La Stampa, 5 giugno 2025
Governo al lavoro sul decreto flussi In ballo la Bossi-Fini, i dubbi leghisti
Nuove misure per favorire l’ingresso di lavoratori stranieri nel nostro paese. Incalzato dalle richieste di manodopera delle imprese e dal flop degli ultimi decreti flussi, il governo lavora in sordina a una modifica della legge Bossi–Fini. Una normativa ormai datata oltre vent’anni ma da sempre totem della destra che, però, ai vertici dell’esecutivo, specialmente nella sponda di Fratelli d’Italia, non si è mai nascosto di voler riformare. Neanche a dirlo il dossier è in capo al sottosegretario Alfredo Mantovano e al ministro per l’Agricoltura Francesco Lollobrigida, per l’occasione coadiuvati dalla deputata meloniana Sara Kelany. Le opzioni sul tavolo sono molteplici e tutte coperte per evitare il fuoco amico dei dubbiosi alleati di governo leghisti.
Un’ipotesi potrebbe essere quella di tornare all’opzione della sponsorship delle aziende, che consentirebbe l’inserimento nel mercato occupazionale dello straniero su invito del datore di lavoro italiano. La misura era già prevista dalla legge antecedente, la Turco Napolitano, e oggi è usata in altri paesi. Oppure, come chiesto da tempo dalle associazioni di categoria e dalla campagna “Ero Straniero”, che racchiude diverse organizzazioni del terzo settore, si potrebbero introdurre dei permessi di soggiorno per ricerca lavoro.
Ad oggi, infatti, il sistema non funziona. L’ingresso e la permanenza dello straniero in Italia sono legati al possesso di un contratto lavorativo e regolati all’interno delle quote indicate dal decreto flussi. L’incontro tra domanda e offerta di lavoro, stando alla legge, dovrebbe avvenire però da remoto: in teoria, le aziende dovrebbero assumere i lavoratori stranieri senza conoscerli. Un principio disfunzionale che ha trasformato nei fatti i decreti flussi in sanatorie mascherate per regolarizzare chi è già sul territorio. E dunque è su questo meccanismo che si dovrà lavorare. A ciò si aggiunge una trafila burocratica particolarmente complessa e la lotteria poco efficace dei click day.
Per ora, però, non si lascia trapelare nulla anche per evitare scontri in maggioranza e non irritare il Carroccio che, invece, non intende intaccare la legge che porta il nome del leader storico né aprire a nuovi ingressi di migranti. Anche per questo nella Lega le bocche sono cucite, nessuno vuole commentare ipotesi in campo.
Ciò che è certo, in questo momento, è che entro luglio arriverà da Palazzo Chigi un nuovo decreto flussi. Il testo – da considerarsi pietra angolare su cui poggia l’applicazione della legge – sarà relativo al triennio 2026-2028 e ha l’ambizione di completare “la svolta” annunciata dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni lo scorso anno quando denunciò la distorsione del sistema degli ingressi regolari in Campania. Le quote di ingresso non saranno infatti più legate alla tipologia di contratto (stagionale, ad esempio) ma si opererà una ridefinizione per assegnarle su base regionale. Questo dovrebbe aiutare a contrastare anche le truffe.
Intanto anche dalla Commissione europea arriva un nuovo invito a guardare alla migrazione come un’opportunità in grado di «contrastare il declino demografico» di cui soffre particolarmente il nostro Paese, «soprattutto nel breve e medio termine». L’Italia, si legge nelle raccomandazioni pubblicate ieri, è uno degli Stati membri con la popolazione «più anziana, il più basso tasso di natalità e un’età delle donne al primo figlio superiore alla media». Il saldo migratorio «rimane positivo, ma non compensa più il basso tasso di natalità». Di conseguenza, «la popolazione in età lavorativa continua a ridursi», cosa che «limita la crescita potenziale». Nei prossimi anni, dunque, la Commissione europea prevede che «significative» pressioni fiscali graveranno sulle finanze pubbliche, tra cui l’aumento dei costi legati all’evoluzione demografica e alla spesa pensionistica, tra le più elevate in Ue.