corriere.it, 10 giugno 2025
«Kabul presto senz’acqua», l’allerta delle ong
Kabul rischia di diventare la prima città moderna a rimanere senza acqua. A dirlo, il rapporto di una ong secondo cui i 7 milioni di abitanti della capitale afghana sono a rischio di una nuova catastrofe umanitaria.
Nel report stilato dalla Mercy Corps, si legge come negli ultimi dieci anni i livelli dell’acqua nelle falde acquifere di Kabul siano scesi fino a 30 metri a causa della rapida urbanizzazione e del degrado climatico. Nel frattempo, quasi la metà dei pozzi della città – la principale fonte di acqua potabile per i residenti di Kabul – si è prosciugata. Se questa tendenza dovesse continuare, tutte le falde acquifere di Kabul si prosciugheranno entro il 2030. «Dovremmo impegnarci a documentare meglio la situazione e a richiamare l’attenzione internazionale sulla necessità di affrontare la crisi», ha dichiarato Dayne Curry, direttore nazionale di Mercy Corps Afghanistan.
Il rapporto evidenzia anche la contaminazione delle acque come altra criticità. Fino all’80 per cento delle acque di Kabul era considerato insalubre con alti livelli di liquami, salinità e arsenico. Ecco perché l’approvvigionamento idrico è diventato una lotta quotidiana per gli abitanti di Kabul. Alcune famiglie spendono fino al 30% del loro reddito per l’acqua e più di due terzi hanno contratto debiti legati a questo problema.
Ad approfittarsene alcune aziende private che scavano nuovi pozzi ed estraggono grandi quantità di acqua di falda pubblica, per poi rivenderla ai residenti della città a prezzi gonfiati. «Prima pagavamo 500 afghani (5,30 sterline) ogni 10 giorni per riempire le nostre taniche dalle cisterne. Ora, la stessa quantità d’acqua ci costa 1.000 afghani», spiega una residente di Kabul, Nazifa, al Guardian. «La situazione è peggiorata nelle ultime due settimane. Temiamo che diventerà ancora più cara». La crescita di Kabul, che nel 2001 contava meno di un milione di abitanti, ha trasformato drasticamente la domanda di acqua. La mancanza di una governance e di una regolamentazione centralizzate ha ulteriormente perpetuato il problema nel corso dei decenni.
All’inizio del 2025, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari ha annunciato che i suoi partner hanno ricevuto 8,4 miloni di dollari dei 264 necessari per attuare i programmi previsti per l’acqua e i servizi igienico-sanitari in Afghanistan. Ulteriori 3 miliardi di dollari di finanziamenti internazionali per l’acqua e i servizi igienico-sanitari sono stati congelati dal ritorno al potere dei talebani nell’agosto 2021. La recente decisione degli Stati Uniti di tagliare l’80 per cento dei finanziamenti USAID ha aggravato la crisi.
L’oleodotto del fiume Panshir è un progetto che, se completato, potrebbe alleviare l’eccessiva dipendenza della città dalle falde acquifere e fornire acqua potabile a 2 milioni di residenti. Le fasi di progettazione sono state completate alla fine del 2024 e sono in attesa dell’approvazione del bilancio, con il governo alla ricerca di ulteriori investitori per integrare il costo di 170 milioni di dollari. «Ma non abbiamo tempo di stare lì ad aspettare i bilanci. Siamo intrappolati in una tempesta da cui non ci sarà ritorno se non agiamo immediatamente», spiega Najibullah Sadid, ricercatore senior in gestione delle risorse idriche. «A Kabul si trovano in una situazione in cui devono scegliere tra cibo e acqua».