La Stampa, 12 giugno 2025
Washington chiede aiuto al Kosovo. Pristina accetta: "Mandateci migranti"
L’America ha chiamato, il Kosovo ha risposto senza battere ciglio. Il Paese alleato più importante dei Balcani occidentali, tenuto sotto controllo dalle truppe Nato della missione Kfor, ha fatto sapere di essere disposto a prendere entro un anno fino a 50 immigrati illegali deportati dagli Stati Uniti, per facilitare il loro ritorno sicuro negli Stati d’origine. Lo ha annunciato il premier Albin Kurti su X. Il governo del Kosovo avrà la possibilità di selezionare i migranti grazie al lavoro di un pool. «La condizione – scrive Kurti – è che si soddisfino criteri specifici relativi allo Stato di diritto e all’ordine pubblico». Il soggiorno sarà gestito e coordinato dal ministero degli Affari interni kosovaro. Un modello diverso da quello degli hub albanesi in cui l’Italia porta i migranti da rimandare in patria, perché l’Albania ha dato il terreno di Shengjin e Gjader, e il nostro Paese ora ha lì giurisdizione. «Noi lavoreremo in stretta collaborazione con le autorità statunitensi competenti durante tutto il processo», aggiunge Kurti. Precisando che «la partnership con gli Usa, che dura da decenni, si basa su valori condivisi e sulla cooperazione reciproca. Apprezziamo molto il loro continuo sostegno, in particolare nel momento in cui stiamo avanzando verso l’integrazione nelle istituzioni euro-atlantiche».
La riconoscenza nei confronti di Washington è da leggersi nell’ottica di una logica regionale di sicurezza del Kosovo, minacciato dalla vicina Serbia, da cui ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza nel 2008. Con Belgrado le tensioni sono sempre sull’orlo di sfociare in rivolte, scontri o aperta ostilità militare. La protezione degli Usa, per Kurti, che ha fatto arrabbiare l’America di Biden in passato, è fondamentale.