la Repubblica, 5 giugno 2025
Allarme criptovalute “È la nuova sfida dei tecno-carabinieri”
Che ci azzeccano i carabinieri con le criptovalute? «La spiegazione è semplice. Il Covid ha cambiato il modo di operare dei criminali, più o meno organizzati, che hanno imparato a muoversi nella sfera digitale: durante i lockdown non solo si sono abituati a comunicare online e fare affari sul darkweb ma si sono resi anche conto delle potenzialità delle monete virtuali».
Il maggiore Simone Vecchiarello è alla guida del più giovane reparto dell’Arma: la Sezione Criptovalute del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria è stata creata nel 2021. «Non bisogna pensare che siano una rarità – sottolinea l’ufficiale – Una ricerca sostiene che 3,6 milioni di italiani abbiano investito in bitcoin o in altre valute virtuali. E poiché si tratta di un settore innovativo, non ci sono ancora regole e sistemi di controllo consolidati. Una situazione che favorisce le truffe ai danni di investitori piccoli o grandi ma che sta diventando lo strumento principale per pagare beni illeciti o per riciclare i proventi di reato».
Le criptovalute sono il mezzo perfetto per spostare denaro attraverso il pianeta: basta uno smartphone e i fondi virtuali possono essere trasferiti ovunque. Anche se non è vero che tutto avviene senza lasciare tracce: «C’è uno pseudo-anonimato, perché è possibile ricostruire gli spostamenti dei capitali e la loro conversione in bitcoin o in altre monete virtuali. Si tratta però di un inseguimento molto complesso, perché il denaro digitale può venire movimentato moltissime volte».
Clamorosa l’indagine che ha portato a smascherare la banca personale inventata a Roma da un cittadino cinese: Franco Lee promuoveva sui social il suo “Bancomobile Decentralizzato disponibile 24 ore su 24”, che poteva comprare e rivendere qualsiasi tipologia di criptovalute. Senza nessuna autorizzazione aveva smistato quasi nove milioni di euro: 600 mila sono stati sequestrati. Ma i tecno-investigatori sono riusciti a fare un passo oltre: «In un’altra inchiesta abbiamo confiscato e monetarizzato valute digitali: si tratta di un importo limitato, solo 11 mila euro,ma per la prima volta in assoluto è stata realizzata la conversione in euro. Bisogna tenere presente che nelle operazioni di sequestro agiamo senza consulenti esterni, usando anche e software di nostra elaborazione».
Il maggiore Vecchiarello ha dodici anni di esperienza specifica e mantiene una collaborazione con il Politecnico di Milano e con le realtà più qualificate del settore: il suo reparto somiglia a una startup proiettata nel futuro. «Siamo strutturati in tre team. Il primo è quello che si occupa di analisi: studia il mercato delle criptovalute e le tendenze, gestendo i rapporti con le altre autorità investigative e con le istituzioni finanziarie in Italia e all’estero. Il secondo si dedica alla raccolta dell’intelligence sulle cosiddette fonti aperte, indicate con la sigla Osint: è un’attività che si svolge pure sul dark web, fondamentale per riuscire a individuare i soggetti che si muovono nellazona grigia e le novità nei loro metodi d’azione. Infine c’è lo Special Operation Team, che dispone di una struttura tecnologica veramente avanzata: compie missioni sotto copertura nella sfera digitale. Carabinieri undercoverche pedinano i soldi virtuali nel web». Il laboratorio è l’avanguardia dell’Arma del domani: ventidue militari, iperspecializzati e in perenne aggiornamento professionale. Che – per usare il lessico delle corporation informatiche – devono essere pure evangelisti: educare tutti i militari a misurarsi con le criptovalute attraverso corsi di formazione e il rapporto con le 26 unità cyber attive nella Penisola. Come simbolo hanno scelto la storica fiamma composta però dai circuiti di un microprocessore: la tradizione dei carabinieri che si aggiorna da 211 anni per restare al passo con le sfide del crimine.