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 2025  giugno 04 Mercoledì calendario

Trump annulla le protezioni federali in Alaska: legittimate le trivellazioni sul territorio protetto

Niente più protezioni federali su milioni di acri di territorio incontaminato in Alaska. È una delle ultime decisioni dell’amministrazione Trump, che vuole aprire la porta a nuove attività di estrazione di petrolio, gas e minerali nelle aree più remote e sensibili del Paese. Un secondo tentativo dopo quello fallimentare del 2020, quando cercò di dare il via libera alle trivellazioni nell’Arctic National Wildlife Refuge, ma il progetto venne interrotto per l’assenza di offerte rilevanti all’asta per le concessioni petrolifere. Il nuovo provvedimento, annunciato dal segretario degli Interni Doug Burgum, si inserisce nella più ampia politica del “Drill, Baby, Drill”, uno slogan inaugurato per la prima volta durante la Convenzione nazionale repubblicana del 2008 dall’ex vicegovernatore del Maryland Michael Steele, poi divenuto presidente del Comitato nazionale repubblicano, e diventato il simbolo di una politica energetica aggressiva e poco incline ai vincoli ambientali.
Il territorio conteso – Con la nuova disposizione, Donald Trump vuole legittimare l’esplorazione energetica della National Petroleum Reserve-Alaska (NPR-A), una vasta regione federale di circa 23 milioni di acri (oltre 93mila km quadrati), situata a nord di Anchorage, tra il Mare di Chukchi e il Mare di Beaufort, e confinante con l’Arctic National Wildlife Refuge (ANWR). Nato a inizio Novecento come fonte strategica di combustibili per la Marina militare, il territorio è sempre stato oggetto di ambizioni economiche, a partire dal 1976 quando il Congresso ne autorizzò lo sfruttamento commerciale, garantendo un equilibrio tra gli obiettivi industriali e la conservazione ambientale. Un obiettivo rimasto attuale, ma non condiviso dall’amministrazione Biden che, nel 2023, impose un divieto quasi totale delle estrazioni nella NPR-A per proteggere oltre la metà dell’area da attività industriali.
Il segretario degli Interni Burgum, dopo aver condannato l’ex presidente per aver “superato i propri poteri“, ha motivato il nuovo cambio di rotta sostenendo che gli Stati Uniti stanno “ristabilendo l’equilibrio e rimettendo in carreggiata il nostro futuro energetico“. Il suo messaggio è stato rafforzato dalla visita in Alaska, insieme all’amministratore dell’EPA, Lee Zeldin, e il segretario all’Energia, Chris Wright, per promuovere l’esplorazione energetica nella NPR-A e nell’ANWR e sostenere lo sviluppo di infrastrutture come il gasdotto di gas naturale liquefatto dell’Alaska. Una visita apprezzata da Nagruk Harcharek, presidente del Voice of the Arctic Iñupiat, che l’ha definita “un segnale che il governo federale ci considera partner e non una formalità da sbrigare”.
Le reazioni – L’annuncio del nuovo provvedimento ha scatenato molte reazioni, a partire dall’ex sindaca della cittadina Inupiaq di Nuiqsut, Rosemary Ahtuangaruak, preoccupata delle conseguenze di una decisione di tale portata: “La nostra comunità dipende dalla caccia e dalla pesca. Questo tipo di scelte mette a rischio il nostro stile di vita e la sopravvivenza culturale delle future generazioni”. Ad angosciare è soprattutto la velocità con cui l’Alaska si sta riscaldando, pari a tre volte la media globale, e i danni che il cambiamento climatico porta con sé. “Si sta accelerando la crisi – evidenzia Matt Jackson, direttore statale dell’Alaska per The Wilderness Society – proprio mentre il suolo sotto i piedi delle comunità si sta letteralmente sciogliendo. Questa mossa è una follia climatica”. Meno netta la posizione delle popolazioni native che, come riporta Harcharek, sono divise tra chi vede nello sviluppo energetico “un’opportunità di autonomia e sviluppo economico”, e chi denuncia “l’imposizione di decisioni calate dall’alto senza un adeguato processo consultivo”.