repubblica.it, 5 giugno 2025
“I bulli rapirono il mio cagnolino, era il mio unico amico”. La rivincita mondiale del pugile Squeo
Il coraggio e il riscatto. Sono i motivi che hanno spinto Claudio Squeo da Molfetta, 33 anni, a una sfida sulla carta impossibile. Domenica, ora di pranzo in Italia e diretta su Dazn, combatterà in Australia, a Broadbech, per il titolo mondiale dei massimi leggeri contro il fuoriclasse australiano di origini samoane Jay Opetaia, record di 27 incontri tutti vinti, 21 per ko. Per l’Italia si tratta di un ritorno a livello mondiali dopo oltre 6 anni: l’ultimo pugile a combattere per il titolo fu Carmine Tommasone, che perse in Texas da Oscar Valdez.
Squeo, partiamo dal coraggio: per affrontare Opetaia ce ne vuole tanto.
“Se ho accettato questo incontro è perché sono consapevole dei miei mezzi, di poterlo affrontare”.
Però il livello degli avversari da lei affrontato non è minimamente paragonabile a quello di Opetaia.
“Questo è vero, ma qui c’è un mondiale di mezzo. È un tram che passa una volta nella vita e lo devi prendere al volo”.
Opetaia non la considera. Ha già pianificato il prossimo match e vuole riunificare tutte le cinture.
“Può pensare quello che vuole, però è bene che si ricordi che il prossimo ostacolo sono io”.
Chissà quanti soldi le avranno dato per andare in Australia...
“Macché, la mia borsa oscilla tra i sessanta e gli ottantamila dollari”.
Dal coraggio al riscatto. Lei è stato vittima dei bulli.
“Da ragazzino e da adolescente ero obeso. Ho subito violenze fisiche e psicologiche, sia da coetanei che da ragazzi più grandi. Negli anni Novanta e nei primi anni Duemila prendere a pugni o insultare chi aveva delle diversità era quasi una normalità. Oggi per fortuna si fa molto di più per combattere questa piaga”.
Quale è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso?
“Io avevo un solo amico, era il mio cagnolino. I bulli me lo presero e se lo portarono via. Rimasi pietrificato senza riuscire a reagire. Poi per fortuna una persona riuscì a ritrovarlo, ma rimasi segnato, giù di morale per molti giorni per quell’episodio”.
Da quel momento è iniziato a nascere il pugile Squeo?
“Un altro scatto me lo ha dato il film Cinderella Man. La storia di James Braddock, che dopo il crollo della borsa nel 1929 era un uomo spacciato ma che ha ribaltato tutto fino a diventare campione del mondo contro ogni pronostico. Ecco, in maniera diversa vorrei riproporre la stessa storia”.
Ci parli un po’ di lei oltre alla boxe.
“Vivo a Molfetta, sono laureato Giurisprudenza e sto per farlo anche in Scienze motorie. Il pugile ignorante e delinquente è uno stereotipo che ancora esiste, ma ci stiamo evolvendo. Ho una mia associazione sportiva e sto provando concorsi nella pubblica amministrazione. Non sono sposato, per ora la mia compagna è la boxe”.
Informazioni preziose, anche perché se guardiamo i social non è che ci sia molto su di lei.
“Sono molto riservato. Un limite per lo sportivo attuale? Forse, ma il carattere è uno e non si po’ cambiare. E poi dare immagini fittizie non mi piace”.
Quali sono i suoi pugili di ispirazione?
“Braddock come storia. Per stile pugilistico Tyson, Liston (il più grande di tutti) e David Tua, samoano come il mio avversario”.
Preferenze in linea con il suo alias, Red Bull. Ma è vero che la scambiano per Canelo Alvarez?
“Capita spesso. Pure qui in Australia hanno fatto notare la somiglianza”
La domanda dalla risposta più complicata. Un ragazzino che si esalta per Sinner, perché dovrebbe farsi il mazzo con la boxe?
“Perché non è uno sport. È disciplina, uno stile di vita, e ti insegna a essere un uomo prima che un atleta. E comunque è bene ribadire che la boxe non è per tutti…”
Domenica parecchi italiani la vedranno in tv. Peccato che in Australia sarà solo.
“E invece no. Amici di Molfetta che frequentavo anni fa si sono trasferiti in Australia, quando hanno saputo del match sono esplosi e si sono organizzati per venire a fare il tifo”