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 2025  giugno 09 Lunedì calendario

Così Google censura l’inchiesta sul gioco d’azzardo in Europa

Il 6 marzo scorso il consorzio di giornalisti Investigate Europe (IE) ha pubblicato, insieme a tanti partner tra cui Il Fatto Quotidiano, un’inchiesta sul gioco d’azzardo intorno alla società Soft2Bet e ai suoi centinaia di siti illegali, di cui 70 solo in Italia. Pochi giorni dopo Google ha ricevuto una raffica di denunce per violazione del copyright e ha oscurato gli articoli, uno dopo l’altro. Anche se le denunce erano tutte false. “È successo all’improvviso, abbiamo ricevuto un avviso da Google: il nostro articolo sarebbe stato rimosso dai risultati di ricerca per violazione del copyright. Impossibile sapere chi c’era dietro. Google avrebbe rivelato l’identità dei querelanti solo alle autorità giudiziarie”. A parlare è la giornalista Eurydice Bersi, da Atene, vittima insieme al suo consorzio greco Reporters United della censura di Google.
Uno dopo l’altro si è scoperto che molti partner di Investigate Europe non avevano più il link all’articolo dai risultati di ricerca di Google. Scomparsi o sostituiti con articoli molto positivi verso Soft2Bet o, ancora peggio, da pagine a pagamento, come è successo a Delfi. Il quotidiano estone, 6 giorni prima di ricevere la notifica di rimozione dell’articolo, ha visto spuntare una pagina pubblicitaria su Soft2bet. Risultato: chiunque cercava su Google l’inchiesta sulla società di scommesse, trovava solo l’articolo positivo a pagamento. Al Fatto non risultano alterazioni nei risultati di ricerca.
Google ha ricevuto 50 denunce infondate per cancellare gli articoli dal suo motore di ricerca. Ma il colosso di Mountain View non ha correttamente controllato se quelle richieste di cancellazione fossero legali: le ha eseguite alla cieca basandosi sul Digital millennium copyright act (Dmca) statunitense, una legge pensata per proteggere i titolari dei diritti d’autore, ma sempre più spesso utilizzata per mettere a tacere i giornalisti. “È davvero preoccupante come sfruttano i sistemi di protezione del copyright per censurare la stampa online, questo è davvero preoccupante”, dice Tiemo Wölken, l’eurodeputato socialista tedesco che ha contribuito a definire la normativa Ue sulle piattaforme online. In base alla legge americana inviare una denuncia a Google è molto semplice: basta riempire un formulario dove accanto al proprio indirizzo online (seppur falso) – l’Url – si aggiunge quello della testata online che si vuole attaccare, accompagnando il tutto da una breve descrizione. È il caso di 39 delle denunce sull’inchiesta di IE, provenienti da misteriosi ricorrenti che si sono spacciati per Investigate Europe, usando il suo indirizzo Url e affermando che i suoi media partner stavano violando l’articolo originale. Gli altri hanno usato la piattaforma Tumblr, che permette di pubblicare un contenuto con qualunque data, per retrodatare articoli critici su Soft2Bet e poi presentare reclami a Google sostenendo che quei post erano il contenuto originale, mentre gli articoli postdatati del consorzio europeo, erano la copia da cancellare. Una volta deindicizzati gli articoli originali, hanno cancellato le pagine Tumblr.
“Si tratta di tattiche relativamente poco sofisticate ma molto efficaci”, ha affermato Aljosa Ajanovic, di Edri, la rete europea per i diritti digitali. “Sta diventando una pratica comune contro quel giornalismo che prende di mira settori non regolamentati, frodi o criminalità organizzata. E le grandi piattaforme tecnologiche, con la loro inazione e opacità, sono diventate dei facilitatori”.
Dal canto suo Google non sembra scomporsi molto. “Combattiamo attivamente i tentativi fraudolenti di rimozione utilizzando una combinazione di revisioni automatizzate e umane per individuare segnali di abuso”, ha detto una portavoce di Google a Investigate Europe. Che significa affidarsi all’Intelligenza artificiale e ai filtri automatici. “Coloro che sono oggetto di reclami fasulli – ha aggiunto Google– possono presentare contro-notifiche affinché noi procediamo a una nuova revisione”. Una risposata che l’eurodeputato tedesco Wölken trova insoddisfacente: “Questi sistemi non sono chiaramente all’altezza del compito. Commettono errori e la libertà di parola e di stampa ne risentono”.
Google sa quello che succede, dice l’esperto digitale Ajanovic: “Ha la capacità e le risorse per verificare le richieste di rimozione prima di agire, stabilire regole eque e chiare per presentare ricorso contro le rimozioni e intraprendere azioni contro gli abusi e gli usi fraudolenti. Il fatto che scelga di non farlo, soprattutto di fronte ad abusi sistematici e documentati nei confronti dei giornalisti, è un fallimento politico, non un limite tecnico”.
Intanto le controdenunce presentate dalle testate partner di IE per reindicizzare gli articoli non sono servite: sono state subito presentate altre denunce false. Le notifiche Dmca inviate a Google sono pubblicate da Lumen Database, un aggregatore di parti terze, ma il mittente spesso resta anonimo. E Google, nelle notifiche inviate ai media europei, ha spiegato che avrebbe rivelato l’identità dei querelanti solo alle autorità giudiziarie. Ma cominciare una causa contro il colosso Usa non è semplice.