corriere.it, 8 giugno 2025
Dimissioni, non più solo le mamme: oltre 18 mila papà hanno lasciato il lavoro per crescere i figli
Dopo le mamme, ora aumentano i papà disposti (o costretti) a lasciare il lavoro per poter crescere i figli. Il fenomeno delle dimissioni dei genitori lavoratori resta un rebus mai risolto in Italia e a dimostrarlo sono gli ultimi dati 2023-2024 dell’Inl, l’Ispettorato del lavoro. Un’indagine che evidenzia come dei 61 mila lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni nel biennio, per il 70% si tratta di madri e per quasi il 30% di padri (più di 18 mila). Un segno di quanto lavoro e famiglia siano sfere della vita ancora difficilmente conciliabili in Italia.
Le differenze di genere e le difficoltà dei genitori
I numeri del report sono impietosi. Analizzando il fenomeno delle convalide delle dimissioni 2023, la classe di età più rilevante è infatti quella tra i 34 ed i 44 anni. I più colpiti sono i genitori con un figlio, seguiti dai genitori con due figli ed infine da genitori con più di due figli. Il tema delle motivazioni presenta comunque importanti differenze di genere: la maggioranza delle lavoratrici madri ha collegato la difficoltà nella conciliazione all’assenza di servizi (il 45,2% nel 2023, il 47,5% nel 2024). Nel complesso la difficoltà di cura rappresenta nel 2023 il 74,7% delle convalide, valore che è passato al 77,5% nel 2024. Per i lavoratori padri invece la motivazione principale di recesso è di carattere professionale, ovvero per passaggio ad altra azienda (66,6% nel 2024) mentre la cura dei figli è al secondo posto ed è citata nel 21,1% dei casi per il 2024. La quota era del 16,7% nel 2023.
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Si legge nel report: «Nelle due annualità di riferimento il dato che rimane costante è la prevalenza di coppie con un figlio e l’età del figlio sino ad 1 anno – limite entro cui, per norma, vige il divieto di licenziamento. La concentrazione delle convalide su queste tipologie, associate alla prevalenza femminile delle convalide rese sul totale, conferma come la fase più critica per restare nel mercato del lavoro per le donne continui ad essere proprio entro il primo anno dalla nascita del figlio».
Il nodo asili: aumentano i posti ma non sono abbastanza
A incidere sulle dimissioni sono certamente i servizi per l’infanzia che non riescono a rispondere alle esigenze dei genitori lavoratori. Un gap che risulta evidente leggendo il nuovo report dell’Università Ca’ Foscari Venezia sui servizi educativi per la prima infanzia (fascia 0-3 anni). Nell’anno 2022/2023, le unità di offerta censite sul territorio nazionale hanno superato le 14mila unità. Si tratta di un incremento dei posti complessivi (pubblici e privati) del 4,5% rispetto all’anno educativo precedente comunque insufficiente per soddisfare la domanda.
Quasi sei strutture su dieci (59,5%) dichiarano di avere bambini in lista d’attesa, un dato in aumento rispetto al 56,3% rilevato nell’anno precedente. Si legge: «Le difficoltà a soddisfare tutte le richieste risultano più marcate nei servizi del settore pubblico: il 68,9% dichiara di avere domande inevase, quota che sale al 73,3% per le unità di offerta pubbliche del Nord. Anche nel settore privato si registrano liste d’attesa, sebbene con minore frequenza: 54% per i servizi privati tout court e 53,7% per quelli convenzionati».