corriere.it, 4 giugno 2025
Salari e potere d’acquisto, fatevi dare (tutti) gli arretrati
La scala mobile fu una delle sciagure economiche degli anni ‘70 e ‘80. Una misura di equità si trasformò in una rincorsa automatica tra salari e inflazione che portò a grandi perdite di competitività nazionale e a svalutazioni ripetute della lira. Fu il governo Craxi, coraggiosamente, a scardinarla nel 1984. E il tentativo sindacale, della Cgil soprattutto, e comunista, di ripristinare, attraverso un referendum, alcuni punti di contingenza tagliati, fallì miseramente.
La consultazione referendaria si svolse il 9 e il 10 giugno del 1985. Quando andremo a votare, domenica e lunedì prossimi per i referendum sul mercato del lavoro e sulla cittadinanza, saranno trascorsi esattamente quarant’anni. Anniversario che passerà inosservato. Il confronto susciterebbe troppi interrogativi. Allora non vi era un problema di quorum. Votò il 77 per cento degli aventi diritto al voto (oggi inimmaginabile). Ma soprattutto, al di là di quelle che erano le certezze dei promotori (che speravano addirittura in una minore affluenza) vinse il no.
Quel voto dimostrò che il clima sindacale e politico non era più quello degli anni delle grandi lotte e delle contestazioni. Era cambiata un’epoca, ma forse qualcuno non se n’era accorto. Commentò il sindacalista Carmelo Barbagallo: «Ha votato contro la contingenza chi ce l’ha e a favore chi non ce l’ha». La scala mobile morirà definitivamente nel 1992 (dopo la peggiore delle crisi finanziarie).
I referendum hanno molti meriti ma anche il difetto di arrivare, talvolta, fuori tempo massimo. Con quesiti che tendono a regolare una situazione già profondamente cambiata. Qualcosa di analogo succede anche per quelli di domenica prossima. Nel frattempo il mercato del lavoro (anche per l’effetto di alcune decisioni del vituperato Jobs Act di renziana memoria) è così cambiato al punto che in molti casi non mancano le professionalità ma addirittura le persone. Ed è proprio per questa ragione che è profondamente ingiusto che i salari non abbiano recuperato tutta la recente ondata inflattiva. L’ultima indagine Adapt evidenzia che nel 2024 gli accordi contrattuali hanno fatto crescere del 4,6 per cento le retribuzioni nell’industria e del 3,4 per cento nei servizi. Cioè abbondantemente sopra l’inflazione del periodo. Ma rispetto al 2019 c’è ancora una perdita reale del 7,1 per cento. Forse dovrebbero essere gli stessi imprenditori, se è vero come è vero che non riescono a trovare i collaboratori di cui hanno bisogno, a impegnarsi anche pubblicamente, per far recuperare ai loro dipendenti questa perdita reale. Altrimenti tutti i bei discorsi sui talenti da trattenere in azienda lasciano un po’ il tempo che trovano.