La Repubblica, 4 giugno 2025
Triangolo con Berlino per un sistema satellitare alternativo a Starlink
Bastano pochi istanti per ritrovarsi d’accordo su un punto: il vertice Nato dell’Aia rischia di trasformarsi in un incubo. Faccia a faccia nel chiuso di Palazzo Chigi, Emmanuel Macron e Giorgia Meloni devono fare i conti con una realtà allarmante. Una fetta rilevante del destino dei rapporti transatlantici e delle prospettive dell’alleanza si giocherà nei prossimi venti giorni: prima al G7 in Canada, poi appunto al summit in Olanda. Donald Trump rischia di sfilarsi, l’Europa potrebbe ritrovarsi da sola. Per questo, studiano a lungo durante il bilaterale la strategia migliore per tenere a bordo il Presidente Usa. Non può, non deve sfilarsi. «A tutti i costi», convengono. E però, l’Europa deve prepararsi ad ogni scenario. Tradotto: non c’è altra strada che rafforzare il pilastro continentale della Nato. Mostrando che le principali capitali lavorano assieme. E che sono pronte a difendersi assieme, se necessario.
In pochi giorni è cambiato lo scenario. I due leader ora si giurano «rispetto reciproco» e pianificano nuovi incontri (al 50% è data la missione della premier a Nizza, il prossimo 10 giugno). Non si tratta più tanto di costruire convergenze sull’invio di truppe in Ucraina o sull’addestramento di militari di Kiev sul terreno, opzioni che tanto hanno fatto litigare i due leader. Tutto, adesso, ruota attorno a un messaggio politico che il francese consegna alla premier: «Restiamo uniti, è l’unica cosa che conta. Nelle modalità che ritieni migliori». Significa: come Germania e Polonia, anche l’Italia partecipi alle riunioni dei volenterosi, scegliendo fin dove spingersi. «Siamo ben consapevoli – sottolinea – che ogni Paese ha le sue dinamiche di politica interna da rispettare». Ad esempio, Roma potrebbe contribuire anche solo alla logistica dell’addestramento dei soldati ucraini. Conta, appunto, mostrarsi compatti: contro i russi. E per far capire a Trump che l’Unione non è spaccata. La presidente del Consiglio concorda: «Dobbiamo stanare i russi». Mostrare che è Putin a boicottare la pace.
La paura condivisa da Macron e Meloni è esattamente questa: il disimpegno della Casa Bianca. Uno spettro che agita da un paio di settimana Roma e Parigi. E che ha un preciso momento di svolta, che ha cambiato il corso della storia. Tutto nasce dopo il summit di Tirana. È il 19 maggio. Trump sente di nuovo al telefono i volenterosi e coinvolge anche l’Italia, dopo giorni di tensione. A un certo punto del colloquio, il tycoon attacca frontalmente il francese. Gli imputa errori nelle politichemigratorie, allarga la critica all’Europa intera. Sostiene che la situazione è «fuori controllo» e starebbe spingendo diversi Paesi Ue «sull’orlo del collasso». La reazione di Macron, riferisce una fonte informata, è aspra: «Donald, non puoi permetterti di insultare le nostre nazioni». Da quel momento, il gelo. Nessun nuovo contatto tra Macron e Trump, nelle due settimane successive. Nei resoconti diplomatici delle cancellerie, però, il contenuto della telefonata circola.Allarma per toni e modi. E alimenta il dibattito su come reagire.
Naturalmente, a Palazzo Chigi si parla anche della crisi di Gaza. Macron dovrebbe riconoscere lo Stato di Palestina, l’Italia non si spingerà a tanto. I due si ritrovano però nella richiesta di uno stop alle ostilità e di un intervento umanitario. Ma sul tavolo condiviso tra i due Paesi c’è però anche un altro nodo sensibile: la sicurezza dello spazio. Macron e Meloni ne discutono a lungo. Da mesi, Palazzo Chigi avrebbe avviato contatti anche con la francese Eutelsat per la fornitura di sistemi di comunicazioni satellitari sicuri. Si tratta dell’alternativa europea a Space X di Musk. Ma adesso i due leader vanno oltre e mostrano disponibilità a lavorare insieme per verificare la possibilità di costruire un consorzio satellitare dei big Ue (sul modello di Iris 2), che includa anche la Germania. Potenzialmente, una svolta che piace a Bruxelles. E pure sulla Libia c’è molto da fare. Per non lasciare «campo libero» a turchi e russi. I due progettano dunque un input politico da consegnare alle rispettive intelligence: gli apparati, infatti, continuano a duellare – o a collaborare poco – ignorando la tregua di necessità decretata da Roma e Parigi.