La Stampa, 7 giugno 2025
Gaza, nuovi attacchi di Israele Ma tra i soldati cresce la sfiducia
I cingoli dei “Carri di Gedeone”, l’estensione delle manovre militari israeliane in tutta la Striscia di Gaza, muovono l’esercito verso un controllo sempre più capillare e profondo dell’enclave palestinese dopo che il capo di Stato Maggiore, il ramatkal Eyal Zamir ha approvato i piani operativi per la prosecuzione della campagna. Nei raid di ieri, a Jabalia, Tuffah e Khan Yunis, sono stati uccisi almeno 38 palestinesi, dicono le autorità sanitarie che fanno capo ad Hamas. Ma secondo un sondaggio dell’Israel Democracy Institute – condotto a maggio e pubblicato ieri – la maggioranza degli intervistati è scettica sul fatto che Tsahal potrà infine raggiungere i suoi obiettivi. Non quello morale e più urgente, cioè riportare a casa i 20 ostaggi ritenuti ancora vivi e i 36 corpi di quelli uccisi. E nemmeno l’altro, più strategico e politico, di rovesciare Hamas che, proprio il prossimo 14 giugno avrà governato la Striscia per diciotto anni, dopo averla sottratta al controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese e al partito rivale Al-Fatah.
I media israeliani rilevano anche critiche e stanchezza da parte dei riservisti che, dopo 610 giorni in divisa, scalpitano. Bloccati in quella che molti percepiscono come una fase stagnante della guerra, i miluim chiedono una svolta decisiva oppure di riappropriarsi della loro vita, di tornare alle loro famiglie e alle carriere e professioni. Ma il portavoce militare, il generale Effie Defrin ribadisce che Tsahal ha bisogno di oltre 10 mila soldati, di cui 6 mila da impiegare nelle unità di combattimento. Un appello che è anche un riferimento al braccio di ferro politico in merito alla coscrizione obbligatoria degli haredim, gli ebrei ultraortodossi i cui leader si oppongono al servizio militare per gli studenti delle yeshivot, le scuole religiose. La questione divide la società a livello latente fin dalla fondazione dello Stato ebraico. Ma oggi, di fronte al peso del sacrificio della popolazione laica o tradizionale – ancora ieri quattro soldati israeliani sono morti nell’esplosione di un edificio a Khan Younis causata, ha ricostruito l’esercito, da trappole esplosive lasciate dalle milizie nemiche – il tema sta assumendo i contorni di una spaccatura sociale profonda. Da un lato, non più rimandabile. Dall’altro, non più rimarginabile. La pressione mette in difficoltà il premier Benjamin Netanyahu che cerca di navigare anche questa tempesta per restare – politicamente – al timone.
Il sondaggio dell’Israel Democracy Institute fa emergere diverse posizioni sugli aiuti umanitari a Gaza. Un aumento del flusso è doveroso per il 38% del campione, mentre il 54% si oppone. Intanto la distribuzione dei pacchi di beni di prima necessità da parte della Gaza Humanitarian Foundation – la controversa no profit fondata ad hoc da ex militari statunitensi e gestita da contractor americani con l’appoggio di Israele – continua a intermittenza. Costanti, invece, restano le polemiche che la circondano. Ieri la Ghf ha detto di aver consegnato 8.160 scatole di cibo in due centri di accoglienza nella zona di Rafah, nel Sud della Striscia, prima di essere costretta a chiudere i cancelli a causa di «un affollamento eccessivo che ha reso pericoloso procedere», sebbene, ha sottolineato, «non si è verificato alcun episodio di violenza». Il problema principale – secondo un residente di Gaza City, oggi sfollato a Deir Al-Balah, sentito da La Stampa – «è la mancanza di un sistema organizzato per una distribuzione ordinata». Ma la no profit americana, dice Mohammed, «è generosa nelle quantità, distribuisce cibo in abbondanza, non fa distinzioni tra beneficiari e riesce a raggiungere molte persone in tempi rapidi».
Continua a navigare verso la costa di Gaza, con l’intenzione di sfidare il blocco israeliano, l’imbarcazione Madleen della Freedom Flotilla con a bordo l’attivista per il clima Greta Thunberg, l’attore di Game of Thrones Liam Cunningham, la deputata franco-palestinese del Parlamento europeo Rima Hassan, a cui è stato vietato l’ingresso in Israele, e l’attivista brasiliano Thiago Avila. La Marina israeliana è pronta a bloccare la Madleen qualora, nei prossimi giorni, si avvicinasse alle acque territoriali israeliane.