, con 13,5 milioni. Il record assoluto riguarda poi i 14,3 milioni di sfollati in fuga dalla guerra civile in Sudan in corso dal 15 aprile 2023. Per le violenze endemiche e l’accelerazione folgorante della crisi, spaventa pure il caso di Haiti, dove si è giunti a 1,3 milioni di sfollati, con un incremento del 24% nell’ultimo semestre.
Tuttavia, è fuorviante pensare che quest’umanità errante d’ogni lingua aspiri in primis a destinazioni lontane, preferibilmente in Paesi ricchi europei o nordamericani. Circa il 60% degli sfollati non ha lasciato il proprio Stato, spostandosi solo in regioni ritenute meno a rischio. Un altro 30% termina la propria corsa in Paesi in via di sviluppo, quasi sempre limitrofi al proprio. A riprova del fatto che non ci si allontana a cuor leggero dalla casa e dai cari, come quest’anno attesta pure un’altra cifra da record, per una volta positiva: i 9,8 milioni di ritorni fra chi era fuggito nel 2024, compresi 2 milioni di siriani.
Secondo l’Unhcr, la terna dei principali Paesi d’accoglienza non riguarda il Nord del mondo: ovvero, l’Iran (3,8 milioni di accolti), la Turchia (3,1 milioni), la Colombia (2,8 milioni, soprattutto venezuelani).
Se si rapporta lo sforzo d’accoglienza ai residenti abituali, il Paese di gran lunga dal cuore più grande è il Libano, dove oggi più del 12% dei residenti sono dei rifugiati. Seguono, ampiamente staccati, il Ciad e la Giordania, dove la proporzione scende a circa un rifugiato su 16 abitanti. I due Paesi al mondo che ricevono più domande ufficiali d’asilo sono invece Stati Uniti (729mila) ed Egitto (433mila), seguiti da Germania (229mila), Canada (174mila) e Spagna (167mila).
«Dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per cercare la pace e trovare soluzioni durature per i rifugiati e le altre persone costrette a lasciare le proprie case», ha dichiarato Grandi, la cui agenzia intanto continua a tagliare personale per via del calo di finanziamenti soprattutto in provenienza dagli Stati Uniti.