La Stampa, 9 giugno 2025
Il paradosso della longevità: viviamo sempre più a lungo ma ci ammaliamo prima
Abbiamo ripreso a vivere più a lungo, ma passiamo sempre più anni dovendo fare i conti con la salute malconcia. È il paradosso del “malinvecchiamento” degli italiani, certificato dall’ultimo rapporto Istat su dati del 2024. E se non ci sarà un’inversione di tendenza, il nostro già sofferente Servizio sanitario nazionale rischia di andare completamente in default, se è vero che secondo i calcoli della Ragioneria generale dello Stato i sempre più numerosi ultraottantenni, nell’arco dei prossimi 45 anni, raddoppieranno i costi per cure e assistenza, finendo per assorbire da soli circa un terzo dell’intera spesa sanitaria. E senza guardare troppo in là, secondo l’Ocse, a causa dell’invecchiamento, già nel 2040 la spesa sanitaria salirà di un punto e mezzo di Pil: che tradotto fanno 33 miliardi in più, ai quali bisognerà poi aggiungere i costi dell’inflazione.
Ma partiamo dallo stato di salute della terza età. La notizia buona è che, dopo lo stop pandemico, l’aspettativa di vita ha ripreso a crescere portandosi a 81,4 anni per gli uomini, che è il record di sempre, mentre le donne hanno toccato quota 85,5. Il rovescio della medaglia è che gli anni in buona salute sono sempre meno: scendono a 59,8 per gli uomini e a 56,6 per le donne. Complessivamente un balzo indietro di 1,3 anni in un solo anno, che fa prevedere 28,9 anni in cattiva salute per le donne e 24,6 per gli uomini.
La solitudine degli over 65
E non ci sono solo le malattie a rabbuiare il futuro dei nostri anziani. Sempre l’Istat prevede infatti che, da qui a 20 anni, il 40% degli over 65 vivrà da solo, senza nessuno a fare da supporto nelle normali cose domestiche, ma anche ad aiutare a prendere regolarmente le medicine o a ricordare quando fare un controllo. E sì che di cure ce ne sarà sempre più bisogno. Tutte le patologie croniche più diffuse, come scompenso cardiaco, insufficienza respiratoria e diabete, sono destinate ad aumentare, e così i tumori, trascinandosi dietro terapie sempre più efficaci e personalizzate ma dai costi proibitivi di decine, se non centinaia, di migliaia di euro a ciclo.
Secondo l’Airtum, l’associazione dei Registri tumori, l’incidenza passa infatti da circa 750 casi per 100 mila abitanti nella fascia 55-59 anni a 2.200 in quella 80-84 anni, triplicando il rischio con l’avanzare dell’età. E se oggi gli over 85 rappresentano il 3,8% della popolazione, nel 2050 saranno il 7,2%, mentre il 34,5% degli italiani avrà varcato la soglia dei 65 anni.
Cambiamenti demografici ai quali il nostro sistema sanitario non sembra ancora adeguarsi. Non solo perché, secondo uno studio del Cergas Bocconi, il 42% dei quattro milioni di non autosufficienti non riceve alcuna forma di assistenza, ma anche per via del fatto che gli stessi modelli di ricerca dimenticano coloro che dei nuovi farmaci saranno poi i primi consumatori, ossia gli anziani. «Nonostante rappresentino il 42% della popolazione oncologica, nei trial clinici con i quali si sperimentano le nuove terapie solo il 24% dei partecipanti ha più di 70 anni e anche i protocolli di cura non sono tarati sulle comorbilità e le fragilità tipiche dell’età avanzata», denuncia il professor Lorenzo Palleschi, presidente della Sigot, l’associazione geriatri ospedalieri.
Il problema delle risorse
Tarati o meno sulla terza età, resta il fatto che farmaci e accertamenti assorbono sempre più risorse con l’avanzare dell’età, tanto che la spesa per gli over 65 è tre volte tanto quella addebitabile agli under 65. Come uscire dal sacco lo va dicendo da tempo il professor Francesco Longo, direttore dell’Osservatorio del Cergas Bocconi: «Tra indennità di accompagnamento, servizi domiciliari, residenziali e semiresidenziali oggi lo Stato spende per l’assistenza socio-sanitaria 15,5 miliardi l’anno, che sommati alla spesa privata arrivano a 25,7 miliardi. Una frammentazione – spiega – che dovrebbe essere superata da un unico Servizio nazionale per gli anziani non autosufficienti, che assorba al suo interno anche larga parte delle badanti, da assumere come operatrici socio-sanitarie, opportunamente formate». Un sistema che in Germania ha funzionato senza costi aggiuntivi per la collettività.