La Stampa, 8 giugno 2025
Otto per mille, Cei in affanno In 5 anni persi oltre 200 milioni
L’8 per mille vale un tesoro, ben un miliardo e 328 milioni di euro stando agli ultimi versamenti dell’anno passato. E la fetta più grande va alla Chiesa cattolica che nel 2024 si è vista assegnare dallo Stato un anticipo di 990,95 milioni di euro. In base alle scelte dei contribuenti relative ai redditi del 2020 poi ripartiti in concreto nel 2024, alla Cei è infatti andato il 68,59% del totale dei fondi raccolti, allo Stato il 25,62% (340,3 milioni), mentre il resto (poco meno del 6%) è stato assegnato a tutte le altre 12 confessioni ammesse a ricevere i contributi con la Chiesa Valdese che da sola ne ha incassati circa la metà (3,04%, pari a 40,36 milioni).
I fondi che, scegliendo lo Stato, vengono destinati dal governo alla lotta alle tossicodipendenze, finiti nel mirino della Cei, valgono in tutto il 3,56% del totale della raccolta, meno di un sesto delle somme destinate allo Stato. Eppure il cardinale Matteo Zuppi nei giorni scorsi è arrivato ad accusare il governo Meloni di aver modificato «in modo unilaterale le finalità e le modalità di attribuzione dell’8x1000 di pertinenza dello Stato», «creando una disparità che danneggia sia la Chiesa cattolica che le altre confessioni». In realtà la modifica risale al governo Conte 2, come hanno subito fatto sapere da Palazzo Chigi, ma la Cei sembra voler tenere il punto.
«Per noi la trasparente e completa informazione sulle pluralità delle scelte dei contribuenti è un elemento che qualifica e legittima il sistema» commenta la moderatora della Tavola valdese, Alessandra Trotta, che a La Stampa spiega di «non capire» la polemica sollevata da Zuppi. «Certo se le quote dello Stato continueranno a crescere, come stanno crescendo, si ridurranno quelle di tutti gli altri – aggiunge la diacona – ma è giusto che lo Stato faccia quello che deve fare, ovviamente in modo equo e corretto. E che assuma un po’ più di impegno nella lotta contro le tossicodipendenze ci sembra una cosa positiva».
In base ai dati del Dipartimento delle Finanze, se la Cei lamenta un calo dei contributi, in realtà, questo non si deve tanto ai fondi destinati al contrasto delle tossicodipendenze, ma è il risultato di un calo strutturale delle sue sottoscrizioni. Bisogna infatti risalire alle dichiarazioni dei redditi di 20 anni fa per vedere la quota della Cei sfiorare il 90% del totale, da lì in poi è iniziata una discesa. Con le dichiarazioni del 2015 (fondi erogati poi nel 2019) la Chiesta cattolica è infatti scesa sotto quota 80% incassando comunque 1 miliardo e 130 milioni. Quell’anno erano oltre 14 milioni (su 40,7) i contribuenti italiani che nelle loro dichiarazioni dei redditi avevano esplicitamente indicato la Chiesa, mentre nel 2020 erano diventati appena 11,8 milioni su 41,18. In pratica negli ultimi 5 anni contabilizzati la Cei ha perso 2,2 milioni di sottoscrittori e circa 220 milioni di euro di gettito, perché nel frattempo per effetto dei conguagli gli ultimi 990 milioni si son ridotti a 910. Coi fondi ripartiti quest’anno la Cei scenderà al 69,52% potendo contare su «appena» 11,59 milioni di supporter; l’anno prossimo calerà ancora, al 67,28%, perché saranno ancora meno gli italiani che la sceglieranno: 11,34 milioni su oltre 42 milioni di contribuenti. Insomma se alla Cei si riducono i sussidi è a questi numeri che deve guardare. Anche analizzando l’andamento delle scelte a favore della lotta alle tossicodipendenze – la sesta delle voci previste dallo Stato assieme a fame nel mondo, calamità naturali, edilizia scolastica, assistenza ai rifugiati e beni culturali – si vede che l’impatto è assolutamente relativo, perché questa voce è passa dal 3,56% dei fondi 2024 al 3,37% di quest’anno, al 3,15% del prossimo. E se lo Stato nel 2026 arriverà a prendersi il 27% dell’8 per mille sarà in larga parte per il raddoppio (dall’1,2 al 2,3%) della quota che gli italiani hanno destinato alle calamità naturali.
Un altro dato spesso dimenticato riguarda il meccanismo di riparto dei fondi che è frutto della somma delle scelte espresse dai contribuenti e del riparto proporzionale a queste di quelle non espresse. In media circa il 40% dei contribuenti indica esplicitamente una destinazione (Stato, Cei, valdesi, comunità ebraica, avventisti, ortodossi, buddisti, eccetera) mentre il restante 60% non lo fa. I fondi distribuiti nel 2024 sono stati il frutto di appena 16,77 milioni di scelte espresse valide e di questi 11,8 hanno barrato la casella Cei. Se lo Stato si limitasse ad erogare l’8 per mille in base a questa quota alla Cei andrebbero appena 409 milioni, mentre in realtà partendo dal 28,67% delle scelte ha ottenuto il 68,59% dei fondi.