Corriere della Sera, 4 giugno 2025
Intervista a Giuseppe Giofrè
Giuseppe Giofrè si considera un talento in fuga?
«Non è stata una fuga, ma una scelta. Fin da piccolo sognavo Los Angeles. Era lì che volevano arrivare i miei sogni, lì c’erano gli artisti con cui volevo lavorare. E lì sono arrivato».
Da una scuolina a Gioia Tauro agli show «virali» fatti di balli e baci con Jennifer Lopez. Come ci è riuscito?
«Passione e sogni. Ballo da sempre. Mia madre dice che da piccolo ero elettrico: saltavo da un divano all’altro guardando i programmi con i ballerini in tv. Ho iniziato in una scuola amatoriale a Gioia Tauro. Un giorno pubblicai un video su Facebook: mi notò Noemi, una ballerina e insegnante di Reggio Calabria. Avevo 18 anni. Mi chiamò, mi invitò a studiare da lei. Le devo tutto. A volte mi pagava il treno, ancora oggi è la mia insegnante, nella danza e nella vita. Lei ha visto in me qualcosa, ha creduto in me prima ancora che lo facessi io».
Com’era la sua famiglia?
«Mamma Rosetta è sempre stata una casalinga, ma da giovane faceva i capelli alle vicine, quindi, forse, era una parrucchiera senza saperlo. Papà Antonio era muratore e carpentiere. Ora aiutano mia sorella e mia zia nei ristoranti a Roma».
Anche suo fratello ballava con lei?
«All’inizio sì. Ma papà non poteva permettersi sia la scuola di ballo che quella da parrucchiere. Lui scelse la seconda. Ora, però, ha ripreso a ballare con me. Quindi, alla fine, ce l’ha fatta anche lui».
L’insegnante che l’ha scoperta da ragazzo che lavora ancora con lei e ora suo fratello: riconoscenza è una delle sue parole quindi?
«L’apprezzo. Sì, molto. Io sono riconoscente a molte persone che mi hanno dato anche solo quel poco che serviva per farmi arrivare dove sono adesso, perché non ci si arriva mai da soli all’obiettivo. Ci sono sempre persone che ti aiutano a raggiungerlo».
Lei è stato bullizzato perché «ballava»?
«Molto, e non solo per questo. C’erano dei ragazzini in paese che volevano sempre picchiarmi. Ero vittima di bullismo, sì. Ma non ho denunciato nessuno. Allora non si usava. Oggi ai ragazzi dico fatelo: denunciateli. Potevo essere “un ragazzo da pantaloni rosa”, assolutamente. Ora ne parlo tranquillamente perché ho superato tutto. Ma di “Giuseppe” che fanno fatica ce ne sono tanti. E ora quando torno in paese sono il personaggio, quando arrivo è una festa: sembra che vedano la Madonna della Maria Santissima di Portosalvo, che è la nostra patrona. Vedono un bellissimo uomo, che ha avuto successo, che ha fatto carriera e balla con donne bellissime nonostante sia gay! Già perché prima era un problema per quei bulli che fossi gay, adesso invece pare abbiano un po’ imparato la parola e il suo significato».
E incontra i suoi bulli?
«Sì. Ora però mi salutano e mi sorridono. Ma ripeto, sono andato avanti e forse sono quello che sono perché ho trovato la forza di continuare a seguire la mia passione, la mia strada nonostante loro, i bulli. Non sono riusciti a fermarmi e ora io sono qui e loro laggiù».
Non le viene mai voglia di dir loro qualcosa?
«No, perché per me i fatti sono più importanti delle parole e dei gesti. La risposta più bella è quella che non dai. La mia è la mia vita».
Ha pubblicato un’autobiografia a soli 32 anni, «Stidda». Perché?
«Perché la mia storia può aiutare chi oggi ha paura, chi viene bullizzato, chi non riesce a dichiararsi. “Stidda” era il soprannome di mio nonno marinaio. In calabrese significa stella. Lui viaggiava, come me. Ho pensato: perché aspettare la fine della carriera? Le storie vanno raccontate quando servono, non quando siamo già passati».
Il sogno più grande?
«Ballare con Britney Spears. È per lei che sono venuto a Los Angeles. L’ho incontrata, ma non abbiamo mai lavorato insieme. Rimane il sogno».
La cosa più bella della sua carriera?
«L’orgoglio negli occhi dei miei genitori. Li ho portati anche a New York, in dicembre. E a Los Angeles a un concerto con JLo: li ho trattati come un re e una regina».
Gli inizi da Amici, il successo a Los Angeles
«Maria De Filippi ha sempre creduto in me»
Nel 2012 arriva ad «Amici». È stato il trampolino di lancio?
«Assolutamente. Lo guardavo da piccolo con mamma. Essere lì è stato un sogno. Maria De Filippi ha creduto in me, mi ha dato tanto. Ancora oggi mi chiama “l’orgoglio della scuola di Amici”. Grazie al premio di 100 mila euro ho potuto trasferirmi in America, pagare l’avvocato, iniziare davvero la mia carriera».
Il primo impatto con Los Angeles?
«Dopo Gioia Tauro e Roma, sembrava un altro pianeta. Mi sono messo subito sotto: agenzia, personal trainer, audizioni. A 19 anni lavoravo già con Jennifer Lopez. Britney era il mio obiettivo, ma Jennifer non si rifiuta!».
Ha lavorato con le più grandi: Taylor Swift, Ariana Grande, JLo, Beyoncè. Ha una parola per tutte?
«Con Taylor ho fatto due tour mondiali, video, ho vinto premi. Lei mi ha dato visibilità e reputazione. È la più grande ma non ha mai perso la sua umanità e gentilezza. Con Jennifer lavoro da dieci anni: ha il suo carattere, le sue opinioni che porta avanti a qualsiasi costo: è viva e vera e rispetta tutti. Quando ballo con lei, sono davvero me stesso. Arianna e Beyoncè sono instancabili».
Ma non sono Britney.
«Lei era avanti, era moderna, la numero uno in fatto di ballo. Ma non ha avuto una famiglia come la mia, no. E nemmeno persone che le hanno voluto bene come è successo a me. Ma io l’aspetto».
Con il suo corpo ha un rapporto molto diretto. È stato sempre così?
«Sul palco mi sento libero. Mi alleno molto in palestra, faccio spinning, corsa, bootcamp. Non seguo la tecnica classica, il mio stile è diverso, più istintivo. Non sono Bolle, ma magari un giorno sarò il suo 2.0».
E l’amore?
«Sono single, in attesa! Ho avuto sei ragazze e un ragazzo. Ho fatto coming out solo poco prima dell’uscita del libro. Mamma lo sapeva, papà l’ha capito da solo. Per fortuna ho una famiglia intelligente che mi ha sempre accettato».
Cosa le manca ancora?
«Britney, certo. Ma anche lavorare con Lady Gaga. Intanto ho in cantiere un nuovo progetto con Prime Video, uno show “The Traitors”. E continuo con Jennifer».
Un messaggio per i ballerini italiani?
«In Italia ci sono talenti pazzeschi. Ma non vengono pagati. Le produzioni devono svegliarsi. Il ballerino è un artista, non un contorno. In America c’è un sindacato, un compenso minimo garantito. In Italia, a volte, ti pagano in un mese quello che qui guadagni in un giorno. È inaccettabile. Dobbiamo iniziare a denunciare. Dico ai colleghi: non accettate 2 euro all’ora. Non è giusto».
Lei guadagna tanto?
«Molto bene sì. Mi sono permesso tante cose. Per me e la mia famiglia».
Il primo regalo che si è fatto?
«Un paio di scarpe super costose. Da bambino non avevamo i soldi per comprarle quando ne avevamo bisogno. Poi mi sono regalato un camion! E ho continuato a investire sulla mia passione: la danza».
L’ultimo sogno?
«Restare sempre acceso. Non fermarmi mai. Aggiungere sempre nuovi pezzi a questo puzzle che è la mia vita».