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 2025  giugno 03 Martedì calendario

Se parlassero gli archivi

«Con questo gesto sto scuotendo le fondamenta dell’Impero britannico». Mette i brividi rivedere oggi il video in bianco e nero del 6 aprile 1930 nel quale Gandhi, dopo una marcia di ventiquattro giorni partita con 78 seguaci da Ahmedabad (a nord di Bombay) e conclusa con un fiume umano di decine di migliaia di partecipanti nel villaggio costiero di Dandi, afferra un pugno di fango salato dicendo quella frase destinata a diventare celeberrima: «I am shaking the foundations of the British Empire». Più ancora che quel gesto con cui pacificamente rivendicava il diritto a violar la legge che imponeva il monopolio inglese sul sale indiano vietando agli indiani, avviati 17 anni dopo all’indipendenza, ogni possibilità di procurarselo da soli, colpisce nei filmati d’epoca la stupidità della reazione dei soldati e dei poliziotti dell’allora Re Giorgio V e del premier Ramsay MacDonald. Che dopo avere sbattuto in galera Gandhi per sedizione, manganellarono forsennatamente i manifestanti (una scelta rovinosa agli occhi della pubblica opinione mondiale) ligi all’ordine del Mahatma: resistenza passiva. Gli inglesi picchiano? «Lasciatevi picchiare».
Winston Churchill, tra i leader allora emergenti dei Tory, rideva nel 1931 di quell’avvocato nato nel Gujarat che si era fatto le ossa in Sudafrica: «È allarmante e nauseante vedere il signor Gandhi, un sedizioso avvocato del Middle Temple, atteggiarsi a fachiro di un tipo ben noto in Oriente, che sale mezzo nudo i gradini del palazzo del viceré...» Anni dopo, rabbioso, dovrà riconoscere che la «marcia del sale» inflisse «un’umiliazione e una sfida tali mai viste da quando gli inglesi misero piede sul suolo asiatico».
Ora, è probabile che Matteo Salvini, iscritto alla facoltà di Storia della Statale di Milano per 16 anni di cui 12 fuori corso (ci scherzò sopra pure lui: «Arriverà prima la Padania libera della mia laurea») non abbia mai sentito parlare della «Salt march». Più probabile ancora che la sinistra nostrana non trovi in tempi brevi un Mahatma. Ma la scelta contestatissima di volere a tutti i costi inquadrare nel decreto sicurezza come un reato «anche le condotte di resistenza passiva» è insensata. Tanto più da parte di quella Lega che nel ’96 strillò indignatissima in difesa di Roberto Maroni che si era opposto «passivamente» (ma non troppo, se l’accusarono d’aver morso un agente) a una perquisizione in via Bellerio. Che seccatura, gli archivi..