corriere.it, 6 giugno 2025
Pensione, andremo davvero più tardi? Cosa dicono i numeri (la spesa crescerà per altri 18 anni) e cosa sappiamo sul 2027
La spesa per le pensioni in Italia continuerà a crescere per altri 18 anni, fino cioè al 2043, e questo nonostante le riforme Amato, Dini e l’ancora in carica Fornero, che avevano cercato di arginarla. È un dato che non lascia spazio a interpretazioni: il peso del sistema previdenziale sulle casse dello Stato aumenterà (vedi grafico qui sopra) e il colpo di grazia sembra essere arrivato con la riforma «Quota 100», varata dal governo gialloverde su grande spinta di Matteo Salvini, che ha reso ancora più complicata la sostenibilità del sistema nel lungo periodo.
I dati della Ragioneria dello Stato
L’ultimo aggiornamento della Ragioneria dello Stato sull’andamento della spesa pensionistica spiega che, comunque, anche dopo il 2043, quando finalmente si prevede un’inversione di tendenza con una discesa delle spese, i costi del sistema previdenziale rimarranno elevati. E se le riforme che si sono succedute dal 1992 a oggi non sono riuscite a risolvere il problema, anche il presente della politica sembra più concentrato su misure a breve termine che non nel cercare di risolvere il problema della sostenibilità del sistema nei prossimi decenni.
Il governo temporeggia sull’aumento dell’età pensionabile
Nel frattempo, la politica si sta concentrando su misure a breve termine per evitare soluzioni dolorose e impopolari, come nel caso dell’adeguamento alle aspettative di vita dell’età pensionabile (che dovrebbe aumentare a 67 anni e tre mesi nei prossimi mesi). In realtà, a partire dal 2027, la legge prevede un incremento dell’età pensionabile di tre mesi in base all’aumento delle aspettative di vita. Tuttavia, per evitare il rischio di perdere consensi elettorali, il governo ha già fatto trapelare che questa misura sarà probabilmente «sterilizzata», con l’intento di rinviarla alla prossima legislatura.
5 milioni di lavoratori in meno entro il 2040
Nel contesto di un debito pubblico che ha superato il 145% del Pil e con una crescita economica che quest’anno si prevede rimanere sotto l’1%, la spesa pensionistica rappresenta un fardello difficilmente sostenibile. Gli effetti collaterali sono visibili anche nei settori chiave dell’economia, come il turismo e le costruzioni, dove la carenza di manodopera è ormai una realtà quotidiana. Le previsioni Istat stimano che entro il 2040 il numero di lavoratori attivi in Italia diminuirà di 5 milioni, portando a una carenza di forza lavoro che potrebbe minare la crescita economica del Paese.
L’immigrazione
In tale scenario, la questione dell’immigrazione, tradizionalmente vista come una questione separata, si intreccia inevitabilmente con quella previdenziale. L’Italia ha bisogno di manodopera giovane e qualificata, ma l’attuale sistema normativo, in particolare la legge Bossi-Fini, si è rivelato un ostacolo insormontabile per l’ingresso di lavoratori stranieri. Nonostante il governo abbia approvato nel 2023 un decreto flussi che consente l’ingresso di 450 mila immigrati regolari nel triennio 2024-2026, la realtà è che il sistema è al collasso. Nel 2023, solo 9.528 lavoratori regolari hanno ottenuto il permesso di soggiorno a fronte di oltre 127 mila posti disponibili. Le difficoltà burocratiche, in particolare nelle fasi di selezione nei consolati e negli uffici visti, hanno ridotto drasticamente il numero di domande che si concludono con successo.
La proposta di Delrio
La soluzione proposta da Graziano Delrio, ex ministro e oggi presidente della Commissione bicamerale sull’immigrazione, punta su una semplificazione delle procedure, adottando modelli come quelli in uso in Canada e Australia, con il ricorso a un sistema di sponsorizzazione delle aziende in cerca di manodopera. Questo approccio potrebbe essere la chiave per sbloccare un impasse che rischia di diventare insostenibile per l’economia italiana.