Avvenire, 7 giugno 2025
Caritas Europa: il reddito minimo non riesce più a ridurre la povertà
La povertà continua a crescere in Europa, soprattutto tra i giovani nati in questo millennio, ma le politiche nazionali e continentali latitano in modo preoccupante.
Quasi il 90% delle Caritas europee segnala infatti che nei rispettivi Stati i sussidi messi a disposizione non sono sufficienti per coprire i bisogni di base dei cittadini, sempre più abbandonati al rischio povertà. Serve quindi in questa legislatura una direttiva quadro europea sul reddito minimo per promuovere standard vincolanti in un continente dove pochi paesi hanno adottato misure efficaci, che raggiungono cioè il 75% della popolazione in povertà, per contrastarla.
L’allarme è stato lanciato da Caritas Europa che ha presentato a Bruxelles nei giorni scorsi il rapporto dal titolo più che eloquente “Non solo sopravvivere, ma vivere bene e prosperare. Definire sistemi di reddito minimo efficaci in Europa”, realizzato con il contributo di Pietro Galeone e Michela Braga dell’Università Bocconi e di Massimo Aprea e Michele Raitano della Sapienza. L’indagine si basa sull’esperienza di 20 Caritas nazionali europee – tra cui Caritas Italiana – che raggiungono ogni anno circa 45 milioni di persone povere. Lo studio sostiene che solo cinque Paesi europei forniscono un sostegno che raggiunge almeno la del 75% della soglia di povertà nazionale. Sono Paesi Bassi, Malta, Irlanda, Danimarca e Finlandia. Irlanda, Danimarca e Finlandia garantiscono un livello adeguato di supporto a tutte le tipologie familiari, comprese le famiglie con figli. Paesi Bassi e Malta invece raggiungono questo standard solo per persone sole o coppie senza figli. Altri paesi soddisfano la soglia solo per alcune configurazioni familiari: ad esempio, Germania e Lituania per i genitori soli con due figli e coppie con figli; Lettonia e Slovenia solo per genitori soli.
Per quanto riguarda il sistema di reddito minimo in Italia, il responsabile italiano di Caritas Giulio Bertoluzza ha aggiunto che l’eliminazione del Reddito di cittadinanza con l’introduzione dell’Assegno di inclusione «ha migliorato gli sprechi, ma anche ridotto i criteri di accesso con l’esclusione di diverse categorie che permangono in condizioni di povertà. E nonostante le Raccomandazioni del Consiglio dell’Ue invitino gli Stati membri ad allargare l’accesso ai regimi di reddito minimo, l’Italia ha scelto la direzione opposta, rendendo l’accesso più selettivo e limitato». «Il rapporto – afferma Maria Nyman, Segretaria generale di Caritas Europa – mette in evidenza quanto sia frammentato e diseguale il sistema di protezione del reddito minimo in Europa, in particolare per le famiglie che si trovano ad affrontare grandi differenze di tutela a seconda del paese in cui vivono. Per noi è evidente che sistemi di reddito minimo adeguati sono fondamentali per costruire una società più giusta e inclusiva. Non si tratta solo di garantire la sopravvivenza, ma di offrire alle persone la possibilità di immaginare, progettare e sperare nel proprio fu e in quello delle famiglie». Il quadro continentale della povertà è preoccupante per Caritas Europa. «Stiamo assistendo – prosegue Maria Nyman – a una fase di stallo nella lotta contro la povertà. Secondo i dati Eurostat, tra il 2015 e il 2019 il numero di persone a rischio di povertà o esclusione era in calo costante. I progressi sono stati bruscamente interrotti dalla crisi legata al Covid e dalle sue conseguenze. Nel 2023, le persone a rischio sono salite a 94,6 milioni. I dati del 2024 mostrano una lieve diminuzione a 93,3 milioni, ma siamo ancora sopra i livelli pre-pandemici. Oggi una persona su cinque nell’Ue vive in condizione di vulnerabilità economica o sociale. L’Ue si è impegnata a ridurre la povertà di 15 milioni di persone entro il 2030, di cui 5 milioni bambini. Ma così non siamo certo sulla strada giusta».
Chi sono gli esclusi dal reddito minimo nell’Unione? Secondo l’indagine, soprattutto i giovani tra i 18 e i 25 anni. Nel 2024, il 26,2% di questa fascia risultava a rischio di povertà o esclusione sociale, la percentuale più alta tra tutte le fasce d’età nell’Unione Europea. Tra questi si trovano i migranti, le persone prive di un alloggio stabile e chi non è in grado di soddisfare severi criteri di residenza o di contribuzione spesso non sono ammessi. La burocrazia, lo stigma e le barrieturo re digitali scoraggiano la presentazione delle domande di assistenza sociale. «Molti – aggiunge la segretaria generale della Caritas europea – provengono da famiglie a basso reddito o monogenitoriali, o crescono in situazioni di povertà ereditaria. Le politiche sociali spesso non li riconoscono come categoria da tutelare in modo specifico. Caritas Europa chiede sistemi di reddito minimo che includano i giovani, senza limiti di età arbitrari e che tengano conto delle loro reali condizioni di vita. Servono anche misure mirate: accesso ad alloggi a prezzi sostenibili, un’istruzione di qualità e opportunità di lavoro dignitoso. Chiediamo all’Unione Europea e agli Stati membri di passare dalle raccomandazioni all’azione concreta e vincolante. In particolare, sollecitiamo la Commissione Europea a proporre una Direttiva quadro sul reddito minimo, che stabilisca standard chiari e obbligatori in termini di adeguatezza, accessibilità e misure di accompagnamento in tutti i Paesi membri. Sosteniamo anche la necessità di una riforma della Direttiva 2004/38, che regola la libera circolazione. Vogliamo che nessuno – neppure chi è senza fissa dimora o gravemente malato – venga escluso dai servizi essenziali».
In vista della prossima strategia europea contro la povertà, le Caritas europee chiedono alla politica ambizione, un quadro forte e centrato sulla persona e un ritorno a un sistema di garanzia minima, in cui ogni persona dovrebbe poter accedere a un alloggio d’emergenza, alle cure sanitarie, all’istruzione per i propri figli e al sostegno necessario per partecipare pienamente alla vita sociale. Non è un libro dei sogni, significa mettere la dignità umana al centro di ogni scelta.
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