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 2025  giugno 08 Domenica calendario

"Leggere il mondo con i numeri". Contro le fake news servono dati e umiltà.

«Sono i numeri ad aiutarci a leggere la complessità del mondo che viviamo ed è da loro, dalla loro forza, che dobbiamo partire per sottrarci al rischio diffuso di una percezione distorta della nostra era, sottraendoci a disinformazione e semplificazioni. Perché troppo spesso la nostra è una lettura parziale, condizionata ai fatti e alle storie che ci restano maggiormente impressi nella mente o, ancora peggio, alle nostre posizioni preconcette».
Dal palco del festival di Green&Blue, introdotta dal direttore Federico Ferrazza, la svedese Anna Rosling Rönnlund – coautrice, insieme al compianto Hans Rosling e a suo marito Ola, del best-seller “Factfulness”, saggio straordinario sull’importanza dei dati e della loro interpretazione – condivide la sua “ricetta” per leggere il presente e, soprattutto, suggerire come agire per il futuro. Arriva così un messaggio di ottimismo nell’ultimo atto di un festival che ha avuto proprio nei numeri il suo filo conduttore e che – dalla crisi climatica alla perdita di biodiversità – ha “fotografato” alcune tra le grandi criticità del pianeta. «Del resto prima d’ora – sottolinea Rosling, fondatrice di Trendalyzer e Gapminder Foundation, no profit nata per combattere le “global misconceptions”, le convinzioni sbagliate su scala globale – così tante persone avevano avuto accesso potenziale a una quantità così significativa di dati, prima relegati alle biblioteche, oggi alla portata di tutti, in modo assolutamente democratico. Ecco, dobbiamo imparare a leggerli, anche grazie all’aiuto dell’IA, e a lasciarci orientare, soprattutto se contraddicono i nostri orientamenti. Dobbiamo essere curiosi e umili, disponibili a riconoscere i nostri errori e a non abbandonare la speranza, la leva che ci spinge ad agire».
Nella sua lectio, Rosling – partendo dai risultati a 13 domande fattuali (dalla povertà all’istruzione, dall’energia al clima) che la sua Fondazione ha sottoposto a oltre 10 mila persone – ha spiegato come sia prevalente, nella nostra percezione, la centralità dei grandi eventi negativi (guerre e pandemie, per esempio): «Segmenti che favoriscono una visione del mondo parziale, quando non sbagliata, e che alimentano stereotipi favorendo una tonalità cupa e disturbante».
Insomma, pensiamo di conoscere il mondo, salvo poi accorgerci che non è così. Esempi? Ampiamente sovrastimata l’incidenza, tra le cause di mortalità, degli omicidi e del terrorismo (0,01% anziché 35%, dati New York Times), largamente sottovalutata l’importanza degli oceani nella cattura dell’anidride carbonica ("il 90% delle emissioni del pianeta"), poco diffusa la consapevolezza che appena il 20% dell’energia utilizzata su scala globale sia legata ai consumi elettrici. Ancora: trascurati gli effetti del progresso nel ridimensionamento della mortalità infantile. «Nel 2020 sono morti nel mondo 3 milioni e 865 mila bambini, numero che consideriamo orribile e intollerabile ma che va relativizzato: nel 2015 erano stati 4 milioni e 865 mila, nel 1950 addirittura 14 milioni e 401 mila. Anche nel contrasto alla crisi climatica, i trend mostrano una riduzione della riduzione delle emissioni: insufficiente, certo, ma quanto meno incoraggiante». Ma perché siamo così poco attenti ai numeri e al loro significato? Rosling ha una serie di spiegazioni. Anzitutto tendiamo a focalizzarci sulle polarizzazioni – povertà o ricchezza, buono o cattivo – dimenticando le gradazioni, perché farlo favorisce il nostro desiderio di combattere. Ancora: ci concentriamo sugli aspetti negativi, che catturano maggiormente la nostra attenzione, ci interessano le cose che ci fanno paura. C’è poi il cosiddetto istinto della linea retta: il nostro cervello, quando osserva una tendenza, è portato a immaginare che si prosegua in quella direzione: non funziona così, invece. I fenomeni sono spesso complessi e non semplificabili. Altri istinti pericolosi sono la generalizzazione, che favorisce gli stereotipi, come accade con la nostra idea di altri paesi o etnie o per insiemi variegati che siamo portati a etichettare, penso ai migranti. Non ultima, la questione dell’urgenza: l’ora o mai più che accompagna alcune campagne, come il contrasto alla crisi climatica, è humus fertile per l’emotività, che non aiuta a prendere decisioni efficaci. Commettere un errore nella comprensione di un fenomeno globale fa molta differenza, per i decisori, quando bisogna assumere linee strategiche per il futuro: ecco perché è dai numeri che dipende il nostro futuro».