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 2025  giugno 12 Giovedì calendario

Spariscono le autoradio dalle auto. Agcom: “Allarme per la pluralità dell’informazione”

Le automobili di nuova generazione stanno lasciando a casa l’autoradio. Un problema “per la pluralità dell’informazione” come ha appena denunciato Massimiliano Capitanio, commissario dell’Agcom, con la solennità di chi sa che il diavolo si nasconde nei dettagli. Le nuove vetture, specie quelle elettriche, piccole, scattanti, amate dai giovani, escono di fabbrica senza quel rettangolo di plastica e pulsanti che per decenni ha fatto da colonna sonora alle nostre vite. Al suo posto, un display lucido, un’interfaccia Usb, un invito suadente a collegare il proprio smartphone e a scegliere, da lì, il proprio mondo sonoro. Spotify, podcast, playlist curate da algoritmi. Tutto, tranne la radio. Eppure fino a qualche anno fa, era il 2020, sembrava invece che la radio stesse per rinascere proprio grazie ai viaggi in auto.

E invece niente. Ma va ricordato che la radio è un presidio, una rete di sicurezza, un’infrastruttura che, come le autostrade o le poste, garantisce che l’informazione – quella vera, plurale, regolata – arrivi a tutti. Anche in caso di blackout digitale, di crisi, di emergenze. Le frequenze Fm, spiega Capitanio, sono un baluardo, un “back-up infrastrutturale” per le nostre democrazie. Parole che suonano quasi marziali, ma che colgono un punto: in un mondo che corre verso il tutto-connesso, la radio resta un’ancora, una certezza che non dipende da un wifi ballerino o da un abbonamento premium.
Le case automobilistiche hanno deciso
Eppure, i produttori di auto sembrano non curarsene. Il loro orizzonte è un altro: display sempre più grandi, integrazione con le piattaforme digitali, un’esperienza di guida che somigli a un salotto hi-tech. La radio? Roba da boomer, forse. Ma il rischio, come sottolinea Agcom nella sua nota ufficiale è che questa scelta tecnologica finisca per escludere milioni di persone dall’accesso a un mezzo che non è “democrazia in movimento”. L’automobile, dice bene Capitanio, è “il nuovo focolare”, il luogo dove la radio si ascolta di più. E se compro un’auto per mio figlio, e scopro che l’unico modo per ascoltare qualcosa è infilare una chiavetta Usb o sincronizzare il telefono, beh, allora la radio – con il suo pluralismo, le sue voci diverse, le sue notizie – diventa un optional.
La speranza del DAB
C’è, per fortuna, una nota positiva. La tecnologia DAB, il digitale radiofonico, sta crescendo, soprattutto nelle auto. L’Italia non è ancora al 70% di penetrazione come la Gran Bretagna, ma supera molti altri Paesi europei. È un segno di vitalità, una prova che la radio non è un relitto del passato, ma un mezzo che sa rinnovarsi. Eppure, proprio mentre il DAB avanza, il rischio è che le nuove auto lo rendano inaccessibile, preferendo piattaforme proprietarie che, per ora, veicolano solo musica, ma che in futuro potrebbero ospitare anche informazione. E qui si apre un altro capitolo: chi controllerà quei contenuti? Chi garantirà il pluralismo, la veridicità, l’accesso universale?
Una possibile soluzione
Capitanio, con il pragmatismo di chi conosce il settore, propone una soluzione che sembra quasi un atto di resistenza: rendere la radio più visibile, più raggiungibile. Come? Con un’icona chiara, standardizzata, che comparirà sugli schermi delle auto di nuova generazione, un pulsante virtuale che porterà direttamente al digitale terrestre e, da lì, alle trasmissioni radiofoniche. Sarebbe un piccolo passo, ma significativo.