Corriere della Sera, 6 giugno 2025
Da Parolin a Zuppi. La Chiesa si divide su astensione o voto «consapevole»
Indicazioni di voto sul referendum ufficialmente non se ne danno. Ma visto che l’astensione è usata strategicamente per far fallire il referendum, per mancanza di quorum, ha suscitato interesse la posizione del cardinale Pietro Parolin che ai cronisti interessati alla sua scelta ha risposto: «Non andrò a votare». Sia pure aggiungendo quasi a voler spiegare meglio la propria posizione: «Non vado da tanto tempo a votare. Da quando sono in Vaticano non ho più occasione di andare su» ha aggiunto, alludendo alla sua città, Vicenza.
Una posizione un po’ diversa da quella condivisa nell’ultimo consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, presieduta dal cardinale Matteo Zuppi, il 27 maggio scorso. Nel comunicato finale si dava conto che la riflessione di Zuppi era stata «occasione per tornare sulle questioni del lavoro e della cittadinanza, al centro del referendum, rispetto alle quali i vescovi hanno invitato a un attento discernimento». E si aggiungeva sul tema della cittadinanza che, pur limitandosi il referendum «alla riduzione del numero di anni per ottenerla (da dieci a cinque), mentre sarebbe utile una riforma complessiva della legge, i presuli hanno rinnovato la richiesta di una visione larga che eviti mortificazioni della dignità delle persone».
Tutto «nel solco» di quanto affermato dalla Cei, «cercando di integrare nella pienezza dei loro diritti coloro che condividono i medesimi doveri e valori». Monsignor Francesco Savino, numero due della Cei, aveva lanciato un vero e proprio invito a votare. Quello dell’8 e 9 giugno è un appuntamento che «ci interpella come cittadini ma anche, per chi vive la fede cristiana, come custodi del bene comune e responsabili della speranza che ci è affidata» aveva spiegato nel suo intervento. Aggiungendo che la partecipazione «consapevole» al voto «è espressione di civiltà matura, atto di fedeltà al progetto condiviso di società, forma alta e concreta di quella carità sociale che si fa impegno per tutti», invitando a informarsi e informare. «Non spetta a noi indicare come votare», aveva precisato poi in una nota il vice di Zuppi. E aveva parlato di astensione come di «un silenzio che svuota la democrazia».
A spazzare via interpretazioni di visioni politiche differenti, dalla Comunità di Sant’Egidio ricordano che Zuppi «si è pronunciato moltissime volte, anche in passato, sulla necessità di adeguare una legge anacronistica»: quella sulla cittadinanza. La modifica – si spiega – la chiediamo dal 2004. «All’epoca facemmo una campagna bellissima che si intitolava “Made in Italy” e diceva: almeno partiamo dai bambini concepiti e nati in Italia», racconta Daniela Pompei, responsabile immigrazione della comunità. «Purtroppo non venne recepita né da destra, né da sinistra. Poi Andrea Riccardi, da ministro, introdusse il discorso dello ius scholae. Ora è chiaro che siamo sensibili al quinto quesito del referendum anche se si limita a diminuire a cinque gli anni di residenza necessari invece degli attuali dieci (che sono sempre almeno 13). Certo, andrà cambiata la legge includendo anche i bambini. Ma intanto c’è molta attesa tra gli immigrati, soprattutto fra i più giovani».
Mobilitazione sul quesito referendario relativo alla cittadinanza più veloce anche nell’Azione cattolica. Il presidente Giuseppe Notarstefano precisa: «Come associazione ecclesiale non diamo indicazioni di voto. Ma abbiamo offerto diversi momenti di approfondimento. E abbiamo notato che l’argomento referendum è stato preso sul serio. La maggiore mobilitazione ovviamente la registriamo nel quesito sulla cittadinanza. Tante associazioni a livello locale hanno preparato documenti. Ma anche sugli altri quesiti di carattere più economico, ci sono stati seminari, convegni, confronti con gli esperti. Si è vista la voglia di approfondire e non limitarsi a una visione superficiale».