Il Messaggero, 8 giugno 2025
Quella madre che fu modello di vita e amore
«La misura dell’amore è amare senza misura». E anche: «Una volta per tutte, ti viene imposto un breve precetto: ama e fa’ ciò che vuoi; sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene». Queste parole sono state scritte da Sant’Agostino secoli fa, ma contengono un messaggio imperituro. E su cui si incentra parte delle Confessioni, testo cardine della cultura cristiana occidentale. Amore inteso come fondamento, principio guida dell’agire umano, che consente di arrivare alla felicità, alla realizzazione, alla libertà. Amore che poi trascende la dimensione umana e si fa tramite necessario per unire ogni essere a Dio (e quindi a sé stesso), così da appartenere all’aeternitas. «Trovare sé stessi è trovare Dio».
LA FILOSOFIA
Sono riflessioni che hanno colpito personaggi di ogni epoca. Fra i tanti, nel Novecento spicca Hannah Arendt, che al “concetto di amore in Agostino” dedica la dissertazione di dottorato. Eppure, agli esordi, poco faceva immaginare quale cammino avrebbe percorso costui, destinato a divenire monaco, teologo, filosofo, vescovo di Ippona, dottore della Chiesa, santo, nonché principale rappresentante della patristica occidentale.
Nato a Tagaste – oggi Souk Ahras, in Algeria – nel 354, Agostino era sì molto versato per lo studio, ma assai inquieto. La sua adolescenza e giovinezza furono turbolente: a diciannove anni avrebbe avuto un figlio da una ragazza che non poté sposare, perché di ceto diverso dal suo. Per volere del padre, andò a studiare a Cartagine verso la fine del 370. Avvicinatosi al manicheismo, si sentiva però insoddisfatto. Il conflitto fra spirito e carne, fra ragione e sentimento, fra bene e male, lo tormentava. Si spostò a Roma. Qualche tempo dopo andò a Milano, dove aveva ottenuto la cattedra di Retorica. Lì incontrò il vescovo Ambrogio e ne ascoltò i sermoni. Le sue parole, oltre che la lettura delle Sacre Scritture e le Lettere di san Paolo, lo toccarono. Dopo tanto arrovellarsi, superò la fase del dubbio – pur necessario, secondo lui, per arrivare alla fede – e abbracciò il cristianesimo. Nel 387 ricevette quindi il battesimo, proprio da Ambrogio. Il vero cammino cominciava.
L’EDUCAZIONE
Ben prima di Ambrogio, tuttavia, un’altra figura era stata (e sarebbe rimasta) centrale per Agostino. Si trattava della madre, Monica. Nata a Tagaste nel 331 da famiglia berbera, agiata e cristiana, era istruita e aveva meditato molto la Bibbia. Aveva sposato un pagano, Patrizio, che grazie a lei si convertirà alla fine della vita. Dall’unione nacquero Agostino, Navigio e una femmina di cui non si conosce il nome. Intelligente, affettuosa, di forte personalità, Monica aveva dato ai figli un’educazione cristiana. Tanto che Agostino scriverà: «Fin dalla più tenera infanzia, il mio ancora tenero cuore aveva succhiato con il latte di mia madre il nome del mio Salvatore». E sottolineerà la natura caritatevole della donna, «devota e sottomessa» ai santi, imbevuta di spirito fraterno, ma al tempo stesso capace di essere un’ottima massaia e amministratrice della casa.
Le ribellioni del ragazzo addolorarono molto Monica, così come la rivelazione che questi aveva una concubina e un bambino. A dispiacere ulteriormente la genitrice fu la sua adesione al manicheismo. Avrebbe voluto interdirgli l’accesso in casa, tuttavia un religioso le disse che «il figlio di così tante lacrime e preghiere non poteva perire». Nel frattempo, Agostino mieteva successi in campo letterario e nella retorica. A ventinove anni, decise di andare a Roma. Sua madre voleva accompagnarlo, ma a lui non andava. E così utilizzò un escamotage poco edificante: si imbarcò di nascosto, con il favore delle tenebre, portando solo la compagna e il figlio. Monica trascorse la notte a piangere sulla tomba di san Cipriano.
A Roma, Agostino abbandonò i manichei e visse una stagione di entusiasmo per i neoplatonici. Trasferitosi a Milano, fu raggiunto nel 385 dalla genitrice, ormai vedova. Nel frattempo, la sua compagna era tornata nella terra natia. La madre gli fu vicino con la preghiera e l’esempio, accompagnandone il cammino verso la conversione e il battesimo. Lo seguì anche a Cassiciaco, vicino Milano, insieme ad alcuni amici.
I DIALOGHI
In quel luogo tranquillo, Agostino maturò parte del proprio pensiero. Molte delle riflessioni filosofiche e spirituali condivise con Monica verranno riprese nelle sue opere. Dopodiché, i due partirono. Fecero tappa a Roma, intendendo rientrare in Africa. Nell’attesa, presero una casa a Ostia.
Intensi furono allora i dialoghi fra madre e figlio, sempre raccontati nelle Confessioni. Purtroppo Monica cadde malata, forse di malaria, e in pochi giorni morì. Era il 387. Sepolta prima a Ostia, e poi molti secoli dopo a Roma, nella chiesa di Sant’Agostino, verrà venerata dalla Chiesa come Santa Monica il 27 agosto, il giorno prima del figlio. Questi, del resto, aveva detto: «A lei debbo tutto ciò che sono». Un giusto riconoscimento che molti grandi – compreso Napoleone – hanno reso nei secoli alle loro madri.