repubblica.it, 5 giugno 2025
Inizia l’era delle armi laser: Israele e Russia rivelano di averle usate per abbattere i droni
In questa stagione di conflitti che si accendono in continuazione, nuove armi passano dalla fase sperimentale a quella operativa aprendo scenari da brivido sul futuro dell’umanità. L’ultima innovazione ad avere superato la prova del fuoco sono i cannoni laser: il raggio distruttivo è uscito dalla fase dei test per diventare protagonista dei campi di battaglia. E lo ha fatto contemporaneamente in due scenari diversi: il Medio Oriente e la Russia.
Gli israeliani hanno rivelato di avere impiegato i laser durante la campagna libanese contro Hezbollah e i russi di avere utilizzato uno strumento simile nei combattimenti contro gli ucraini. In entrambi i casi, i fasci di energia sono serviti per distruggere i droni volanti, proponendosi come l’antidoto ai nuovi dominatori della guerra.
Tutte le forze armate del pianeta usano da decenni i laser esclusivamente come sistemi per dirigere la guida dei missili: vengono indirizzati sui bersagli e la testata dell’ordigno aggancia il segnale luminoso seguendolo fino all’obiettivo. Ci sono state poche eccezioni, in cui gli apparati di puntamento sono stati trasformati in terribili armi accecanti. Si sostiene che i primi siano stati i britannici durante la spedizione per riconquistare le Falklands nel 1982: lo sparavano verso gli occhi dei piloti argentini che si lanciavano a bassissima quota contro le navi. Poi gli iracheni lo avrebbero schierato durante il sanguinoso conflitto con l’Iran per fermare gli assalti dei pasdaran votati al martirio, che si gettavano a ondate contro le truppe di Saddam Hussein. I raggi creavano lesioni micidiali alla retina.
L’impulso più forte alle ricerche sulle armi ad energia diretta c’è stato nell’ultima fase della Guerra Fredda, quando le “Guerre Stellari” di Ronald Reagan hanno spinto a progettare satelliti con cannoni laser per abbattere i missili balistici intercontinentali fuori dall’atmosfera. Il piano – lo stesso riproposto oggi da Donald Trump con il “Golden Dome” – ha generato investimenti colossali negli Usa e nell’Urss senza però concretizzarsi in un’apparecchiatura funzionante. Poi ci sono stati tanti prototipi, soprattutto statunitensi, volanti, naviganti o semoventi che finora non erano stati prodotti in serie perché tutti di capacità assai limitate.
Gli ostacoli da superare erano sostanzialmente due. Il primo è la disponibilità di generatori con una potenza tale da alimentare un raggio distruttivo: nell’ultimo periodo si è riusciti a costruire “batterie” con le dimensioni di un container, trasportabile ma decisamente ingombrante. Il secondo era mantenere il fascio sul bersaglio per un tempo sufficiente a incenerirlo o comunque a mettere fuori uso gli apparati vitali. Poiché la maggioranza degli studi erano dedicati ad abbattere i missili, con velocità dai novecento chilometri orari in su, anche quest’ultimo punto non è stato di facile soluzione. Gli israeliani hanno sviluppato una versione laser del celebre “Iron Dome”, che intercetta i razzi usando missili terra-aria, chiamata “Iron Beam” ossia Raggio d’Acciaio: si è vociferato di un impiego a Gaza nelle settimane successive ai massacri del 7 ottobre 2023, quando Hamas disponeva ancora di un arsenale agguerrito, ma non ci sono conferme. Gli Stati Uniti hanno realizzato un modello imbarcato sulle navi e un altro a bordo di un’autoblindo, ma non risultato ancora combat ready.
Le guerre accelerano l’impiego operativo
Invece le dinamiche belliche stanno bruciando i tempi, secondo meccanismi di azione e reazione scanditi in periodi di settimane o mesi e non più di anni. Gli sciami di piccoli quadricotteri ed aeroplanini telecomandati che sorvolano senza sosta le prime linee scagliandosi contro qualsiasi bersaglio con le loro testate esplosive hanno accelerato l’ingresso in servizio dei laser. I droni infatti sono lenti – al massimo duecento chilometri orari – ed è molto più facile colpirli con il raggio. Inoltre sono costruiti in plastica: basta inquadrarli per poche frazioni di secondo, usando un’energia limitata, per fondere le componenti chiave, facendoli precipitare.
Gli israeliani hanno così fatto entrare in azione una versione dell’Iron Beam con una potenza ridotta. Lo hanno rivelato la scorsa settimana, mostrando il video in cui il fascio letteralmente squaglia l’ala di un velivolo senza pilota di Hezbollah: “Abbiamo ottenuto un livello di intercettazioni che ha contribuito a salvare la vita dei civili e protetto gli assetti nazionali”, recita il comunicato ufficiale delle Israeli Defence Forces. I sistemi sono in dotazione a una nuova unità – il 946 battaglione di difesa aerea – specializzato nel contrasto ai droni e che resta a fare la guardia al confine settentrionale. Finora il sostegno alle barriere nei cieli sembra essere stato marginale – solo 35 bersagli distrutti su un migliaio di droni lanciati dal Libano – ma si tratta comunque dell’inizio di una nuova era.
Più enigmatico l’annuncio di Mosca, avvenuto nelle stesse ore. Le immagini del sistema cinese Lass sono state presentate da uno dei canali Telegram che diffondo ufficiosamente la propaganda bellica del Cremlino: mostrano il mezzo semovente mentre perfora lastre d’acciaio e poi la distruzione di una serie di droni volanti. Sicuramente sono state girate sul fronte ucraino: l’ipotesi è che si tratti della regione russa di Kursk, dove la presenza di armi made in China non configurerebbe formalmente un sostegno all’invasione. Si tratterebbe dei sistemi?Shen Nung 5000 e 3000, già esportati in Iran: il primo è un container con sopra la torretta che contiene l’apparato di puntamento e il laser, simile nell’architettura e nelle dimensioni all’“Iron Beam” israeliano. Il secondo è molto più piccolo e viene trasportato da un fuoristrada blindato. Un’analisi superficiale lascia intuire che queste armi siano efficaci a una distanza di poche centinaia di metri, forse meno di trecento, ma per le basse quote d’azione dei droni possono bastare.
Il doppio esordio operativo trasmette a generali ed aziende la convinzione che i tempi dei cannoni laser siano arrivati. L’evoluzione degli accumulatori, scaturita sulla spinta dell’industria automobilistica, sta permettendo di ridurre lo spazio per disporre dell’energia distruttiva. L’intelligenza artificiale riesce a elaborare i parametri necessari a mantenere il puntamento degli obiettivi. E tutti gli eserciti hanno urgente necessità di contrastare il proliferare di moltitudini di droni-killer low cost. Ci sono progetti che procedono velocemente in tutto il mondo. Paradossalmente, in Europa ne vengono portati avanti almeno quattro – in Francia, in Gran Bretagna, in Germania e in Italia – dalle filiali dello stesso consorzio Mbda: quello tedesco sembra il più avanzato. Pochi giorni fa proprio il nostro Paese ha ottenuto il finanziamento del fondo Ue Pesco – la prima iniziativa creata nel 2021 per lo sviluppo dell’industria militare dell’Unione – per realizzare assieme alla Spagna un’arma a energia diretta: il compito è quello di abbattere droni e missili cruise a bassa quota, con una potenza scalabile tra 10 e 100 kilowatt, venendo trasportato da un mezzo ruotato. Sono l’avanguardia delle prossime armate, dove i duelli tra laser e droni non saranno più fantascienza ma la realtà quotidiana degli scontri.