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 2025  giugno 12 Giovedì calendario

Allarme debito

Bilanciare l’incremento della spesa per la difesa con il mantenimento della sostenibilità dei conti pubblici è una sfida che fa tremare i polsi. Il governo è costretto a muoversi in un sentiero stretto: deve considerare sia il quadro generale dei vincoli europei, sia le implicazioni di medio e lungo termine sul debito pubblico che possono scaturire da un aumento della spesa di svariati miliardi nei prossimi anni.
L’esecutivo può applicare la clausola di salvaguardia nazionale prevista nell’ambito del ReArm della Commissione europea, che permette di richiedere una deviazione fino a 1,5 punti percentuali di Pil all’anno nel periodo 2025-28 rispetto ai limiti concordati. L’attivazione della clausola, però, non deve mandare il debito fuori controllo scassando i conti.
L’Ufficio parlamentare di bilancio ha simulato due scenari di incremento della spesa pubblica, finanziato in disavanzo, nel periodo 2025-28. Il primo prevede un aumento moderato delle spese in difesa, pari a 0,25 punti di Pil nel 2025 e 0,5 punti l’anno nel triennio 2026-28. Il secondo scenario considera, per l’anno in corso, sempre un aumento dello 0,25% e, successivamente, una crescita graduale fino al massimo consentito di 1,5 punti nel 2028. Con un ricorso più limitato alla flessibilità, il disavanzo scenderebbe sotto la soglia del 3% del Pil nel 2027, quindi in ritardo di un anno rispetto a quanto stabilito dal Piano strutturale di bilancio concordato tra Roma e Bruxellles. Con la seconda simulazione, il deficit scenderebbe al di sotto del 3% solo nel 2030 e, dal 2034, tornerebbe stabilmente a superare tale soglia.
Un effetto ancor più dirompente si avrebbe sul debito. Con l’utilizzo della clausola, nel 2028, il debito in rapporto al Pil si attesterebbe al 137,3% nel primo scenario, in aumento di un punto rispetto alle stime del Piano strutturale di bilancio; mentre nello scenario con l’utilizzo più marcato della flessibilità raggiungerebbe il 137,7. Al 2031, ultimo anno del periodo di aggiustamento concordato con l’Ue, questi livelli salirebbero rispettivamente al 133,9 e al 136,3%, con scostamenti rispetto al Psb pari a 1,4 e 3,8 punti percentuali. Se ci proiettiamo nel 2041, nello scenario più prudente, il debito si manterrebbe comunque su una traiettoria discendente attestandosi al 125,4%, comunque 11 punti sopra la stima del Psb (113,7%). Invece, nella simulazione con un uso più ampio della flessibilità, il debito arriverebbe fino al 138,9%, risultando perciò oltre 25 punti sopra la corrispondente proiezione del Psb e al di sopra del dato del 2024 al 135,3%. Secondo la presidente dell’Upb, Lilia Cavallari, l’uso integrale dei margini di flessibilità consentiti dalla clausola di salvaguardia è quantificabile «in un aumento a regime delle spese per la difesa di 37 miliardi», il che frenerebbe il percorso di consolidamento al punto tale da renderlo «incoerente» con la riduzione del debito pubblico.
Per riportare il debito su un sentiero discendente, continua Cavallari, l’esecutivo dovrà realizzare «un ulteriore sforzo di consolidamento nel successivo Piano strutturale, ponendo difficili scelte di riallocazione della spesa o aumento della pressione fiscale».
La Commissione europea aveva inizialmente invitato gli Stati membri a richiedere l’attivazione della clausola entro il 30 aprile scorso, ma è possibile farlo anche successivamente. Ad oggi, sono stati 16 gli Stati membri che ne hanno fatto richiesta: Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Estonia, Grecia, Croazia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia e Finlandia.
L’evoluzione della spesa in Italia per la difesa dal 1995 al 2023 mostra una relativa stabilità in rapporto al Pil attorno all’1,2%. Nel 1995, la spesa per la difesa era appunto pari all’1,2%. Nel 1998 raggiunge il suo minimo all’1,1, per risalire gradualmente fino all’1,5 nel 2009. Il rapporto è quindi sceso nuovamente fino al 2013 quando ha raggiunto l’1,2% per poi risalire fino all’1,4 nel biennio 2020-21, e stabilizzarsi di nuovo all’1,2 nel biennio successivo.
Secondo la classificazione cosiddetta Cofog sulla spesa di difesa militare e civile, che risulta meno ampia della ripartizione Nato, l’Italia nel 2024 ha raggiunto l’1,2% mentre nel 2025 è prevista all’1,5%. Il governo, però, ai fini Nato, ha già annunciato che quest’anno l’obiettivo del 2% del Pil è stato raggiunto. Sarà il vertice dell’Alleanza atlantica di fine giugno a stabilire ufficialmente di quanto crescerà la spesa per la difesa nei prossimi anni.