Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  giugno 10 Martedì calendario

Paragon, l’esperto di cybersicurezza di Haaretz: “Ancora più grave se dietro ci fosse uno Stato terzo”

Mentre ieri rimbalzavano sui giornali internazionali le ultime dichiarazioni di Paragon a proposito del caso dello spionaggio del telefono di Francesco Cancellato, pubblicate dal quotidiano Haaretz, Benjamin Netanyahu ha trovato il tempo di fare un post sulla questione. Su X, il premier israeliano ha condiviso la registrazione di una trasmissione d’inchiesta del Canale 11 israeliano che, in un’ora di puntata, ricostruiva la vicenda dello spionaggio del direttore di Fanpage, raccontando anche le origini della società e la provenienza dei suoi fondatori. Netanyahu ha accompagnato il post con una frase esoterica: “Vedere non è credere”, ma per un utente israeliano non aveva bisogno di spiegare cosa intendesse dire.
La società Paragon, fondata da ex generali dell’esercito di Tel Aviv e in particolare dal rivale politico Ehud Barak, per Netanyahu è l’incarnazione di tutto quello che ha combattuto nella sua carriera politica: il vecchio “establishment liberal” della Difesa, o il “deep State” come non ha timore a dire, che ha sempre cercato di ostacolare i suoi progetti politici opponendo regole e questioni etiche. Già in passato, Netanyahu e i suoi alleati hanno accusato la società di cybersicurezza israeliana, di recente venduta a un gruppo di investimento statunitense, di mettere a rischio gli interessi di Israele vendendo i asset di intelligence all’estero, seppure a consolidate democrazie occidentali come gli Stati Uniti o i membri dell’Ue. Netanyahu non riservò le stesse critiche quando uno scandalo peggiore affondò la società dei suoi amici di Nso Group, e il loro trojan Pegasus usato per spiare illegalmente molti giornalisti europei. Oggi, il governo di Gerusalemme non ha interesse a difendere Paragon, e per questo i fondatori della cybercompany parlano con il quotidiano di sinistra Haaretz. La loro versione, ribadita ieri sul quotidiano di Tel Aviv, dice che è stata Paragon a interrompere i rapporti con il governo italiano dopo che Roma aveva rifiutato di seguire il loro metodo per andare a fondo nella ricerca dell’origine dello spionaggio del telefono del giornalista Cancellato.
LEGGI – Paragon: “Chi spia i cronisti? Al governo non interessa”
“L’azienda ha offerto al governo e al Parlamento italiano un modo per determinare se il suo sistema fosse stato usato contro il giornalista in violazione della legge italiana e dei termini contrattuali. Poiché le autorità italiane hanno scelto di non procedere con questa soluzione, Paragon ha risolto i suoi contratti in Italia”, ha dichiarato ieri una fonte anonima dell’azienda (ora americana) a Omer Benjakob, esperto di cybersicurezza di Haaretz e autore degli scoop su Paragon in Israele. Benjakob ha letto ieri la risposta del Copasir con lo stesso stupore riferito dalla nota d’agenzia diffusa dal Comitato della sicurezza: “La cosa che mi colpisce in questa vicenda è che continuino a opporre tesi contrastanti. Nessuno dei due attori si risolve a di smentire semplicemente l’altro, ma ci tengono a rivendicare di avere ragione”. Per interessi diversi, evidentemente. Ma il giornalista è convinto che l’attenzione vada focalizzata su un altro punto: non tanto sulla cronologia della rottura del contratto tra Paragon e Roma, ma sull’identità dell’attore che ha infettato il telefono del direttore di Fanpage con lo spyware Graphite: “Il punto è che l’Italia ha ancora per scoprire chi è stato a introdurre quel software in quel telefono. La società Paragon mi ha chiarito di aver offerto un metodo per accertarsene. Non vedo perché si dovrebbe rifiutare. Ora, se il governo italiano e il vostro Comitato per la sicurezza hanno ragione, allora dobbiamo concludere che sia stato qualcun altro, un attore terzo a spiare Cancellato. E credo che allora sarebbe di estremo interesse per il vostro Paese sapere se c’è uno Stato estero che spia i vostri giornalisti”.