Corriere della Sera, 10 giugno 2025
Intervista a Serena Rossi
Ad agosto compie 40 anni. Li festeggia a teatro?
«No, perché il mio lavoro, che pure amo, non è la mia vita. Ci sono giorni, come il compleanno di mio figlio Diego, di mio marito Davide, o la settimana che la scuola è chiusa, che desidero trascorrere con la mia famiglia».
Dove sarà, allora?
«Stiamo finendo di ristrutturare un rudere nel Sud Sardegna, a Capo Teulada, dove vado da 15 anni grazie a Vittoria Puccini che ha una casa lì. Sarebbe bello se per il 31 agosto i lavori fossero finiti e io, Davide e Diego potessimo dormirci per la prima volta, con una bottiglia in fresco».
A Serena Rossi in queste settimane servirebbe il teletrasporto. Si sdoppia tra cinema (sta ultimando a Torino le riprese del remake di un film francese) e teatro (porta in giro per l’Italia lo spettacolo ideato e prodotto con il marito, SereNata a Napoli, dichiarazione d’amore alla città dov’è nata attraverso canzoni, musica e parole. E nelle pause, come oggi, si preoccupa di andare a prendere il figlio a casa di un compagno a Roma.
Contenta per lo scudetto del Napoli?
«Felicissima! Ho visto la partita contro il Cagliari in un pub a Torino, sola, ma ho fatto amicizia con un sacco di ragazzi fuori sede come me. Massimo Mauro, poi, mi ha regalato la sua maglia degli allenamenti con Maradona e quando sono tornata a Roma l’ho tenuta addosso tutto il giorno, anche per fare la spesa».
Una napoletana non può non avere un rito scaramantico prima di entrare in scena.
«Eh, più di uno... Già la preparazione è un rituale per me che si ripete sempre uguale: inizio a truccarmi alle 8 e alle 8.30 finisco di sistemarmi i capelli; quando annunciano la mezz’ora dall’inizio dello spettacolo mi scaldo la voce con gli esercizi, e a un quarto d’ora mi faccio microfonare».
Non grida «merda»?
«Sì, tre volte tutti insieme, e alla fine io aggiungo “andiamo a fare l’amore”, perché uno spettacolo è come far l’amore con i musicisti e il pubblico, si mette in circolo tanto amore. Poi sul palco a sipario chiuso vado a stringere la mano ai musicisti, e dico: divertiamoci e grazie».
Diego è venuto a vederla?
«Sì, alla prova generale. Lui si imbarazza molto, a volte si tappa le orecchie se canto, dice che mi atteggio un po’».
È geloso della mamma?
«Ci sta che mi voglia tutta per sé, ha otto anni e mezzo. Però le canzoni che canto le conosce tutte e le canticchia a bassa voce, le usa pure quando gioca a nomi, cose, città. Lui aggiunge “canzoni”: alla D, scrive Dove sta Zazà; alla I, Io mammeta e tu».
E se in tv bacia un collega?
«Arriccia il naso... Pure se mi vede un po’ scollata».
Con il padre, Davide Devenuto, vi siete sposati due anni fa, dopo una lunga convivenza.
«Sì, il 17 giugno! Abbiamo fatto un rito civile alle Terme di Caracalla, eravamo in 14: genitori e fratelli. Davide indossava una giacca pantaloni di lino con t-shirt e scarpe da tennis, io avevo un vestitino bianco al ginocchio, mi ero truccata e pettinata da sola. Il giorno dopo abbiamo mandato la foto con le fedi al dito al resto dei familiari e degli amici. Solo una si è offesa».
Non scatta mai la competizione con suo marito?
«Zero proprio, non è una dinamica che ci appartiene. Lui è un uomo risolto, intelligente, ha mille cose da fare. Abbiamo la nostra società di produzione che ha coprodotto Mina Settembre e lo spettacolo teatrale: tanti progetti miei sono diventati nostri».
C’è un personaggio al quale è più legata?
«Beh, a Mina Settembre voglio bene, è una brava persona. In tre stagioni ha avuto un’evoluzione psicologica. Quando lei era incinta mi sono ricordata la stanchezza di quando aspettavo Diego, il mal di schiena, la postura...».
Anche lei, come Mina, ha un cappotto rosso?
«Sì, ma non lo uso più. Quando lo indossavo a Napoli era come accendere un faro».
Nel «Treno dei bambini» ha interpretato la mamma di un piccolo che nel Dopoguerra venne mandato in Emilia per trascorrere l’estate da un’altra famiglia.
«Mia nonna Concetta salì su quel treno. Pure a quella mamma ho voluto bene: lasciò partire il figlio tenendo per sé sofferenza e dolore».
Il personaggio più lontano da lei?
«In Underbois sono la strega cattiva. Ma anche lì... Cerco sempre di tirar fuori l’umanità dei personaggi che interpreto. Pure Mia Martini era lontanissima da me, per farla mi sono dimenticata di Serena Rossi: parlavo, camminavo, ridevo come lei».
A ogni Sanremo si parla di lei come possibile co-conduttrice, e puntualmente l’indiscrezione viene disattesa.
«Ma io non so come venga fuori questa cosa, non certo da noi! Sarebbe pure da sfigati candidarsi... Da una parte mi fa piacere, perché vuol dire che i suoi colleghi e il pubblico pensano che sia il palco giusto per me. In effetti lì mi sento a mio agio, più spaventa gli altri e più mi diverto».
Anni fa condusse «Detto fatto». Non le viene voglia di tornare all’intrattenimento?
«Spesso mi arrivano proposte, ma non penso sia la cosa giusta per me. Preferisco fare cose diverse, come le serate evento con Roberto Bolle, dove posso portare il mio valore aggiunto, senza mettermi a fare cose nelle quali altre sarebbero più brave di me».
Venezia ha ceduto al politically correct e ha bandito la Madrina: da quest’anno alla Mostra del Cinema ci sarà la «conduttrice», o forse il «conduttore».
«Io lo sono stata nel 2021 e la parola madrina non mi offendeva, né mi faceva sentire sminuita. Ho avuto la possibilità di parlare di temi importanti, come delle madri afghane, e non è stato solo un gioco a indossare vestiti bellissimi. Che poi, pure la moda è arte... I film li guardavo la mattina con Davide, sgattaiolando dalle porte sul retro. Non è il nome a definire il ruolo. Puoi essere una brava presentatrice e fare male a Venezia».
Ha visto J-Lo e Ben Affleck? Fu protagonista di una scena imbarazzante, quando lui la baciò davanti ai suoi occhi proprio mentre la stava salutando.
«Eh, ma io lo sapevo che si sarebbero lasciati. Quando c’è bisogno di fare le effusioni in pubblico qualcosa non torna. Io non pomicio con Davide davanti agli altri!».
In futuro si vede regista?
«Non subito, ma mi dicono tutti che prima o poi succederà, perché sono leader... Non lo voglio fare sull’onda delle colleghe bravissime che si sono misurate: Cortellesi, Scarano, Golino. Loro sentivano un’urgenza che io non ho».
Procede «spesa sospesa», l’iniziativa nata durante il Covid per portare beni di prima necessità agli indigenti?
«Sì, va avanti. Per quell’iniziativa Davide e Francesco Lasaponara sono diventati Cavalieri della Repubblica».
E ora lei collabora con il World Food Programme.
«È un po’ una prosecuzione a livello internazionale della spesa sospesa. Ho sposato la causa del Sudan, nei miei spettacoli ci sono dei volontari che distribuiscono materiale informativo e appena possibile andrò io stessa a portare aiuti nei corridoi umanitari».
Il procuratore capo di Napoli, Nicola Gratteri, pensa che film o serie tv come Gomorra suggestionino negativamente gli adolescenti. E lei?
«No. Allora cosa dire di film che hanno fatto la storia del cinema come Il Padrino? Penso invece che Gomorra e simili raccontino una Napoli che esiste, così come esiste quella di Mina Settembre. È inutile nascondere la testa sotto la sabbia. Poi magari non è il mio genere e non me lo vedo, ma riconosco il valore portato all’intera filiera del settore. Una persona si forma nel contesto in cui vive, non credo che una serie tv possa trasformare dei bambini in delinquenti».
Da mamma di un maschio, non la spaventano i femminicidi commessi da giovanissimi, come quello di Martina?
«Sì. Mi sono subito chiesta: ma questo ragazzo non aveva visto i tg quando si parlava di Giulia Cecchettin? Credo che in casa oggi si tenda a essere iper protettivi e si faccia fatica a parlare di emozioni. Nel nostro piccolo cerchiamo di essere aperti con Diego, di coinvolgerlo nelle decisioni, anche se poi ovviamente le prendiamo noi».
Qual è la cosa più rischiosa fatta senza controfigura?
«Mi sono buttata in un fiume gelato di notte con una corrente fortissima: non avevo calcolato che non era come la spiaggia. Per contratto chiedo la controfigura nelle scene di nudo e di sesso».
E se la chiama Sorrentino?
«Vabbe’, poi se ne parla...».