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 2025  giugno 06 Venerdì calendario

Stroncature di musicisti classici

Avete mai sentito parlare del grande Raff? No? Eppure – parola di Ciajkovskij, che ne scrive nel suo diario – Joachim Raff «è un gigante» in confronto a «quel mascalzone di Brahms», il quale, e sembra si esprima non un grande compositore dell’Ottocento ma un odierno hater, è un «bastardo privo di talento». Non basta, il padre dell’immortale sinfonia Patetica si accanisce contro il povero Johannes: «Come mi irrita che questa mediocrità da pallone gonfiato sia acclamata come genio!». Il che perlomeno ci rivela che, già nel 1886, Brahms era riconosciuto il grande che è, mentre «il gigante» Raff è caduto nell’oblio. Il povero Brahms, due anni prima, prese le legnate di un altro compositore di rango, Hugo Wolf, che a lungo perseguitò il più anziano collega: «Chiunque sia in grado di mandar giù questo Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 può attendere senza paura l’arrivo di una carestia, in quanto dimostra di godere di una digestione invidiabile». Anche Beethoven riceve la sua razione: ecco cosa scrive l’americano William Gardiner in una critica del 1837, dieci anni dopo la morte dell’autore della Nona: «Beethoven, questo genio straordinario, è stato completamente sordo negli ultimi dieci anni della sua vita, durante i quali le sue composizioni sono state caratterizzate dalla più incomprensibile ferocia. La sua immaginazione sembra essersi nutrita delle rovine dei suoi organi di senso».
Da cestinare, quindi, tutti gli ultimi quartetti, le ultime sonate per pianoforte, la Nona e la Missa Solemnis – insomma, tutti i lavori più avanzati e complessi di Beethoven. Questi giudizi, e molti altri di pari virulenza, sono stati raccolti a metà degli anni Cinquanta da Nicolas Slonimsky, curioso personaggio di espatriato russo negli Stati Uniti, compositore e critico musicale, nel libro che, per le cure di un nostro valente compositore, Carlo Boccadoro (che firma anche una postfazione), esce in prima traduzione italiana: Invettive Musicali (Adelphi, 429 pagg., 28 euro). Una vera summa dell’insulto nella musica occidentale. Diciamo insulto, e non critica, perché il taglio dei commenti è immancabilmente offensivo e violento, ma occorre precisare un paio di cose. La prima: alla luce di queste “invettive”, alcune delle quali risalgono agli albori del XIX secolo, possiamo tranquillamente affermare che la critica livorosa, l’odio a mezzo stampa, l’aggressione personale – e ne vedremo degli esempi  tutto quello che a noi sembra un portato della Rete e dei social, sono invece fenomeni antichi. Quando epiteti come «idiota», «ubriaco», «caso psicologico», «imbecille» si pubblicavano nelle recensioni o nelle corrispondenze del Times di Londra o del New York Times o di altri prestigiosi giornali, e a farne le spese erano i più grandi compositori di ogni tempo, non c’erano ancora gli haters. Evidentemente dobbiamo rassegnarci: l’insulto sanguinoso è una delle possibilità dell’umano, ineliminabile in ogni tempo.
Una critica sempre in guanti bianchi è un’utopia. Seconda considerazione: lo ammettiamo con raccapriccio ma, a giudicare da queste invettive, anche l’offesa più scomposta può lasciare un contenuto su cui riflettere. Prendiamo questa stroncatura di Debussy firmata da Alfred Mortier, correva il 1909: «La musica recente mi fa l’effetto di una mummia riccamente adornata, che però conserva l’apparenza umana solo a forza di preparati. Non è più composizione, è decomposizione. La musica di Debussy ha la grazia di una bella ragazza tubercolosa, dagli sguardi languidi e dai gesti anemici, la cui perversione ha il fascino di chi è marchiato dalla morte. Una sinfonia, un pezzo di musica, sono degli organismi. L’organismo debussiano ci ricorda le meduse, la cui sostanza traslucida prende i colori brillanti dell’iride se un raggio di sole la colpisce a fior d’acqua (…) Mi dà l’impressione di una originalità che maschera una sorta di impotenza». Ora, questa “invettiva” è in realtà, letta per così dire a rovescio, paradossalmente, una delle più penetranti e entusiasmanti analisi della musica di Debussy che abbiamo mai letto.
A volte, solo l’avversario, il nemico, conosce davvero i nostri veri pregi, benché lui li veda, o li dipinga, quali imperdonabili difetti. Odio e amore, un connubio inestricabile che vale per le relazioni sentimentali, e vale per i giudizi artistici. A proposito di relazioni, non resistiamo dal citare questa frecciata a Chopin pubblicata nel 1841 in una rivista inglese: «Esiste, al momento, una giustificazione alle malefatte di Chopin: egli è intrappolato nelle spire avvincenti di George Sand, l’arcincantatrice ugualmente celebrata per il numero e l’eccellenza delle sue relazioni e dei propri amanti. Nondimeno ci meravigliamo che ella (…) si accontenti di sprecare la propria esistenza da sogno con una nullità». artistica come Chopin».