Avvenire, 7 giugno 2025
Mosca cerca altri 160mila militari. Ma paga sempre meno
Il presidente russo, Vladimir Putin, vuole altri 160mila soldati per la sua «operazione militare speciale» in Ucraina. Ma in Russia si fa sempre più fatica a trovare chi sia disposto ad andare al fronte, gli incentivi per partire diminuiscono e coloro che riescono a tornare a casa dalla guerra devono fare i conti con una vita radicalmente cambiata sotto tanti aspetti, a partire da quelli psicologici e occupazionali.
Ufficialmente, si tratta di una chiamata alle armi per andare a rafforzare le fila delle forze armate, ma è fin troppo chiaro che quei 160mila servono per andare a combattere contro Kiev e che devono compensare le numerose perdite subite da Mosca al fronte, anche se il Cremlino si guarda molto bene dal rilasciare cifre sui caduti. Per raggiungere il suo obiettivo, il presidente russo è disposto a tutto e il primo passo è quello di passare al vaglio le anagrafi per vedere chi deve ancora adempiere agli obblighi militari. Grazie a un nuovo registro elettrico di invio delle notifiche, che rende molto più difficile evitare il servizio di leva, sfuggire al controllo è diventato praticamente impossibile. Una volta partita virtualmente la cartolina, tempo una settimana, se il ricevente non si presenta nel centro di arruolamento che gli è stato assegnato non può andare all’estero, gli viene ritirata la patente, non può contrarre prestiti, comprare o vendere casa.
C’è poi chi va convinto con altri mezzi e qui entrano in gioco gli incentivi economici, che però sono meno generosi di una volta. Molte regioni hanno tagliato la cifra di ingaggio, segno che i soldi che arrivano da Mosca per finanziare il reclutamento stanno diminuendo. L’ultima in ordine di tempo è stata la Repubblica di Baschiria, dove, questa settimana, il bonus una tantum per il reclutamento è stato ridotto da 1,6 milioni di rubli (circa 20.100 dollari) a 1 milione di rubli (circa 12.600 dollari). Lo Yamalo- Nenets, di contro, è stata la prima regione a ridurre il pagamento, passando da 3,1 milioni di rubli (circa 39mila dollari) a 1,9 milioni di rubli (circa 24mila dollari). C’è poi chi ha sforbiciato pesantemente. Nella regione di Nizhny Novgorod hanno dimezzato i bonus, facendoli passare da 3 milioni di rubli (circa 37.800 dollari) a 1,5 milioni di rubli (circa 18.900 dollari). Tagli drastici anche a Belgorod, proprio al confine con l’Ucraina e fra le regioni che al livello economico hanno risentito di più della guerra. Qui si è passati da 3 milioni di rubli ad appena 800mila, ossia circa 10.000 dollari. L’arruolamento a pagamento aveva inizialmente riscosso un discreto successo, soprattutto nelle regioni più povere della Russia, dove la cifra di ingaggio equivale allo stipendio di più anni di lavoro. Ma con il calo delle cifre, e i rischi che si corrono in guerra, è facile che l’iniziativa abbia meno successo, proprio ora che invece Putin ha interesse a reclutare il maggior numero di persone nel minor tempo possibile.
La Russia ha anche un’altra emergenza sociale da affrontare, che però al momento non rientra tra le sue priorità. La maggior parte dei soldati che tornano dal fronte non riescono a trovare un lavoro, nonostante gli incentivi governativi e le quote occupazionali riservate ai reduci di guerra. E presentano problemi psichici.