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 2025  giugno 07 Sabato calendario

Intervista a Marco Presta e Antonello Dose

La tana dei conigli è nello storico palazzo della Rai in Via Asiago, corridoio con foto dei conduttori storici. Ci sono anche Antonello Dose e Marco Presta, giovani e pieni di speranze. Eccola, la coppia inseparabile che da trent’anni (ottobre 1995) conduce su Radio 2Il ruggito del coniglio : più che un programma, una community. Sono amici da quando erano adolescenti. Presta, romano, 63 anni, sposato con Marina, due figli, Giacomo e Caterina, è «il fumantino»; Dose, friulano di Palmanova, arrivato a Roma da piccolo, 63 anni da compiere il 2 luglio, unito civilmente con Fabrizio, il saggio. «Marco è il mattatore: potrei addormentarmi, andrebbe avanti».
Come vi siete conosciuti?
Presta: «In una parrocchia di Roma sud, San Policarpo, dove le nostre sorelle erano catechiste. Don Sisto ci permetteva di fare spettacoli. Tutto è cominciato lì.
Siamo diversissimi, e questo crea una sorta di curiosa armonia.
Lanciamo un messaggio di speranza: la diversità unisce».
Dose: «Le differenze sono sempre un’occasione. Siamo un po’ Vianello e Mondaini, c’è un legame antico.
Lui vede più me che sua moglie».
Fate le vacanze insieme?
D: «Mai. Nel tempo libero, disintossicazione reciproca».
P: «Lui è un viaggiatore. Io arrivo a Viterbo e mi sento perso».
Come nasce il titolo del programma?
P: «Era l’ossimoro perfetto, anche per la natura della trasmissione.
Siamo tutti un po’ conigli, noi persone comuni. La radio, con le telefonate, ti permette di ruggire».
Negli anni sono successe le cose più incredibili. Vogliamo ricordarle?
P: «La telefonata dell’autista che guidava un carro funebre, quella del chirurgo prima di un intervento, della signora che entrava in sala parto. La radio è il mezzo più veloce e immediato.
Crea un rapporto realmente affettivo, nasce una sorta di parentela, una cuginanza».
D: «L’affetto si traduce in cibo: il ciauscolo la mattina è una sfida».
Come si crea il clima?
P: «C’è un grande lavoro dietro, in studio e in redazione. Siamo tanto aiutati dal Paese e dal nostro esecutivo. Parlare di Salvini è più facile che parlare di Pertini».
D: «Scartabelliamo siti e notizie.
Lo abbiamo fatto anche nel periodo in cui sembrava che saremmo morti tutti: che banco di prova il covid».
P: «La radio era una missione.
Vero servizio pubblico».
La giornata tipo?
P: «Arriviamo alle 6.40 in evidente stato confusionale».
D: «Io porto il thermos col caffè» (lo tira fuori dallo zaino).
Presta: «Tre orette di diretta. Si lavora alla puntata del giorno dopo, si scrivono gli sketch, riunione alle 13.15. Alle 19 altro scambio di telefonate, pensiamo alle battute di apertura come punto fisso».
C’è sempre swing: come fate?
D: «Nasce dal lavoro, dal gioco dirimbalzo su quello che succede».
P: «È un padel verbale con gli ascoltatori. C’è un’Italia migliore di quella che non vede l’ora di confessare che ha sei amanti».
D: «La nostra è una forma di resistenza. Non può essere tutto un villaggio turistico».
Sentite la responsabilità?
Presta: «Eccome, oggi chiunque apre bocca e gli dà fiato. Una volta la radio e la tv insegnavano a parlare e a scrivere, a migliorare il Paese. Abbiamo il dovere di non peggiorare la nostra platea».
D: «In 30 anni mai stati querelati, non vorrei dare idee… C’è la deontologia professionale, scherziamo con le notizie (vere). Poi sappiamo essere seri: per la morte di papa Francesco, avevamo in collegamento il parroco di Gaza».
Parliamo di libertà?
P: «Esistono articoli della Costituzione che la tutelano no?
Siamo liberi, ma alcune battute innervosiscono. Per una, su Ustica, a Radio 1, il capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica chiese di chiudere il programma».
D: «Una volta mi chiamò Maurizio Gasparri. Gli dissi: “Ho letto molti più libri di lei”. Lavoriamo senza tessere di partito».
Il presidente Mattarella vi ha insignito dell’onorificenza di Cavalieri della Repu bblica.
P: «Un grande onore, gli siamo grati. Lo ha fatto motu proprio, su segnalazione di una cittadina. Bellissimo. Teniamoci stretto Mattarella. Nel 2018 con i vincitori del Premio Agnes eravamoandati anche da Papa Francesco. Ero con mia moglie».
D: «Io con mio marito».
Chi dovete ringraziare?
P: «Enrico Vaime, il nostro maestro. Ci ha insegnato l’ABC, la lettura dei giornali la mattina, il gusto per la battuta, la riflessione ironica dei grandi: Marchesi, Flaiano, Zavattini. E un grazie va a Renzo Arbore. Il primo programmaChi come dove quando, non piaceva, stava per essere tagliato. Telefonò Arbore: “Chi sono questi ragazzi?
Sono bravi”. Ci salvò la vita».
Antonello, lei ha fatto coming out; nel 2017 nel libro “La rivoluzione del coniglio” ha parlato anche della sieropositività.
D: «È stato liberatorio. Non avevo la smania di far sapere i cavoli miei, siamo tutti scritti a matita diceva Vaime. Convivere con questo pensiero senza dirlo non era più possibile. Anche per incoraggiare gli altri. Sono buddista. Tutti hanno problemi, volevo far capire che si può vivere una vita allegra pur avendoli. C’erano rischi, ma ho sentito l’affetto, nessuno è felice da solo».
Ultima notizia horror?
P: «Le mamme che si sono prese a morsi per la gara dei figli in piscina».
Non pensate alla tv?
D: «L’immagine frega, le persone si distraggono: “Guarda che si è messo”».
P: «A noi piace l’umanità. In tv la gente vera non interessa, interessano i mostri: “Ho una storia con la moglie di mio fratello e ci vestiamo da ussari”».