Corriere della Sera, 4 giugno 2025
Tagli alle università Usa. Tutti i danni di Trump
L’offensiva di Donald Trump ha già investito 60 università americane, e tagliato i fondi (o minacciato di farlo) a sette atenei privati. Eccoli: Harvard, Brown University, Columbia, Cornell, Northwestern University, The University of Pennsylvania, Princeton. Ma nel mirino ci sono altri importanti istituti del Paese come Georgetown, Johns Hopkins, Berkeley, The University of Southern California. Nel complesso, tra i fondi congelati e quelli a rischio, parliamo di finanziamenti per 12 miliardi e 80 milioni di dollari. La gran parte dei tagli tocca, come vedremo, proprio il sistema Harvard, che comprende l’università e 15 ospedali tra i quali il Mass General Brigham, il Dana Farber Cancer Institute e il Boston Children’s Hospital. Tre centri medici di riconosciuta eccellenza a livello mondiale. Ma l’inedito e violento attacco si inserisce in un contesto molto chiaro.
Via 18 miliardi al Nih
Appena rientrato alla Casa Bianca, Trump ha chiesto alla Segretaria per l’Educazione, Linda McMahon, di preparare un piano di drastiche riduzioni di spesa, con l’obiettivo di arrivare alla chiusura del Dipartimento, devolvendo ai singoli Stati e alle comunità locali quelle competenze sulle scuole di ogni ordine e grado rimaste in carico al governo federale. Il grosso della spesa è già decentrato: nel 2025 il bilancio federale ha stanziato 207 miliardi di dollari, mentre la spesa degli Stati ha raggiunto i 518 miliardi, e quella delle istituzioni locali i 1.197 miliardi. Il bilancio generale per il 2026 prevede enormi sforbiciate anche per i grandi centri di ricerca. Già lo scorso febbraio tagliati il 37% dei fondi, cioè 18 miliardi su 48, destinati al Nih, il National Institutes of Health, il più grande centro di ricerca biomedicale del mondo che alimenta una rete di circa 2.500 laboratori e istituti, con 300 mila scienziati e 600 borse di studio destinate all’attività di ricerca di Harvard. Nel 2020 il ruolo del Nih fu decisivo per approntare i vaccini anti-Covid, con la supervisione di Anthony Fauci. Attenzione, però. Le ragioni economiche e contabili si intrecciano strettamente con motivazioni ideologiche: al Nih si rimprovera, tra le altre cose, «di aver promosso una radicale ideologia di genere a detrimento della gioventù americana».
La politica punitiva
Nei documenti ufficiali presentati dall’Amministrazione al Congresso si legge che nelle scuole bisogna togliere spazio alle «ideologie della sinistra radicale»; mentre l’offensiva contro le università è uno dei capitoli più importanti della politica punitiva, revanscista contro la ricerca, la scienza, accusate di essere portatrici di «ideologie radicali e divisive». Il fattore scatenante è stata l’onda di manifestazioni e occupazioni contro i bombardamenti indiscriminati su Gaza, soprattutto alla Columbia e ad Harvard, che a sua volta ha suscitato le critiche dei conservatori e di parte della comunità ebraica. L’11 aprile scorso la Commissione federale contro l’antisemitismo ha inviato una lettera al presidente di Harvard, Alan Garber, rinfacciando all’ateneo di «non aver rispettato i diritti civili e intellettuali necessari per giustificare un finanziamento pubblico», consentendo la diffusione di pregiudizi e stereotipi contro la comunità ebraica. Il Dipartimento per la Sicurezza Interna ha chiesto all’Accademia di fornire i dati personali degli studenti stranieri per «verificare che non vi siano soggetti che appoggino il terrorismo o l’antisemitismo» o che abbiano partecipato a manifestazioni di protesta, dentro o fuori il campus.
Harvard non cede
Alan Garber, 69 anni, medico ed economista, ebreo, ha difeso l’autonomia dell’ateneo e respinto le richieste. A quel punto è partita l’escalation: diversi dipartimenti dell’Amministrazione hanno subito congelato 2,4 miliardi di fondi utilizzati per finanziare circa mille ricercatori impegnati in settori cruciali: medicina, biochimica, fisica quantistica, quantum computing, intelligenza artificiale e altro. Inoltre è stata avanzata la pretesa di controllare i criteri di assunzione dei docenti e di ammissione degli studenti. Il presidente dell’ateneo si è rivolto al Tribunale federale invocando la difesa della libertà di pensiero, sancita dal Primo emendamento della Costituzione, e il giudice Allison Burroghs ha sospeso il provvedimento. Trump ha alzato ancora il livello dello scontro: chiesta la sospensione del visto a 6.800 studenti stranieri, e il 26 maggio ha minacciato di decurtare altri 3 miliardi, da girare alle trade schools, gli istituti professionali.
Saltano le ricerche scientifiche
Alla Cornell University è stato congelato un miliardo di fondi. In un comunicato ufficiale l’ateneo ha fatto sapere di aver ricevuto la disdetta per 75 contratti con il dipartimento della Difesa relativi «a ricerche profondamente significative per la difesa nazionale americana, per la cybersecurity e per il settore sanitario». In concreto si tratta di ricerche sul cancro, progetti sui motori dei jet, sui materiali super conduttori e sulle tecnologie di comunicazione satellitare. Alla Northwestern University i funzionari trumpiani hanno annunciato un taglio di 790 milioni di dollari. Ma finora non è arrivata una notifica formale. In ogni caso, fanno sapere dall’Istituto, i fondi federali «trainano le sperimentazioni sui minuscoli pacemaker e la ricerca sull’Alzheimer». Filoni che ora sono a rischio.
Blocco delle assunzioni
Alla Brown University dovrebbero essere decurtati 510 milioni; significa il blocco della costruzione già iniziata di un grande laboratorio dedicato alla biologia e altre scienze. The University of Pennsylvania teme di perdere 175 milioni di dollari. Al momento sono attive 596 linee di finanziamento con il dipartimento della Difesa e quello della Sanità. I contratti più importanti, e ora più a rischio, sono quelli destinati al Center for Aids Research at the Perelman School of Medicine, affiliato all’università. Potrebbero essere compromesse anche le ricerche condotte per conto del Pentagono sulle «reazioni dei militari impegnati in missioni condotte in ambienti ostili, come disastri naturali o attacchi terroristici». Dimezzati i fondi per Princeton: via 210 milioni sui 455 versati nel 2024. I vertici dell’ateneo hanno già annunciato il blocco delle assunzioni per ogni funzione.
Licenziati 180 ricercatori
Infine, la Columbia University. L’istituto di New York ha deciso di soddisfare le richieste dei trumpiani, pur di riavere indietro i 400 milioni di fondi pubblici, bloccati nelle scorse settimane. La questione è ancora in sospeso, nonostante l’impegno a rafforzare le misure di sicurezza interne, la disponibilità a identificare i partecipanti alle manifestazioni nel campus, vietando a chi protesta di coprirsi il volto e assumendo 36 guardie private per evitare disordini. Inoltre, il dipartimento di Studi sul Medio Oriente, l’Asia del Sud e l’Africa verrà gestito da una nuova figura, un vice-rettore, che avrà il compito di rivedere i programmi dei corsi, con «equilibrio e imparzialità», predisponendo i «necessari aggiustamenti accademici». L’università, che nel 2024 aveva investito 1,1 miliardi ricevuti dalle casse federali nel campo della ricerca medica, biochimica, ambientale e anche in studi legali, ha deciso di licenziare 180 ricercatori. Sono a rischio progetti legati alle applicazioni dell’AI sulle cure mediche, le terapie basate sulle trasfusioni di sangue, la ricerca sui fibromi uterini.
I privilegiati sono sempre gli altri
La battaglia trumpiana è presentata all’opinione pubblica anche come una rivolta contro la cultura elitaria, barricata a difesa dei propri privilegi. Alle prestigiose università della Ivy League si rimprovera di aprire le porte non solo ai più ricchi, ma anche ai più raccomandati, ovvero ai figli degli ex alunni e dei facoltosi donatori. Il che è vero. Per esempio Charles Kushner versò 2,1 milioni di dollari ad Harvard e, in cambio, suo figlio Jared fu iscritto ai corsi, anche se i suoi test di ammissione erano largamente insufficienti. Jared Kushner è il marito di Ivanka Trump, e genero del presidente