Corriere della Sera, 5 giugno 2025
Giorgio Panariello: «Vi svelo la mia anima da clown»
«La prima cosa che ho pensato, leggendo la sceneggiatura, è che fosse stata scritta su di me. Charlie è un uomo che sa cos’è la sofferenza e cerca di aiutare gli altri, gli artisti del circo e, soprattutto, i bambini, con cui ha un rapporto speciale. Ho un’anima da clown anche io, ho fatto tesoro di tutto». Giorgio Panariello torna al cinema con un personaggio cucito su misura, il clown bianco di Incanto di Pier Paolo Paganelli (dal 3 luglio in sala). La figura chiave di una commedia fantasy con Vittoria Puccini, nell’inedito ruolo della villain, perfida istitutrice di un’orfanatrofio d’altri tempi. Il «tutto» citato dall’attore toscano, classe 1960, cresciuto con i nonni in Versilia, comprende anche cose dolorose, come il legame con il fratello Franco, scomparso tragicamente nel 2011, come lui stesso raccontò con toccante delicatezza nel libro Io sono mio fratello.
Il clown bianco è colui che mescola risate e lacrime.
«Esatto. Quello che non ha paura della malinconia e la usa per portare gioia. Il circo a alcuni sembra triste, e certo lo è se vedi gli orsi che ballano il sirtaki o le scimmiette col tutù. Invece, è un luogo magico, di fantasia, stupore. E questo è un circo unico, che vola in supporto dei bambini. Sarebbe una bella serie tv. Un circo volante che arriva dove c’è bisogno, dove ci sono bambini da distrarre dagli orrori. In questo momento, purtroppo, c’è l’imbarazzo della scelta..».
È il suo ritorno al cinema, dove esordì in un ruolo drammatico, con Ugo Chiti.
«In Albergo Roma, ero il maresciallo. La prova che c’è qualche regista illuminato che riesce a vedere oltre alle maschere, ai personaggi, al conduttore del sabato sera. Come fece Mimmo Calopresti per Uno per tutti, per cui fui anche candidato al Globo d’oro. Evidentemente nei miei occhi si intravede una certa malinconia. Noi comici abbiamo anche quelle corde e se qualcuno arriva a pizzicarle risuonano».
Le dispiace non sia capitato più spesso?
«Ho fatto una scelta di vita a favore di teatro e tv, spesso i tempi non coincidono. Ho avuto occasioni che non ho potuto sfruttare, per esempio con Sergio Castellitto per Non ti muovere o con Pupi Avati. Ora sarei felice di accettare proposte, se arrivassero».
Ha firmato anche due regie, «Bagnomaria» e «Al momento giusto». Una terza?
«No, no. Dico no proprio perché le ho fatte. Capitò perché Il ciclone aveva sollevato l’attenzione su noi toscani, come fossimo tutti novelli Pieraccioni. Lui fece da apripista, io mi sono infilato. In realtà il primo film ha avuto anche successo, ancora lo programmano in tv. E con il secondo feci esordire Kasia Smutniak. Ma non è il mio mestiere, devi nascere regista».
Da attore ha vissuto una stagione fortunata della commedia.
«È il genere della nostra tradizione, siamo maestri. Vive alti e bassi. Quello fu un momento di ottimismo che il cinema intercettò. Ma la commedia è sempre lì. E si rinnova, in declinazioni completamente diverse, grazie a idee, scrittura, attori. Zalone, Genovese, Paola Cortellesi, Angelo Duro».
Quando torna in scena?
«Comincio il 4 ottobre a Milano al teatro Arcimboldi con E se domani. Parlerò di futuro, di un mondo che non sarà più il mio ma di chi oggi è giovane».
Altri progetti con gli amici Pieraccioni e Carlo Conti?
«Qualcosa prima o poi. Ma non siamo un trio, non siamo Aldo Giovanni e Giacomo».
In compenso l’abbiamo vista con partner insoliti, Masini, Marco Giallini, a Caracalla con Fiorella Mannoia.
«Mi piace la commistione, trovare punti di contatto con persone diverse da me che stimo. Con Fiorella farei volentieri una tournée. Siamo anche malati di burraco».
Lei colleziona memorabilia Marvel. Che supereroe vorrebbe essere?
«L’incredibile Hulk. Pensa che gusto: diventare tutto verde di fronte alle cattiverie».