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 2025  giugno 11 Mercoledì calendario

Cnr scaduto, il ministero non decide. Così la ricerca italiana resta senza guida

Nel cuore di San Lorenzo, fra le aule della Sapienza e il palazzo dell’Aeronautica militare, c’è un’enorme istituzione pubblica rimasta senza guida. È il Consiglio Nazionale delle Ricerche, un miliardo e mezzo di bilancio, dodicimila fra dipendenti e collaboratori, 230 sedi e laboratori, 88 istituti di ricerca, tre basi di ricerca permanente ai Poli, una nave oceanografica, la Gaia Blu. Il Cnr ha avuto fra i suoi presidenti Vito Volterra, Guglielmo Marconi e il Maresciallo Badoglio. Fino al 27 maggio lo era il fisico Maria Chiara Carrozza, già ministro dell’Istruzione del governo Letta. Il giorno successivo ha fatto gli scatoloni, e da allora è limbo. Dei cinque consiglieri di amministrazione ne è rimasto uno solo, Nicola Fantini, eletto dai dipendenti. Gli altri tre sono scaduti come Carrozza, e il ministero dell’Università non li ha sostituiti. Il primo andrebbe scelto in una terna selezionata dalla Conferenza dei rettori, un secondo da Unioncamere e Confindustria, il terzo dalle Regioni. Annamaria Bernini ha sul tavolo le proposte per tutti e tre, ma non ha provveduto a concludere l’iter. Per uno di questi – Elisabetta Cerbai, scelta dai rettori – si sarebbe dovuto trattare di una riconferma.
«La scelta del nuovo presidente del Cnr sarà a breve», ha detto la ministra in Parlamento il 28 maggio. Il mandato dura quattro anni e la nomina prevede una rosa di cinque nomi a concorso aperto, dalla quale scegliere: la procedura è congelata. «Non possiamo lasciare mancanze di trasparenza, non possiamo non illuminare gli angoli bui», ha detto sibillina, alludendo a buchi di bilancio. E però Carrozza ha lasciato in eredità un attivo di 81 milioni, 21 dei quali vincolati. Un risultato che si deve soprattutto a novecento milioni di progetti finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, da concludere entro un anno. In sintesi: da un lato il governo dice di voler accelerare con l’attuazione, dall’altra ha paralizzato il principale ente impegnato nei progetti di ricerca finanziati con i fondi europei. Perché?
Dopo l’intervento alla Camera, dal ministero è calato il silenzio. C’è chi racconta che nella maggioranza non ci sia accordo sui nomi, ma la questione di fondo sarebbe la volontà di Bernini di riorganizzare tutti gli enti di ricerca – alle Camere è depositata una proposta di legge delega – e per questo punti al commissariamento del Cnr, come già era avvenuto a inizio legislatura con Inps e Inail. Sia come sia, al ministero considerano il Cnr un ente da riformare profondamente, appesantito da un bilancio che assorbe l’80 per cento delle risorse in costi del personale, e nonostante gli sforzi di Carrozza peggiorato nei ranking internazionali della ricerca. «Ci sono anche molte sovrapposizioni sulle quali occorrerebbe intervenire», spiega una fonte ministeriale. Fra Ingv, Inaf, Infn, Inrim, la macchina del Cnr, che pure è in grado di produrre eccellenze, spreca energie. E però commissariare un ente con i conti in ordine è giuridicamente complicato, a meno di non farlo per decreto e sperare che dal Quirinale non arrivino rilievi. Per non bloccare l’operatività, Bernini ha prorogato di novanta giorni il mandato del direttore generale Giuseppe Colpani, ma in violazione dello statuto, che lo permette per le dimissioni anticipate del presidente, e non è questo il caso.
Il problema più grave è che nel frattempo il Cnr è paralizzato, o quasi. Fatta salva l’attività ordinaria, non è possibile nominare direttori, rappresentanti nei consorzi di ricerca, fare assunzioni, firmare nuovi accordi internazionali o con le aziende. La struttura di missione del Pnrr è attiva, ma non è chiaro se senza un rappresentante legale (il direttore generale non lo è) sia possibile portare in fondo i progetti. In una lettera firmata da direttori e direttrici del Cnr si legge che il mancato rinnovo del Consiglio «ha reso impossibile l’approvazione del bilancio 2024, bloccando le risorse ottenute nella partecipazione a bandi competitivi». Fin qui a spingere il ministro a decidere non sono bastati un appello firmato dal Nobel per la fisica Giorgio Parisi, dalla senatrice a vita Elena Cattaneo e da più di mille dipendenti.
Che il Cnr sia appesantito da una burocrazia spesso inefficiente e abbia bisogno di una riorganizzazione, è opinione comune. Dei 9.300 dipendenti a tempo pieno, i ricercatori sono 5.400. Carrozza ha fatto alcune riforme, ma il Cnr – che a differenza delle università gode di minore autonomia – ha allargato troppo le maglie dell’attività di ricerca. Viceversa i difensori del Cnr sottolineano le ridotte dimensioni rispetto alla cugina francese del Cnrs (ventisettemila persone) o l’ancor più complesso sistema tedesco attorno al Max Planck Institute. Per evitare di imboccare la strada difficile della riforma, la politica negli anni ha preferito moltiplicare le iniziative esterne al Cnr e confinanziate da privati, come l’Istituto italiano di tecnologia di Genova o lo Human Technopole a Milano.