Corriere della Sera, 10 giugno 2025
La fabbrica della musica, concerti e live spingono il Pil: in Italia valgono 4,5 miliardi
Sono solo canzonette, cantava Edoardo Bennato la bellezza di 45 anni fa. Col senno di poi, oggi probabilmente cambierebbe idea. Quelle canzonette, se eseguite dal vivo davanti a un congruo pubblico pagante, possono cambiare radicalmente l’economia di un territorio. Una cifra su tutte: nel 2024, l’indotto totale per l’intero settore dei concerti dal vivo in Italia è stato di circa 4,5 miliardi di euro. Lo dice uno studio del dipartimento Economia e Management dell’Università di Pisa, commissionato da Assoconcerti, chiarendo subito le motivazioni: «I concerti rappresentano non solo manifestazioni artistiche, ma anche eventi socio-economici di rilievo, capaci di attrarre pubblico locale e internazionale e generare benefici per diversi settori economici, come l’ospitalità, la ristorazione, i trasporti e il commercio». Mica poco.
Stagione intensa
Se la lunga estate della musica live e open air è stata inaugurata dall’indistruttibile Vasco Rossi, che da Torino a Firenze passando per Bologna, Napoli e Messina sbarcherà trionfalmente all’Olimpico di Roma, dodici date da 60 mila spettatori a botta, e proseguirà con festival come Firenze Rocks, rassegne come Lucca Summer, concerti spot come Bruce Springsteen nell’adorato San Siro, già si possono cominciare a fare quattro conti della serva: se il Centro Studi di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza ha stimato lo scorso anno un indotto economico complessivo di quasi 180 milioni di euro per la doppia data milanese di Taylor Swift, la calata delle stelle straniere (e pure di quelle italiane) nelle arene del nostro Paese potrebbero muovere cifre persino superiori a quelle già monstre del 2024.
Il caso Firenze
«Siamo un’industria a tutti gli effetti, creiamo posti di lavoro e benessere per il territorio»: Roberto De Luca, presidente della sezione italiana di Live Nation, qualcosa come 20 mila concerti e 2 mila artisti in giro per il mondo, ha un ruolo importante nella creazione di un fatturato record come quello della musica dal vivo. E ha una passione: «I festival. Il desiderio principale di un promoter, credo io, è sempre quello di organizzare un festival perché in quel caso si sente un po’ artista, un po’ creativo, perché il promoter tendenzialmente viene considerato un artista fallito…». E la creatura che sente più «sua» è Firenze Rocks, che – con l’inevitabile sosta dovuta al Covid – dal 2017 porta artisti di grido, e quattrini, nel capoluogo toscano. «Sa quanto abbiamo generato di ricaduta economica sul territorio, nelle ultime edizioni? Qualcosa come 40 milioni di euro l’anno, 33 per la sola Firenze».
L’indotto
Come quantifica queste cifre? «Andando a vedere quanto spende per vivere nella città chi arriva con un biglietto in tasca. In particolare per chi arriva dall’estero: abbiamo quantificato in 15 mila persone il pubblico internazionale arrivato lo scorso anno a Milano per vedere i Coldplay, e questi 15 mila hanno visitato la città, fatto acquisti, mangiato, dormito…». In realtà, quindi, chi incassa sono commercianti e albergatori. «Chiaro che aumenta il benessere di alcune categorie, ma è verosimile che poi quelle stesse persone possano spendere di più a loro volta, facendo girare l’economia. Quanto alle amministrazioni comunali, i nostri studi dimostrano come chi si sposta per un concerto, soprattutto dall’estero, poi in realtà ne approfitta e si ferma 3-4 giorni per visitare la città, i suoi monumenti… e paga la tassa di soggiorno».
Il ruolo di Comuni e regioni
Le amministrazioni se ne accorgono? «Certo che se ne accorgono. Capisco che hanno già i loro problemi a far quadrare i bilanci comunali, quindi non chiedo di contribuire alla nostra attività. Però avrebbero un grande potere, quello di agevolarci. Invece in Italia la burocrazia ti blocca anche se c’è da spostare una siepe di un metro. Un esempio: a Firenze quest’anno volevamo fare un camping, duecento tende come si conviene a un vero festival. Ovviamente non un camping da roulotte e furgoni: diciamo un “camping five stars”, con tutto tirato a puntino. Risposta: niente da fare. Amen, ci riproveremo. Però una cosa vorrei: che le amministrazioni fossero più sensibili e pronte a recepire questo tipo di messaggio». E perché dovrebbero? «Vorrei dire perché facciamo cultura. Ma so che questo ragionamento purtroppo non attacca. E allora dico: perché vi riempiamo di soldi». Argomento convincente.