la Repubblica, 10 giugno 2025
“Accetto la sfida e suono Chopin sui social”
Grazie al suo canale YouTube da un milione e mezzo di iscritti ha ottenuto visibilità globale come pianista-compositore (con laurea in ingegneria) che si muove tra classica, jazz, minimalismo. Ma dopo la partecipazione al Concorso “Chopin” di Varsavia, il giapponese Cateen (questo il suo alias da YouTuber) è pure diventato una stella del concertismo, che nelle grandi sale della classica si presenta con il nome autentico, Hayato Sumino. In Italia debutta al Festival dei Due Mondi di Spoleto il 10 luglio, vigilia del suo trentesimo compleanno, per zigzagare al piano attraverso Chopin, Bach, Liszt, Gulda e pezzi suoi – compresa la fortunata trascrizione del “Boléro” di Ravel. «Punto a creare un percorso narrativo che metta in mostra l’evoluzione della musica pianistica evidenziando i legami fra tradizione e innovazione», dice Sumino, molto attivo anche su TikTok, Instagram e Facebook, dove si può ascoltare, oltre che nel prediletto Chopin, impegnato a ideare variazioni estrose e via via più pirotecniche sulle melodie diHappy birthday, della Marcia turca,diTwinkle, twinkle, e a suonare l ’Appassionata di Beethoven su un pianino giocattolo.
Com’è nato lo youtuber Cateen?
«Ho cominciato per hobby durante l’adolescenza: suonavo e arrangiavo qualsiasi cosa mi piacesse. Nel 2018 la vittoria del Ptna, uno dei maggiori concorsi giapponesi, mi ha spinto a concentrarmi più seriamente sulla musica. E un paio di anni dopo ho preso a dedicare molto più tempo anche alla creazione di contenuti per YouTube. Non mi aspettavo che sarebbe diventata una cosa così grossa».
Dal successo in rete ai live, in che modo è avvenuto il salto?
«L’essere Cateen mi consente di esplorare e condividere musica in maniera più sperimentale. Una presenza online che mi ha dato riconoscibilità. E l’aver partecipato ai concorsi pianistici importanti, come lo “Chopin” a Varsavia nel ’21, ha contribuito a sancire la mia credibilità nel mondo della musica classica. Se oggi ho scritture per concerti, lo devo sia al web sia ai concorsi».
Una volta ha dichiarato: “Gershwin era divertente, ma non quanto Chopin”. E ancora: “Il mio Chopin potrebbe essere troppo jazzistico, e non è un bene”.
«Sono frasi di quattro anni fa, ora non le direi più, perché è difficile stabilire quale compositore sia più divertente da suonare. All’epoca il mio insegnante mi faceva notare spesso che il modo in cui usavo il corpo era troppo orientato a uno stile jazz, perciò pensavo che non siaddicesse alla musica di Chopin.
Adesso però comprendo che tutto quanto ho sperimentato nella vita influenza inevitabilmente come suono. Quindi quel che oggi più conta per me è che la musica risulti naturale, organica».
Lei ha anche detto che nelrepertorio classico l’aspirazione a incarnare la volontà del compositore non è la direzione giusta, bisogna fare qualcosa di nuovo. Che cosa?
«Non volevo intendere che l’interprete debba distorcere i grandi autori. Tuttavia, comecompositore e improvvisatore, capisco che l’intenzione di un compositore non è qualcosa di inalterabile. Credo che gli interpreti debbano impegnarsi creativamente e chiedersi: come posso esprimere l’essenza e la bellezza di questo pezzo in modo più avvincente? Questo significa “interpretare”. L’ideale sarebbe offrire performance che, se l’autore potesse ascoltarle, lo porterebbero a dire: ‘Ah, non ci avevo pensato, ma è interessante!’».
Nell’era della comunicazione rapida e frammentata, quanto ancora può reggere il format tradizionale del concerto classico?
«La ridotta capacità di attenzione è una sfida seria per la musica classica: oggi anche un pezzo di cinque minuti viene considerato troppo lungo, sulle piattaforme di streaming e sui social media solo i contenuti dall’impatto rapido raggiungono un pubblico più ampio. Ma questo trasmette solo il fascino superficiale della musica.
Ecco perché dedico molto tempo ai recital. Il nostro ruolo di musicisti è accendere la curiosità del pubblico, mostrandogli che c’è un mondo affascinante che aspetta solo di essere esplorato più a fondo».